Lione

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Era un pomeriggio grigio di novembre quando abbiamo deciso di tornare nella mia città d'origine. Un misto di nostalgia e adrenalina mi pervadeva mentre preparavamo le valigie per il nostro breve viaggio. Anche se le cose erano cambiate da quando avevo lasciato, il richiamo della mia squadra di hockey e dei miei amici era irresistibile.

La sera prima della partenza, mentre ero sdraiato sul letto accanto a Émélie, le ho raccontato storie delle partite passate e delle follie che avevo vissuto con i miei compagni. I suoi occhi brillavano di curiosità e il suo sorriso mi scaldava il cuore. "Non vedo l'ora di vedere come sarà," ha detto, mentre si accarezzava dolcemente la pancia, ormai visibilmente arrotondata. "Spero solo di non essere un peso per te."

"Tu sei tutto tranne che un peso," ho risposto, baciandola sulla fronte. "Siamo in questo insieme, Bonbon." Le parole fluirono naturalmente e, per un attimo, ho dimenticato le preoccupazioni quotidiane. La passione e l'amore che provavo per lei si mescolavano con l'eccitazione di tornare a casa.

Il giorno seguente, ci siamo svegliati presto, l'aria fresca di novembre ci ha accolti mentre caricavamo l'auto. La strada verso la mia vecchia città era familiare e rassicurante, le immagini di paesaggi e cartelli mi riportavano indietro nel tempo. Émélie chiacchierava felice, parlando delle sue aspettative per il weekend, e io non riuscivo a non sorridere.

Arrivati in città, l'atmosfera era vibrante. La folla si radunava intorno all'arena per la partita di hockey, e l'aria era pervasa dall'odore del popcorn e dei cibi di strada. La mia squadra, i Lioni di Lione, stava per affrontare un'importante partita, e il mio entusiasmo cresceva a ogni passo.

Abbiamo trovato il nostro hotel e sistemato i bagagli nella stanza. La camera era piccola ma accogliente, con una vista sull'arena. "È perfetta," ha esclamato Émélie, guardando fuori dalla finestra. "Non vedo l'ora di vedere la partita."

La serata è passata in un turbinio di emozioni, risate e cori da stadio. I miei amici, che non vedevo da tempo, ci hanno accolto a braccia aperte. L'atmosfera era carica di energia, e per un attimo ho sentito di essere tornato nel mio elemento. Émélie si mescolava perfettamente con il mio gruppo di amici, sorridente e felice, mentre condividevamo aneddoti e ricordi.

Ma poi, mentre la partita proseguiva, un'ombra si è allungata su di me. Ho notato che Émélie, dopo un paio di ore, sembrava un po' stanca. Si è seduta, sostenendo la testa con le mani, e quando l'ho vista, un brivido di preoccupazione ha attraversato la mia schiena. "Stai bene?" le ho chiesto, ma lei ha semplicemente annuito, forzando un sorriso.

Quando la partita è finita, ci siamo diretti verso l'hotel. La tensione era palpabile. Una volta in camera, ho cercato di tranquillizzarla, ma lei sembrava distante, persa nei suoi pensieri.

"Stéphane," ha detto, interrompendo il silenzio. "Hai pensato a come sarà la vita con il bambino? Come ci organizzeremo? Ho paura di non essere all'altezza."

Le sue parole mi hanno colpito. L'ansia e le incertezze che entrambe provavamo si erano materializzate in quel momento. "Non devi preoccuparti, Bonbon. Siamo una squadra, e affronteremo tutto insieme," ho risposto, cercando di infonderle fiducia.

Ma la tensione rimaneva nell'aria. Mentre ci preparavamo per andare a letto, Émélie si è messa a sedere sul bordo del letto, le mani sulle ginocchia, lo sguardo lontano. "Non so se sono pronta per questo," ha confessato, la voce tremante.

Mi sono avvicinato a lei, inginocchiandomi per guardarla negli occhi. "Lo saremo, non abbiamo altra scelta. Ma affrontiamo tutto questo insieme, io ci sarò sempre," ho detto con fermezza.

Si è voltata verso di me, e per un momento ho visto il suo dolore, la sua vulnerabilità. Ho allungato una mano e l'ho accarezzata delicatamente, sentendo la connessione tra di noi. Non potevo permettere che le incertezze ci separassero. La nostra vita insieme stava per iniziare, e ogni passo che avremmo fatto sarebbe stato verso un futuro migliore.

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