Dopo aver vagato senza meta per ore, la mia mente era un turbinio di pensieri e sentimenti contrastanti. L'idea di tornare a casa era un peso nel mio stomaco, ma sapevo che non potevo fuggire per sempre. Quando finalmente parcheggiai, il cuore batteva forte nel petto, carico di rabbia e ansia.Aprii la porta e la trovai lì, in cucina, con Leonardo tra le braccia, il suo visino sereno in netto contrasto con l'aria pesante che riempiva la stanza. Non c'era alcun sorriso ad accogliermi, solo un silenzio carico di tensione. Le parole non dette gravavano come un macigno.
"Dove sei stato?" chiese Emèlie, la sua voce fredda come il ghiaccio. Le sue labbra si piegarono in un gesto di disprezzo. "Hai pensato che scappare fosse la soluzione?"
Il mio sangue ribollì. "Non è scappare, è solo... ho bisogno di un po' di spazio per respirare!" La frustrazione esplose, e il mio tono si fece più duro, carico di emozione.
"Spazio? E io? Cosa dovrei fare io? Stare qui a far finta che tutto vada bene?" La sua voce si alzò, il viso arrossato dall'ira. "Non posso più sopportare questa situazione! Non sei l'unico che sta lottando!"
La tensione si intensificò, e sentii il mio cuore battere all'impazzata. "Non capisci? Ogni giorno è una lotta! Ogni giorno è una nuova paura, e non riesco a gestirlo!"
Le parole uscirono dalla mia bocca come un grido di dolore, ma lei non sembrava capire. "Hai idea di quanto sia difficile per me? Non sono solo una madre, sono anche tua moglie!"
"E io sono un padre che cerca di capire cosa stia succedendo!" urlai, la mia voce che echeggiava tra le pareti della cucina. Ma non mi importava. La frustrazione, la paura, l'ansia... tutto stava emergendo.
Leonardo, spaventato, cominciò a piangere, il suo piccolo viso contorto dalla paura. Emèlie si girò di scatto verso di lui, e in quel momento sentii il cuore spezzarsi. Non avrei mai voluto spaventare il nostro bambino, eppure eccoci qui, a litigare come due estranei.
"Basta!" urlò Emèlie, le mani tremanti mentre cercava di calmare Leonardo. "Non possiamo continuare così! Se continui a urlare, porterò via Leonardo e me ne andrò da questa casa!"
Le sue parole furono un colpo diretto al cuore. "Cosa? Vuoi davvero andartene?" La mia voce si fece più profonda, carica di incredulità e dolore. "Dove pensi di andare? Non puoi semplicemente scappare da tutto questo!"
"E tu cosa proponi? Di rimanere qui a litigare ogni giorno? Non posso farlo, Stephane!"
La rabbia esplose dentro di me, e alzai la voce di nuovo. "E allora cosa vuoi fare? Vuoi che ci separiamo? Vuoi che lasci tutto e tutti?"
"Sei tu che non ti impegni, Stephane! Sei tu a scappare da tutto!"
In quel momento, qualcosa si spezzò dentro di me. La disperazione e l'ansia che mi attanagliavano divennero insostenibili. "Non me ne frega niente di questo, Emèlie! Stai solo rendendo tutto più difficile!"
Le sue lacrime scorrevano libere, e il mio cuore si spezzò nel vederla in quel modo. Ma la mia rabbia era troppo forte, e l'unico modo in cui sapevo esprimerla era alzando la voce. "Forse hai ragione, ma non posso farlo! Non posso vivere in questo conflitto!"
"Sei un egoista!" urlò Emèlie, il viso rigato di lacrime. "Stai solo pensando a te stesso!"
La tensione aumentò e, per un attimo, mi sentii sopraffatto. La verità è che avevo paura. Paura di essere un padre, paura di perdere Emèlie e paura di non essere mai abbastanza. "Lo so," sussurrai, ma le parole erano appena un flebile eco nel tumulto di emozioni.
"Sei un fallito," disse, la voce spezzata dalla frustrazione.
In quel momento, il mio mondo sembrò crollare. "Allora va bene! Se vuoi andartene, fallo! Ma non portare via nostro figlio!"
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Je dois l'épouser mais je t'aime
RomanceStéphane Noel il secondo figlio dei tre della stirpe Noel una famiglia di imprenditori della Francia deve sposarsi con Soleil Renë, una ragazza appariscente é l'unica figlia del migliore amico del padre di stéphane, e così i due padri hanno deciso d...