Il volo da Barcellona a Torino sembra infinito. Nonostante la tratta non sia così lunga, ogni minuto che passa sento il peso delle decisioni prese e delle aspettative che mi attendono una volta atterrata. Le luci soffuse dell'aereo e il silenzio attorno non fanno altro che accentuare il groviglio di emozioni dentro di me. Sono seduta accanto a papà, che mi osserva in silenzio, con quell'espressione che riconosco fin da quando ero bambina. È preoccupato per me, lo so, ma non vuole farmelo pesare.
Non riesco a trattenere le lacrime. All'inizio cerco di nasconderle, di guardare fuori dal finestrino per non farmi vedere così vulnerabile. Ma alla fine cedo. Le lacrime iniziano a scorrere silenziose, il viso rivolto verso il buio oltre il vetro. Non sto piangendo solo per Barcellona, per tutto ciò che lascio dietro, ma anche per la paura del futuro, per l'incertezza di ciò che troverò a Torino.
Papà si accorge subito. Senza dire una parola, allunga la mano e mi prende la mia come faceva quando ero bambina. È un gesto che mi ricorda quei giorni in cui mi teneva stretta durante i temporali o quando ero nervosa prima di una partita importante. Il suo tocco è caldo, rassicurante. Mi volto verso di lui, e lui mi guarda con uno sguardo che dice più di mille parole. "Andrà tutto bene," sembra dirmi, senza che debba pronunciare nemmeno una sillaba.
Stringo forte la sua mano, lasciando che le lacrime scorrano liberamente. Non importa se sto piangendo davanti a tutti, non importa se sto mostrando la mia debolezza. In questo momento, sento che va bene così. Va bene crollare, va bene sentirsi fragile, perché non sono sola.
Il resto del volo trascorre tra silenzio e riflessioni, con papà che non lascia mai la mia mano. E quando finalmente vedo le luci di Torino sotto di noi, sento un nodo allo stomaco. È la mia città natale, il luogo che ho sempre chiamato casa, ma ora sembra così diverso, così distante.
L'atterraggio è morbido, ma il mio cuore è pesante. Mentre l'aereo si ferma e i passeggeri iniziano a prepararsi per scendere, io resto seduta per un attimo, respirando profondamente. Papà mi guarda, sapendo che questo è un momento importante per me. "Sei pronta?" mi chiede dolcemente.
Annuisco lentamente. "Sì... penso di sì."
Usciamo dall'aereo, e l'aria di Torino mi colpisce appena mettiamo piede fuori. È familiare, ma anche stranamente nuova. Mentre camminiamo verso il terminal, mi guardo attorno, cercando di trovare conforto nella familiarità della mia città. Papà mi accompagna, sempre al mio fianco, senza dire molto. Sa che ho bisogno di tempo per assorbire tutto.
Dopo aver fatto qualche foto con alcuni fan, riusciamo finalmente ad arrivare all'uscita.Arrivata a casa, entro lentamente, respirando a pieni polmoni l'odore di un ambiente che non mi ha mai lasciato davvero. Le pareti sono le stesse, i mobili familiari, eppure tutto sembra diverso. Ad accogliermi c'è subito mamma, sempre con il suo sorriso, pronta ad incoraggiarmi.
"Mamma" Mormoro.
"Isi, vieni qui" Mi abbraccia.
Dejan scende dalle scale, ormai non più quel ragazzino, ma scende un 22enne pronto a trasferirsi per continuare la sua vita da adulto.
Mi sorride, e capisco quanto mi siano vicini in questo momento.---
Dopo qualche giorno trascorso a casa, è arrivato il momento di tornare alla Continassa. È un passo che ho temuto e desiderato allo stesso tempo. Tornare sul campo di allenamento, rivedere vecchie compagne e capire come mi sentirò in quel contesto.
Prendo la macchina, prima di partire guardo fuori, mi perdo nel vuoto a pensare se fosse la cosa giusta, poi mi decido a partire. Quando finalmente arriviamo, vedo l'imponente struttura della Continassa davanti a me. Il cuore mi batte forte. È qui che ho mosso i primi passi da calciatrice professionista, e ora ci torno dopo tanto tempo, ma in circostanze completamente diverse.
Quando varco l'ingresso della Continassa, un turbine di emozioni mi investe come un'ondata. È lo stesso centro sportivo che ho lasciato anni fa, ma allo stesso tempo sembra completamente diverso. Sono passati così tanti anni, così tante esperienze vissute lontano da queste mura, eppure ogni angolo di questo posto porta con sé un ricordo: le vittorie, le sconfitte, le risate, e persino le lacrime.
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Non riesco a smettere di amarti - Dusan Vlahovic
Fanfic"Continuo a soffrire, e sai perché?" "Dusan.." "Perché non riesco a smettere di amarti, dannazione"