Il nostro mondo parte II

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Quando entrai in cucina, stavo per preparare il pranzo quando il suono della voce di Emèlie mi fece voltare. «Stephane!» La sua chiamata era piena di ansia, e qualcosa nel suo tono mi colpì subito.

«Cosa c'è?» chiesi, affrettandomi verso di lei. Quando varcai la soglia del soggiorno, mi trovai di fronte a una scena che non avrei mai voluto vedere. La sua espressione era di pura paura e confusione.

«Le acque... si sono rotte!» disse, la voce tremante. In un attimo, il mio cuore balzò nel petto. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, ma il panico mi sopraffece. «Dobbiamo andare all'ospedale!»

Emèlie annuì, ma già la paura stava cercando di prendere il sopravvento. Non era solo un piccolo travaglio: eravamo in attesa di due gemelli e il peso della responsabilità mi schiacciava.

Senza perdere tempo, chiamai i miei fratelli, Andres e Charles. Mentre parlavo con loro, cercai di mantenere la calma, ma dentro di me sentivo il tumulto di emozioni. Quando finalmente arrivarono, lo stress nella mia mente si amplificò.

«Ehi, tutto bene?» chiese Andres, ma non ci volle molto perché notasse l'ansia sul mio volto.

«Non esattamente. Emèlie ha rotto le acque. Dobbiamo andare in ospedale,» dissi, sentendo il cuore battere all'impazzata.

Mentre Charles cercava di intrattenere Leonardo con dei giochi, Emèlie si stringeva le mani, cercando di mantenere il controllo, ma sapevo che la situazione stava diventando seria. Le contrazioni si facevano sempre più forti e la sua espressione passava dalla paura alla determinazione.

«Dobbiamo muoverci,» disse Emèlie, e la sua voce tremò, un chiaro segnale che non era più in grado di gestire la situazione. Le sue mani tremavano, ma io sapevo che dovevo restare forte per lei.

Arrivati all'ospedale, l'atmosfera era pesante. Le ostetriche ci accolsero e ci portarono in una stanza. Non avevo mai visto Emèlie così vulnerabile, e l'idea che stesse per affrontare il dolore del parto mi fece sentire impotente.

«Sei incredibile, amore. Stai per farlo. Sei così forte,» le dissi, ma il mio conforto sembrava svanire nell'aria. Le contrazioni aumentarono, e la stanza si riempì di un'energia carica di tensione.

«Non posso farcela!» gridò Emèlie, la frustrazione che si mescolava al dolore. La guardai, e nei suoi occhi vedevo un misto di amore e paura. Ogni volta che la sentivo gemere, sentivo il mio cuore spezzarsi un po' di più.

«Devi farcela! Per noi, per i nostri bambini!» le urlai, ma le parole si persero nel momento in cui un'altra contrazione la colpì.

Il dolore stava diventando insopportabile. «Quando escono, non ne posso più!» esclamò, e la sua voce risuonò forte nella stanza, strappando un sorriso persino alle ostetriche, ma sapevo che dentro stava lottando.

Ogni respiro sembrava un'impresa, e l'ansia crebbe dentro di me. Pensai a quanto sarebbe stato difficile per lei, e mi chiesi se fossi davvero pronto per questa nuova vita.

Le contrazioni si susseguivano in un ritmo incessante. Emèlie si aggrappò al mio braccio mentre una nuova ondata di dolore la travolse. «È tutta colpa tua se sono di nuovo qui,» mi lanciò, e il suo tono non ammetteva discussioni.

Non sapevo come rispondere. Sapevo che aveva ragione, ma in quel momento non c'era spazio per le colpe. C'era solo il dolore e l'urgenza della situazione.

Mentre le ostetriche continuavano a incoraggiarla, la tensione nella stanza era palpabile. Ogni volta che Emèlie gridava, il mio cuore batteva più forte. Volevo fare qualcosa, ma cosa potevo fare? Non potevo alleviare il suo dolore, non potevo portare i gemelli al mondo al suo posto.

Je dois l'épouser mais je t'aime Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora