Dopo aver parlato con il mister e con la dirigenza, sentivo il peso della decisione che stavo per prendere. Mi ero sempre immaginata di tornare a Torino in una forma diversa, ma mai, da quando ero diventata una bandiera del barcellona, avevo considerato l’idea di tornare in squadra. Quando mi avevano chiesto di rifletterci, avevo sorriso, senza dare troppo peso alla proposta. Ma dentro di me qualcosa aveva iniziato a muoversi. Forse c’era ancora una parte di me che non era pronta a lasciarsi il campo e la competizione alle spalle.
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L’ufficio della dirigenza era uno spazio familiare, con foto incorniciate delle vittorie della squadra appese alle pareti, trofei esposti in vetrine scintillanti e l’odore familiare di cuoio e legno. Mi sedetti di fronte a loro, cercando di mantenere la calma, anche se dentro di me una tempesta di emozioni si agitava.
"Isabel," iniziò uno dei dirigenti, appoggiando i gomiti sul tavolo. "Sappiamo che hai avuto un percorso incredibile qui e che il tuo ritorno ci ha colti un po’ di sorpresa. Però ci siamo confrontati, e siamo tutti d’accordo su una cosa: ci piacerebbe rivederti in campo. La squadra ha bisogno di una figura come la tua. Le nuove leve ti ammirano, e il tuo ritorno sarebbe un segnale forte, non solo per loro ma per tutto il club."
Quelle parole mi colpirono profondamente. Per un attimo, immaginai di nuovo me stessa con la maglia bianconera addosso, il mio nome scritto sulla schiena, pronta a calpestare il prato della Continassa.
Un altro dirigente prese la parola. "Sappiamo che sei in una fase della tua vita in cui magari pensi di voltare pagina, ma pensaci. Il tuo ritorno potrebbe essere diverso, meno pressante, potresti avere un ruolo da leader, una figura di esperienza per le ragazze più giovani."
Mi sentii avvolta dal calore delle loro parole, ma al contempo mi sembrava di camminare su una linea sottile. Era una decisione difficile, e non volevo prenderla alla leggera.
"Non mi aspettavo questa proposta," risposi onestamente. "Sono venuta qui pensando di salutare definitivamente questo capitolo della mia vita, ma mi avete dato qualcosa a cui pensare."
Loro annuirono, rispettando il mio bisogno di riflessione. Sapevano quanto significasse per me la Juventus, ma sapevano anche quanto fossi cambiata negli ultimi anni.
"Prenditi il tempo che ti serve, Isabel," concluse il dirigente. "Qualsiasi decisione tu prenda, saremo al tuo fianco."
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Quel pomeriggio camminai per le strade di Torino, il fatto che ogni metro una persona mi ferma per una foto mi fa pensare.
Persa nei miei pensieri. Ogni angolo di quel posto portava con sé un ricordo.
Mentre camminavo, incrociai lo sguardo di bambini e ragazzi con un pallone tra le mani e una maglia da calcio. Mi salutarono con ammirazione, e nei loro occhi vidi riflessa quella ragazza che ero un tempo. Volevano essere come me, sognavano di percorrere il mio stesso cammino. E in quel momento, capii.La mia carriera non era solo una questione di successi personali, ma era anche legata all’eredità che lasciavo a chi sarebbe venuto dopo di me. C’era ancora qualcosa che potevo dare. Sì, forse non sarei più stata la giocatrice più veloce o più brillante in campo, ma la mia esperienza, la mia passione, quelle non mi erano mai state tolte.
Presi una decisione.
Tornai nell’ufficio della dirigenza e li trovai ancora lì, discutendo tra di loro. Bussai leggermente alla porta e loro alzarono lo sguardo verso di me.
"Ci ho pensato," dissi, prendendo un respiro profondo. "Voglio tornare in squadra. Voglio dare il mio contributo, non solo come giocatrice, ma come qualcuno che può aiutare le altre a crescere."
L’espressione sui loro volti si trasformò in un sorriso di approvazione e sollievo. Il mister, che era lì accanto, si alzò e mi strinse la mano. "Sapevo che avresti fatto la scelta giusta, Isabel. Sei nata per questo."
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Non riesco a smettere di amarti - Dusan Vlahovic
Fiksi Penggemar"Continuo a soffrire, e sai perché?" "Dusan.." "Perché non riesco a smettere di amarti, dannazione"