Nomi e sogni

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Dopo quei giorni intensi, abbiamo deciso di trasferirci a Parigi. Il cambiamento è stato veloce, quasi naturale. Tra il lavoro con il padre di Émélie e la nostra voglia di iniziare una nuova vita lontano da tutto, non c'è stato molto da discutere. Parigi ci accoglie come una promessa di qualcosa di nuovo, un rifugio in cui possiamo crescere insieme, costruire qualcosa di solido per il nostro futuro.

Era una di quelle sere a Parigi in cui il cielo sembrava abbracciare la città, le luci dei palazzi riflettevano una magia che mi faceva sentire vivo. La giornata era stata lunga e pesante; lavorare con il padre di Émélie, Maxwell, era una sfida, soprattutto ora che avevo il pensiero di un bambino che arrivava. I pensieri sulla mia futura paternità mi avevano accompagnato per tutto il giorno, rendendo ogni decisione più pesante.

Quando finalmente varcai la soglia del nostro appartamento, fui accolto dall'odore avvolgente di una cena appena preparata. Émélie stava finendo di apparecchiare la tavola, e il suo viso si illuminò non appena mi vide.

"Stéphane! Sei tornato!" esclamò, con un sorriso che mi fece dimenticare la stanchezza. "Ho preparato la tua cena preferita. Spero che tu abbia fame!"

"Ho sempre fame quando si tratta della tua cucina," risposi, avvicinandomi a lei e baciandola sulla fronte. "Hai reso questa giornata meno pesante."

Ci sedemmo a tavola, e il momento di convivialità ci riempì di calore. Il rumore delle posate che si incrociavano e le risate leggere riempivano la stanza. Mentre mangiavamo, parlavamo di tutto e di niente, un modo per lasciarci alle spalle le ansie della vita quotidiana.

"Come è andata oggi con tuo padre?" chiese Émélie, guardandomi con curiosità.

"È stato intenso, come al solito. Ma ho imparato molto. Si aspetta che io faccia tutto in modo perfetto," risposi, lanciando un'occhiata verso il suo viso. "Ma tu sai che è un modo per dimostrarmi che mi vuole bene. E voglio fare bene per lui e per te."

"Lo so, ma non devi metterti così tanta pressione," mi disse, con dolcezza. "Stai già dando il massimo."

Sorrisi, grato per il suo sostegno. "E tu? Come è andata la tua giornata?"

"È andata bene. Ho finalmente trovato un paio di mobili per la camera del bambino," rispose, gli occhi che brillavano di eccitazione. "Non posso credere che tra poco saremo genitori. È un sogno che si avvera."

Dopo cena, ci sistemammo sul divano, entrambi avvolti in una coperta, mentre il crepuscolo si trasformava in notte. Il calore della sua presenza era confortante. "Dobbiamo iniziare a pensare ai nomi per il nostro piccolo," dissi, cercando di rompere il silenzio.

"Giusto! Non ci avevo pensato," disse Émélie, accarezzandosi la pancia. "Ho letto che è meglio decidere prima che nasca, così possiamo preparare tutto."

"Esatto," confermai, sorridendo. "Ma cosa pensi di un nome maschile? Che ne dici di... Léon?"

"Non male, ma suona un po' troppo serio. E 'Léonard'?" suggerì lei, con un'aria pensierosa.

"'Léonard' suona bene, ma mi ricorda troppo di qualcuno che conosciamo. Magari 'Leonardo'?"

"Mi piace! 'Leonardo' ha un bel suono, è elegante e potente. Potrebbe anche essere il nome di un grande artista," replicò Émélie, incantata.

"Oppure potremmo optare per qualcosa di più giocoso," dissi, divertito. "Che ne pensi di 'Balthazar'?"

"'Balthazar'?" rise Émélie. "Sembra il nome di un re o di un mago! Dovremmo dargli una scopa e un mantello!"

"Beh, vuoi che nostro figlio cresca con i poteri magici?" scherzai. "Non mi dispiacerebbe, ma immagina i suoi compagni di scuola...!"

Le risate ci riempirono la stanza, mentre continuavamo a discutere di nomi. "Cosa ne pensi di 'Ines' se è femmina?" chiesi, dopo aver riflettuto.

"Ines è bellissimo! È semplice, ma così elegante. In effetti, mi piace molto di più di 'Léa'," rispose Émélie, entusiasta. "Suona perfetto, proprio come il nostro bambino."

"È un nome che porta con sé dolcezza e forza. Lo immagino bene per una piccola esploratrice," dissi, accarezzandole la mano.

"E un nome per un piccolo artista, come il suo papà," aggiunse lei, strizzando l'occhio.

"Sì, beh, potremmo anche chiamarla 'Stéphanie'!" dissi, ridendo. "Cosi sarà un omaggio a me stesso!"

"Stéphane, non puoi essere così egocentrico!" mi scosse la testa, ridendo. "Immagina come si sentirebbe crescendo con quel nome!"

"Ha ragione," dissi, ridendo. "Allora va bene, escludiamo 'Stéphanie'. Ma siamo seri, è una decisione importante. Dobbiamo assicurarci che i nomi che scegliamo rappresentino quello che vogliamo per loro."

"Sei giusto," disse Émélie, accoccolandosi vicino a me. "E penso che 'Ines' e 'Leonardo' siano perfetti. Hanno carattere e significato."

"Mi piace questo accordo," dissi, mentre i nostri sguardi si incrociavano. "Ma non voglio che ci sia pressione su di noi. Ci sono così tanti nomi. Possiamo continuare a discutere, non c'è fretta."

"Assolutamente," rispose, mentre le nostre mani si intrecciavano, un segno della connessione che ci legava. "Dobbiamo divertirci in questo processo. Sarà il nostro primo progetto insieme come genitori."

Ci alzammo per andare a letto, il nostro umore allegro e rilassato, pronti a fare sogni sereni. Mentre ci sistemavamo sotto le coperte, continuai a pensare ai nomi, felice di condividere questi momenti di spensieratezza con Émélie. Il nostro amore stava crescendo e, con esso, la nostra famiglia.

"Stéphane," sussurrò Émélie mentre chiudevo gli occhi, "sei riuscito a parlare con la tua famiglia?"

"Un po'... Ho sentito solo mia madre e i miei fratelli," risposi, scrollando le spalle. "Ma non mi importa molto. La cosa più importante per me sei tu e il nostro bambino."

"Giusto," disse Émélie, avvicinandosi a me. "Spero solo che la tua famiglia possa accettare questa situazione. È una grande cosa per tutti noi."

"Lo spero anch'io, ma non posso lasciarmi influenzare da ciò che pensano. La mia priorità sei tu e il nostro piccolo," dissi, mentre la sua testa si appoggiava sul mio petto.

E così, tra risate e sogni, ci addormentammo. Con il cuore colmo di amore, eravamo pronti ad affrontare insieme tutto ciò che sarebbe venuto.

Due settimane più tardi

Dopo alcune settimane passate nella routine quotidiana di lavoro e di preparazione per la nuova vita, la nostra vita continuava a prendere forma. Lavorare con Maxwell si rivelava stimolante e faticoso al contempo, ma il pensiero di tornare a casa da Émélie e godere della sua compagnia era ciò che mi dava la forza di affrontare ogni giornata.

Una sera, tornai a casa stanco ma soddisfatto. Émélie era in cucina, intenta a preparare una cena deliziosa. Le chiesi se avesse bisogno di aiuto, ma mi rispose con un sorriso. "Ti prego, non venire in cucina. È meglio che tu ti sieda e ti rilassi."

"Va bene, come vuoi," dissi, mentre mi sistemavo sul divano. Mi godetti il momento, osservando come si muoveva con grazia tra i fornelli. "Ehi, hai pensato ad altri nomi?"

"Oh sì, oggi ho pensato a 'Lila'. È così fresco e primaverile," rispose, girandosi verso di me con entusiasmo.

"'Lila' è bello, ma potremmo anche considerare 'Isabella'. È un classico senza tempo," proposi, mentre il profumo della cena si diffondeva per la stanza.

Mentre ci scambiavamo idee e risate, la tensione accumulata delle ultime settimane sembrava svanire, lasciando solo un senso di leggerezza. Decidemmo che era tempo di una serata di spensieratezza e gioco, per lasciarci alle spalle le preoccupazioni.

"E se facessimo una lista di tutti i nomi che ci piacciono? Potremmo votare!" suggerì

Je dois l'épouser mais je t'aime Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora