Il pomeriggio, tornato a casa di Ettore e Anita, mi arrivò un messaggio da Strange. Senza esitare mi diressi subito verso la sua abitazione che, ormai, conoscevo come le mie tasche.
Arrivato lì la porta si aprì senza nemmeno il bisogno di bussare, Strange era dietro di essa.
«Salve Signor Strange.» Gli sorrisi ma lui non sembrava affatto felice di vedermi. Strange mi scrutò con uno sguardo che non riuscivo a decifrare. Il suo viso, solitamente calmo, era ora segnato da un'espressione stanca.
«Buongiorno.» Rispose sbadigliando, senza ricambiare il sorriso. «Prego, entra.» Fece un passo indietro per farmi spazio, chiudendo la porta alle mie spalle con uno schiocco delle dita.
La casa era sottosopra, c'erano mobili rotti per terra, sedie capovolte e lampadari frantumati. Cosa cazzo era successo lì?
«Dobbiamo parlare.» Disse Strange, dirigendosi verso il salotto senza nemmeno aspettare che lo seguissi.
Entrammo nella stanza, le pareti erano tappezzate di scaffali colmi di libri antichi, alcuni dei quali non riuscivo nemmeno a immaginare a cosa potessero servire. Il grande tavolo di legno scuro al centro della stanza era ingombro di carte e manoscritti, e il caminetto, sebbene spento, emanava un leggero odore di cenere.
«Che cosa succede Signor Dottore?»
«Hai fatto un bel casino nel cercare Federico, lo sai?» Disse, accomodandosi sul divanetto. Feci lo stesso ma sulla poltrona.
«Lo so... L'altro giorno mi sono ritrovato in camera una me, capisce? Una me. Una Nicola donna... Ero bona, per carità, ma era strano e-»
«Si sono verificate diverse aperture di portali in giro per la città da cui sono uscite delle cose inimmaginabili.» Mi interruppe Strange. «Mostri, killers, altri Spider-Man...»
«E perché io non ne sono stato messo al corrente? Perché io non ne sapevo nulla?»
«Perché entravano da un portale e uscivano da un altro. Non avevano il tempo di far nulla perché venivano subito risucchiati in altri universi.» Abbassai subito lo sguardo, mi sentivo davvero in colpa per ciò che stava succedendo in città, ma pensavo che, dopo tutto, la colpa era anche degli altri Spider-Man. Nicole mi aveva raccontato che anche lei commise la mia stessa cazzata di rubare il libro a Strange, quindi, molto sicuramente, anche gli altri Spider-Man l'avevano fatto. Almeno, speravo così.
«Quindi cosa dovremmo fare?» Domandai all'uomo.
«Studiare un modo per fermare questo casino.»
«E per far tornare Federico.» Continuai la frase, ma lui non sembrava affatto d'accordo con me, Fece un sospiro profondo, forse cercando di trovare le parole adatte a quel momento.
«Senti Nicola.» Iniziò lui, dopo qualche minuto di silenzio. «Il tempo può essere riscritto, questo lo sai, ma ci sono dei momenti ben precisi, chiamati Punti Fissi, che, se riscritti, causerebbero dei paradossi così grandi che una delle conseguenze potrebbe addirittura essere la fine di questo universo. Non voglio perdere tempo dicendoti che possiamo salvarlo quando, in realtà, non si può. Mi dispiace Nicola ma Federico è morto e non possiamo più fare nulla per salvarlo. Ma possiamo salvare l'intero universo se mi-»
«Non mi interessa.» Lo interruppi, alzandomi dalla poltrona. «Se non posso salvare Federico non salverò nessun altro. È di lui che mi importa, per me tutti gli altri possono pure andarsene a fanculo, lei incluso Strange.» Lo guardai pieno di odio, come poteva dirmi quelle cose? Federico era morto, si, ma potevo salvarlo, ne ero sicuro. «Non mi interessa di tutti i paradossi che creerò, Strange, io salverò il mio fidanzato prima di salvare tutti gli stronzi che si trovano là fuori. E se non vuole aiutarmi neanch'io lo farò, salverò soltanto Federico e, se dovessi morire perché l'universo esploderà, morirò con la consapevolezza di averlo al mio fianco.» Conclusi, ero determinato a salverlo e l'avrei fatto, non importava quali e quanti ostacoli ci fossero, io avrei salvato Federico dalla morte.

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𝐒𝐩𝐢𝐝𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧 𝐢𝐧𝐭𝐨 𝐭𝐡𝐞 𝐦𝐮𝐥𝐭𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐞 𝐨𝐟 𝐦𝐚𝐝𝐧𝐞𝐬𝐬
Fanfic~Strecico~ Parte 2 di "Your friendly neighbourhood Spider-Man". "Lo strinsi così forte che quasi non respirava. Mi era mancato così tanto, ma adesso lo riavevo tra le mie braccia."