XV

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Strange mi mandò a casa, inutile dire che non lo feci assolutamente ma avevo una buona ragione. Indovinate chi stava scassando il cazzo? Esattamente proprio quel francesino di Garçon de l'ombre. Che nome di merda... Poteva sceglierne uno migliore tipo... Che ne so... Ombra-boy.
Tornando alle cose serie, questo ragazzo mi aveva veramente sfracassato tre quarti di cazzo, il suo predecessore non era così rompipalle.
Dopo aver visto i vari dati su quell'attacco mi diressi sul posto, ma solo in quel momento mi accorsi che non avevo addosso la mia tuta. Non era un grandissimo problema dato che tutti ormai sapevano la mia identità, però quella tuta mi dava un senso di sicurezza e, allo stesso tempo, mi faceva sentire vicino a Federico.
Non persi altro tempo, sospirai e corsi sul posto. Appena arrivato notai che lì non c'era assolutamente nessuno. Nessun civile, nessun reporter e, soprattutto, non c'era Garçon de l'ombre. Era molto strana come cosa, perché mi era arrivato il messaggio d'allarme se non c'era nessuno? Proprio mentre pensavo ciò un'ombra mi afferrò la caviglia e mi buttò giù.
L'ombra mi afferrò con una forza innaturale, trascinandomi al suolo prima che potessi reagire. Non c'era bisogno di vedere per sapere chi c'era dietro: Garçon de l'ombre. Quel bastardo sapeva sempre come giocare sporco. Ma stavolta non mi avrebbe preso di sorpresa.
Mi agitai, staccandomi dalla presa dell'ombra.
Mi guardai intorno velocemente, cercando di capire dove fosse. Ma con lui era sempre lo stesso: l’ombra era il suo terreno di gioco, e lì, lui era ovunque.
«Se pensi che sia debola perché sono senza tuta, sappi che non ho bisogno della tuta per spaccarti la faccia.» Nessuno mi rispose, ma ebbi un altro colpo in cambio. Non era un pugno, uno schiaffo o uno sgambetto, era una voce, una voce familiare, quasi angelica, che ridacchiava in modo dolce.
Non potevo permettergli di usare un'illusione del genere contro di me. Mi misi impiedi, stringendo i denti, concentrando ogni grammo di energia e di rabbia in quelle parole.
Sentii l'ombra muoversi di nuovo, come se fosse viva. Questa volta ero pronto. Mi lanciai di lato, schivando l'attacco che stava cercando di trascinarmi di nuovo a terra. La battaglia con Garçon non era solo fisica, era mentale. Era il suo gioco perverso di far sembrare ogni cosa inutile, di convincerti che l'oscurità era inarrestabile. Ma non questa volta. Mi spostai rapidamente verso un muro, usando la poca luce di un lampione rotto per cercare di limitare le sue possibilità di attacco. Potevo sentire la sua frustrazione crescere nell'aria, come se l'ombra stessa si fosse fatta più pesante.
«Sei solo un ragazzetto nascosto dietro l'oscurità.» Urlai, cercando di attirarlo fuori.
Un sibilo attraversò l’aria, poi lo vidi finalmente: la sua figura sfumata emergere dall'ombra, la sagoma di un ragazzetto basso ed esile.
«Vuoi giocare, Spider-man? Allora giochiamo.» Mi sfidò con quell'accento francese che odiavo.
Non sto qui ad annoiarvi con tutto lo scontro, ma vi dico che ci sono stati moolti pugni e rischi di morte, ma alla fine riuscii a cavarmela, facendolo scappare.
Potei finalmente tornare a casa e riposarmi per il salvataggio di Federico.
Appena entrai in casa mi gettai sul letto di Fede. Kumo si accoccolò subito a me, facendo le fusa quando iniziai ad accarezzargli la testolina. Quel gattino era così carino e calmo,  a volte sembrava quasi comprendermi per volermi consolare quando ce n'era il bisogno. Mi addormentai quasi subito, nella speranza che quella sera passasse in fretta per poter essere sempre più vicino al momento in cui avrei salvato il mio Federico.



angolo autore
SCUSATEMI PER L'ASSENZA, MI FARÒ PERDONARE, GIURO

𝐒𝐩𝐢𝐝𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧 𝐢𝐧𝐭𝐨 𝐭𝐡𝐞 𝐦𝐮𝐥𝐭𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐞 𝐨𝐟 𝐦𝐚𝐝𝐧𝐞𝐬𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora