Caos

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La luce fioca entra dalla finestra della stanza d'hotel, tingendo di un colore dorato il volto di Émélie, che dorme placidamente al mio fianco. Il suo corpo è avvolto in un abbraccio tranquillo, ma dentro di me c'è solo tempesta. Due settimane. Solo due settimane da quando l'ho incontrata, eppure mi sembra di conoscerla da una vita. Da due settimane, tutto nella mia esistenza ha smesso di seguire il corso prestabilito. La mia mente è in costante movimento, cercando di afferrare come siamo arrivati fin qui, in questo momento surreale.
Non riesco a staccare gli occhi da lei, dalla perfezione del suo volto rilassato, dai suoi capelli scompigliati che si distendono sul cuscino. Ma sotto quella quiete c'è qualcosa di più profondo, qualcosa che ormai ci lega in modo indissolubile. È incinta.
Il pensiero mi colpisce ancora, come se lo stessi realizzando per la prima volta. Un'altra vita cresce dentro di lei, una vita che non avevamo pianificato, ma che ora è reale, inevitabile. Mi sento intrappolato tra la meraviglia e la paura. Non so come faremo, non so se sono pronto, ma ciò che so è che non posso più tornare indietro.
La mia mano si muove lentamente verso la sua pancia, quasi tremante. Mi sembra tutto così fragile, lei così fragile. Le dita tracciano linee delicate sulla sua pelle, sfiorandola come se temessi di rompere qualcosa. Sotto di esse, sento il calore della vita che cresce dentro di lei. È incredibile, sconvolgente. Mio Dio, come è successo tutto questo?
La risposta arriva come un lampo, in un ricordo così vivido da farmi male al petto. L'ufficio. Quel giorno maledetto. O benedetto? Mi sembra tutto confuso ora. Ero stanco, esausto, ma quando l'ho vista... non c'è stato altro che desiderio. Avevo bisogno di lei.
La sua pelle sotto le mie mani, il suo corpo che si muoveva contro il mio con una tale urgenza. Le nostre bocche che si cercavano, affamate, come se fosse la nostra unica possibilità di respirare. Non c'era stato tempo per pensare, per pianificare. Era stato tutto così... naturale, inevitabile. E non avevamo preso precauzioni. Mi maledico, ora. Come abbiamo potuto essere così incoscienti? Ma la risposta è lì, nei ricordi di quella giornata. Era stata passione pura, incontrollabile. E ora, quel fuoco ha creato qualcosa di inimmaginabile.
I miei occhi si riempiono di lacrime che non riesco a fermare. Non l'ho mai detto a nessuno, ma in quell'istante, mentre eravamo insieme nell'ufficio, ho sentito per la prima volta che lei mi apparteneva in un modo che non avevo mai provato con nessun'altra. Non era solo desiderio. Era qualcosa di più profondo, qualcosa che non ho ancora le parole per descrivere.
Le lacrime scendono silenziose mentre continuo a carezzare la sua pancia. Dio, sono così spaventato. Come farò a dirlo a mio padre? Come farò ad affrontare tutto questo, il matrimonio imminente, Soleil, la mia famiglia? Ma in questo momento, con la mia mano posata su di lei, sento una forza che non avevo mai conosciuto prima. Non è solo responsabilità, è amore. Amore per lei, per quello che stiamo creando insieme, anche se non lo abbiamo scelto.
Non mi ero mai immaginato padre. Non così. Non ora. Ma ora che lo so, che lo sento, non posso fare altro che proteggere loro. Loro sono la mia famiglia.
Il mio cuore si stringe dolorosamente mentre la accarezzo ancora, incapace di distogliere lo sguardo dal suo corpo che porta in sé questo miracolo inaspettato. E poi sento un movimento, lieve, quasi impercettibile. Il suo respiro cambia. Mi irrigidisco. Mi giro verso di lei e vedo i suoi occhi che si aprono lentamente. Émélie mi guarda, il suo sguardo ancora velato dal sonno, ma vedo subito che è sveglia, consapevole. Mi ha visto. Mi ha sentito.
I miei pensieri si bloccano, e per un istante mi sento esposto, vulnerabile. Ma non posso distogliere lo sguardo da lei. La sua mano si muove, si intreccia alla mia, sopra la sua pancia. È come se stesse cercando di darmi la forza che lei stessa sta cercando. I suoi occhi mi scrutano, cercando risposte, e io mi sento paralizzato.
"Stéphane..." sussurra, la sua voce carica di una dolcezza devastante. Il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa tremare. "Qu'est-ce que tu penses...?" (A cosa stai pensando...?)
Le lacrime che ho trattenuto scendono libere ora. Non posso più nasconderle. Sto pensando a quanto sia difficile. A quanto mi spaventi. A quanto voglia proteggere te e il nostro bambino, ma non so come fare. Ma non riesco a dirlo. Le parole si fermano, soffocate da un nodo in gola.
Le nostre mani rimangono unite, il suo respiro ora calmo, e per un attimo ci guardiamo in silenzio. Poi, con un filo di voce, riesco a parlare. "Je suis terrifié..." (Ho paura...)
Lei mi stringe la mano, più forte questa volta, e vedo le lacrime che le riempiono gli occhi. Anche lei è spaventata. Ma poi, in quel silenzio, la sento parlare. "On peut le faire, mon amour..." (Possiamo farcela, amore mio...)
Le sue parole mi trafiggono come una lama, ma allo stesso tempo mi riscaldano. Il suo amore, la sua fiducia in me. Non merito tutto questo, ma lei è qui, accanto a me. Non importa quanto sarà difficile, lei crede in noi. In questo bambino, nella vita che stiamo per affrontare insieme.
La mia mano accarezza la sua pancia ancora una volta, questa volta con una dolcezza infinita. "Je t'aime," (Ti amo) sussurro, finalmente trovando il coraggio di dirlo. Le sue lacrime scendono, ma il suo sorriso è pieno di amore.
Non ci sono promesse, non ci sono certezze su quello che accadrà. Ma in questo momento, sotto quella fragile luce del mattino, so una cosa: non li lascerò mai. Non li lascerò mai.
La sala da pranzo era avvolta in un silenzio gelido, quasi innaturale. Ogni sguardo era fisso su di me. Mio padre, Rafael, sedeva a capotavola, rigido e imponente, mentre Marc Renë, il padre di Soleil, osservava con la solita compostezza glaciale. Ma tutti attendevano, aspettavano la mia decisione. Mia madre, seduta accanto a mio padre, sembrava più pallida del solito, consapevole del peso delle parole che sarebbero seguite. I miei fratelli, Charles e Andres, tacevano, incapaci di dire qualcosa che potesse alleggerire la tensione.
Mi sentivo soffocato da quelle pareti, da quegli sguardi carichi di aspettative, ma c'era una cosa che sapevo: non potevo più fingere.
"Stéphane," mio padre iniziò, la sua voce piena di una calma apparente. "È tempo di prendere una decisione. Soleil ti aspetta. Sai quanto questo matrimonio significhi per la nostra famiglia e per i Renë."
Sapevo quanto stesse cercando di controllarsi. Dopo tutto, sapeva già la verità: Émélie era incinta, e quel bambino sarebbe arrivato in pochi mesi. Ma per lui, nulla era più importante della reputazione, dell'accordo che aveva stretto con Marc Renë.
La mia voce tremava mentre cercavo di parlare. "Non posso sposare Soleil."
Le mie parole scatenarono immediatamente uno sguardo carico di furore negli occhi di mio padre. Marc Renë, fino a quel momento silenzioso, si sporse leggermente in avanti. "Cosa stai dicendo?" chiese con una freddezza che solo un uomo d'affari poteva mantenere. "Hai già creato abbastanza problemi, Stéphane. Non puoi permetterti un altro errore."
Il mio respiro si fece irregolare, ma cercai di rimanere saldo. "Non è un errore," dissi, guardando Soleil. "Io amo un'altra donna. Émélie. Lei è incinta del mio bambino."
Mia madre trasalì, anche se sapeva già tutto. Charles abbassò lo sguardo, mentre Andres scosse la testa in un gesto di incredulità. Marc Renë, invece, sembrava più sorpreso dalla mia franchezza che dal contenuto della mia confessione. Ma Soleil... Soleil non reagì affatto.
Mi guardò con calma, la sua espressione impenetrabile, come se sapesse da sempre cosa sarebbe successo. Poi, con una voce serena, disse: "Non devi preoccuparti, Stéphane."
Tutti si girarono verso di lei, increduli.
"Perché?" chiesi, confuso dalla sua tranquillità.
"Perché non posso sposarti," continuò, le sue parole calme ma determinate. "Non ti amo, Stéphane. Non ti ho mai amato."
Le sue parole colpirono la stanza come un fulmine. Marc Renë spalancò gli occhi, mentre mio padre sembrava incapace di comprendere ciò che stava accadendo.
"Soleil, che cosa stai dicendo?" chiese Marc, incapace di nascondere lo shock.
Lei respirò profondamente, alzando lo sguardo verso suo padre. "Non posso sposare un uomo che non amo. C'è qualcun altro."
"Qualcun altro?" esclamò Marc, sconvolto. "Ma di chi stai parlando?"
Soleil abbassò leggermente lo sguardo prima di rispondere. "Si chiama Alex. Lo conosco da un anno e... lo amo. Non posso sposare Stéphane, papà. Non è giusto per nessuno di noi."
Il silenzio calò di nuovo nella stanza. Mio padre era immobile, lo sguardo fisso su di me come se volesse farmi scomparire. Marc Renë, d'altro canto, non riusciva a contenere la rabbia. "Alex? E chi sarebbe questo Alex? Come hai potuto tenere tutto nascosto?"
Soleil sollevò il mento, pronta a difendersi. "Non importa chi sia. Ciò che importa è che io non sposerò Stéphane. Non è giusto né per lui né per me."
Mio padre si alzò di scatto dalla sedia, la sua voce rotta dalla furia. "Questo è inaccettabile! Stéphane, non puoi permettere che vada così! Questo matrimonio è cruciale per la nostra famiglia. Per tutti noi!"
Mi voltai verso di lui, la mia voce calma ma decisa. "Non posso vivere la mia vita per gli altri, papà. Non posso sposare Soleil quando amo Émélie e aspetto un figlio da lei. Questa è la mia vita, e devo scegliere cosa è giusto per me."
Mio padre scosse la testa, incredulo. "Stai distruggendo tutto per un capriccio! Non vedi cosa stai facendo alla tua famiglia?"
"Sto cercando di fare la cosa giusta," risposi con fermezza, il petto pieno di emozioni contrastanti. "Non posso vivere una bugia."
Anche Soleil annuì, sostenendo il mio sguardo. "Non possiamo costringerci a vivere in una farsa. Io non lo farò."
Marc sembrava sul punto di scoppiare. "E tu cosa farai, Soleil? Fuggirai con questo Alex e ci lascerai qui a raccogliere i cocci?"
Lei lo guardò con uno sguardo duro. "Farò ciò che è giusto per me. E credo che anche Stéphane stia cercando di fare lo stesso."
Mia madre, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, scoppiò in lacrime. "Ma cosa faremo ora? Tutto è andato a rotoli."
Mi alzai, il cuore che batteva forte nel petto. "Ho fatto la mia scelta. Devo andare."
Lasciai la sala da pranzo, ignorando i richiami di mio padre e di Marc, e mi diressi verso lo studio di mio padre. Il confronto finale fu rapido, ma le parole dette avevano già bruciato tutto.
Una volta fuori, l'aria fresca della notte mi colpì come una benedizione. Salii in macchina e guidai verso l'unico posto dove sapevo che avrei trovato pace: l'hotel di Émélie.
Mi appoggiai contro la porta della stanza d'albergo, il cuore ancora martellante dopo il confronto con mio padre e Marc. Il freddo della notte non era riuscito a calmarmi, e ora, di fronte a Émélie, tutto sembrava più reale, più spaventoso. La vidi distesa sul letto, fragile e silenziosa, ma non c'era pace dentro di me. Non riuscivo a scrollarmi di dosso le parole di mio padre, il suo sguardo colmo di disprezzo.
Camminai lentamente verso di lei, sentendo ogni passo pesante, carico di decisioni irrevocabili. Si svegliò quando mi sedetti accanto a lei, i suoi occhi ancora annebbiati dal sonno. Ma quando mi vide, qualcosa cambiò. Il suo sguardo si fece subito teso, come se sapesse già che qualcosa non andava.
"Stéphane..." la sua voce era un sussurro, ma piena di una domanda silenziosa, una richiesta di verità.
Non risposi subito. Avevo voglia di gridare, di dirle che avevo mandato tutto all'aria, che avevo rotto con la mia famiglia per lei, ma c'era una parte di me che ancora tremava. Cosa sarebbe successo dopo? Che cosa ci sarebbe stato per noi, oltre a questo caos?
"Ho parlato con mio padre," dissi infine, la mia voce più dura di quanto avrei voluto. "Ho detto tutto. Di te, della gravidanza. Non posso più tornare indietro."
Il suo respiro si bloccò. "E cosa hanno detto? Cosa... cosa è successo?"
Sorrisi amaramente, sentendo una fitta allo stomaco. "Non l'hanno presa bene, Émélie. Mio padre è furioso. Ha detto che sto distruggendo tutto. E Marc... Beh, Soleil ha confessato che non mi ha mai amato. Ama qualcun altro."
"Come?" Il suo tono si alzò, incredula. "Non ti ha mai amato? E chi è quest'altro?"
"Un certo Alex. Ma non importa. Soleil ha fatto la sua scelta. Adesso tutto dipende da noi."
Lei scosse la testa, gli occhi che si riempivano di lacrime. "Stéphane, non capisci cosa hai fatto? Hai distrutto tutto. La tua famiglia non ti perdonerà mai per questo. E tu... tu non hai nemmeno considerato quello che voglio io." Le sue parole mi colpirono come un pugno.
"Che cosa stai cercando di dire, Émélie?" le chiesi, più aspro di quanto volessi. "Ho scelto te. Ho lasciato tutto per te."
Lei si alzò di scatto, allontanandosi dal letto, il viso pieno di rabbia e dolore. "E io ti ho mai chiesto di farlo? Ti ho mai chiesto di scegliere tra me e la tua famiglia? Non capisci che ora siamo soli? Che non ci sarà più nessuno per noi?"
La guardai, sentendo il vuoto aprirsi sotto di me. "Soli? Noi abbiamo tutto quello che ci serve. Ci abbiamo pensato, Émélie! Abbiamo un bambino in arrivo."
"Un bambino che forse non abbiamo mai voluto davvero!" gridò lei, portandosi una mano alla bocca subito dopo, come se volesse riprendersi le parole.
Quelle parole mi trafissero come una lama. Il mio petto si strinse. "Che cosa stai dicendo?" sussurrai, il dolore profondo nella mia voce.
Lei scoppiò in lacrime, scuotendo la testa. "Non lo so, Stéphane. Non so più cosa voglio. Ho paura. Non siamo pronti per questo. Non ho mai voluto che tu perdessi tutto per me. E ora non so neanche se io stessa voglio questo bambino."
La stanza sembrava girare intorno a me, le sue parole come un vortice che risucchiava ogni certezza. "Émélie..." cercai di dirle qualcosa, di raggiungerla, ma lei si allontanò di nuovo, le mani tremanti.
"Non posso farlo, non da sola. E tu sei qui a dirmi che hai rinunciato alla tua famiglia, alla tua vita, per qualcosa che forse nemmeno vogliamo davvero. Come facciamo a essere sicuri di questo? Come facciamo a sapere che sarà tutto a posto?"
Mi alzai, la rabbia mescolata alla disperazione. "E tu cosa vuoi, allora? Vuoi che torni indietro e finga che niente sia mai successo? Vuoi che lasci che mio padre mi comandi ancora? No, Émélie. Ho fatto la mia scelta, e tu fai parte di essa. Non tornerò indietro."
Lei si girò verso di me, le lacrime che scendevano silenziose. "Ma io non sono sicura che tu mi voglia davvero. Non sono sicura che questo sia ciò che vuoi per la tua vita."
Le sue parole rimbombarono nella stanza. Un silenzio pesante cadde tra noi, pieno di incertezze e ferite aperte.
"Émélie..." Mi avvicinai, tentando di afferrarle il braccio, ma lei si scostò di nuovo, troppo spaventata dalle sue stesse paure.
"Non so cosa fare, Stéphane. Non so se posso fidarmi di te... e di me stessa."
Mi bloccai, sentendo il peso delle sue parole. Non era solo una questione di amore o di decisioni, era la paura del futuro, la paura di aver distrutto tutto per qualcosa che non eravamo pronti a sostenere. La paura che anche il nostro amore non bastasse.
"Non posso più tornare indietro," dissi infine, con una voce più calma ma intrisa di amarezza. "Tu hai paura? Anch'io. Ma non possiamo più vivere nel dubbio, Émélie. Abbiamo fatto questa scelta, e ora dobbiamo affrontarla."
Lei mi guardò negli occhi, cercando una risposta, una sicurezza che forse non avevo da offrirle. Ma c'era solo una cosa che potevo dirle, l'unica verità che conoscevo.
"Ti amo, Émélie. E non c'è niente che mi faccia tornare indietro."
Le sue spalle si rilassarono leggermente, ma non rispose. Restò in silenzio, lasciando che le parole si posassero su di noi, pesanti e inesorabili.

Je dois l'épouser mais je t'aime Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora