Giorno uno parte II

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Non appena metto piede in casa, con i gemelli stretti nei seggiolini, una sensazione di irrealtà mi avvolge. È tutto tranquillo, troppo tranquillo, come se la casa fosse in attesa di qualcosa. Leonardo è già a casa, sistemato con Sunny, il suo nuovo compagno di giochi, mentre noi torniamo dall'ospedale, con una nuova realtà in braccio.

Emèlie è stanca, lo vedo nei suoi occhi, ma sorride quando mi guarda. Le stringo la mano e la guido verso il divano, mentre metto giù i gemelli, che per ora dormono profondamente. Lei sospira, appoggiandosi con la schiena sui cuscini. "Non mi sembra vero di essere finalmente a casa," mormora.

Mi accuccio accanto a lei, accarezzando con delicatezza i capelli che le ricadono sulle spalle. "Siamo una squadra, ce la faremo," le dico, anche se, dentro di me, so che la notte potrebbe riservarci qualche sorpresa. E non mi sbaglio.

Verso le nove e mezza, proprio mentre stiamo iniziando a rilassarci, un piccolo lamento si trasforma rapidamente in un pianto disperato. Gabriel, il nostro piccolo terremoto, è il primo a rompere quel fragile silenzio. Emèlie mi guarda, con un misto di rassegnazione e tenerezza. Non fa in tempo ad alzarsi che anche Ines decide di unirsi a suo fratello. Il pianto raddoppia, e con esso il caos.

Emèlie si alza e prende Ines in braccio. Io mi occupo di Gabriel, che continua a scalciare con la faccia arrossata dal pianto. "Calmati, piccolino, siamo qui," gli sussurro, cercando di cullarlo con dolcezza. Ma nonostante le nostre braccia rassicuranti, il pianto non si placa.

E come se non bastasse, il lamento di Leonardo si aggiunge ai gemelli. Lo vedo alzarsi nel suo lettino, le lacrime che cominciano a rigargli le guance. Anche lui sente il cambiamento, la nuova dinamica che si è insinuata nella nostra famiglia. Vuole la sua mamma e il suo papà, vuole sapere che è ancora il nostro piccolo.

Ci scambiamo uno sguardo complice, io ed Emèlie. Nessuno dei due ha bisogno di parlare per sapere cosa fare. "Mettiamoli tutti nel nostro letto," le dico con un sorriso rassegnato, e lei annuisce.

Raccogliamo i bambini uno per uno e li portiamo nella nostra camera. Sistemo Leonardo al centro del letto, mentre Emèlie si sdraia con Ines tra le braccia. Io mi metto dall'altro lato, con Gabriel, che sembra iniziare a calmarsi, ma non del tutto. Il letto è pieno di piccoli corpi che si agitano, e per un attimo, mi chiedo come riusciremo a dormire in tutto questo caos.

"Vado io con la ninna nanna," dico piano, mentre Emèlie si gira verso di me, già mezza addormentata. Inizio a cantare una melodia che mi ricorda i momenti in cui Leonardo era un neonato. La mia voce è bassa, stanca, ma sicura. I gemelli si calmano lentamente, quasi come se riconoscessero il suono. Anche Leonardo, che inizialmente si era messo a piagnucolare, si strofina gli occhi, trovando conforto nella vicinanza.

Guardandoli, mi sento sopraffatto da una dolcezza indescrivibile. La stanza è silenziosa, interrotta solo dal leggero russare di Sunny ai piedi del letto. Ma la realtà ci richiama: non possiamo tutti dormire qui. Sento che è il momento di sistemare i gemelli nei loro lettini.

Con dolcezza, accarezzo il viso di Leonardo. "Amore, è ora di tornare nei lettini. Mamma e papà hanno bisogno di un po' di spazio."

Con cautela, sollevo Gabriel e lo porto nel suo lettino, adagiandolo delicatamente e coprendolo con la sua copertina a strisce. Poi mi occupo di Ines, sistemandola nel suo lettino. Entrambi si sistemano senza problemi, avvolti dalla tranquillità della notte.

Ritorno al nostro letto e guardo Leonardo, ancora addormentato e sereno. Lo sollevo con delicatezza, e il suo viso si illumina di un sorriso mentre lo porto nel suo lettino. Lo adagio con cura, dando un bacio sulla fronte e sussurrando: "Buonanotte, Leo."

Rientro nel letto accanto a Emèlie. Entrambi ci guardiamo, un sorriso stanco ma felice che scivola sul nostro volto. È incredibile pensare a quanto sia cambiata la nostra vita in così poco tempo. Ci lasciamo andare nel sonno, ignari delle sorprese che la notte ha in serbo per noi.

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