Lo sceriffo lo guarda sorpreso, le sopracciglia aggrottate. "Perché me lo chiedi?"
Stiles abbassa lo sguardo verso il giglio sul comodino, sentendo un nodo allo stomaco. "Non lo so, papà. Ho visto il fiore e quel nome è saltato fuori, così, senza che ci pensassi davvero. Non so nemmeno chi sia," ammette confuso.
"Forse hai bisogno di tempo. Io esco a prendere un po’ d’aria," dice suo padre, la voce trattenuta. Stiles sente il dolore e la stanchezza nella sua voce, e quando suo padre lascia la stanza, l’aria sembra svuotarsi.
Pochi minuti dopo, sente dei passi avvicinarsi. Una figura familiare appare sulla soglia, con i capelli biondi leggermente arruffati e un sorriso appena accennato. "Isaac," mormora Stiles, sorpreso. "Quando sei tornato dalla Francia?"
"Da un po’," risponde semplicemente. "Ma non posso dirti molto. Sembra che tu abbia dimenticato parecchio, e non posso forzare i tuoi ricordi.”
Stiles sospira, frustrato, ma sa che ha ragione. Mentre sta per chiedergli semplicemente come sta, nota qualcosa che lo colpisce: una fede d'oro, semplice, lucida, al’anulare di Isaac. “Sei sposato?” chiede.
Isaac guarda la fede, poi incrocia lo sguardo di Stiles. “Sì” risponde. “Inutile negarlo.”
“E immagino di non poterti chiedere da quanto e con chi, vero?”
Isaac sorride, ma annuisce.
“Io c’ero?” indaga però Stiles.
Questa volta Isaac quasi ride. “Certo che c’eri.”
Stiles apre la bocca per fare un’altra domanda, ma in quel momento la porta si apre e Scott entra, seguito da Lydia. Lei indossa un cappotto elegante, i capelli rossi che le ricadono sulle spalle. "Guarda chi si è svegliato," dice Lydia con un sorriso appena accennato, mentre si avvicina per sedersi ai piedi del letto.Gli occhi di Stiles si soffermano su di lei, sorpreso da quanto sia cambiata, eppure rimasta bellissima come quando aveva vent’anni. "Sì, sono tornato dal mondo dei sogni," risponde con un sorriso debole, anche se l’ansia nel petto non accenna a diminuire. "Spero di non essermi perso troppo, ma non posso fare a meno di sentire che qualcosa di importante mi sfugge."
“E questo fiore?” chiede Lydia, ma Stiles non si perde la gomitata che Scott le dà in un fianco mentre lei arrossisce.
“Non so nemmeno chi me l’abbia portato. Ma Scott, tu sì, vero?”
Ora è Scott ad arrossire, ma Stiles non vuole metterlo in difficoltà. “Appena l’ho visto mi è venuto in mente un nome: Eli. Mi dite solo se è qualcuno che conosco bene?”
Scott distoglie lo sguardo, incerto, e Lydia gli lancia un’occhiata quasi di rimprovero, come per invitarlo a fare attenzione alle parole. Scott alla fine si schiarisce la voce e annuisce lentamente. "Sì, Stiles… Eli è qualcuno che conosci bene," ammette.
"Ma non pensare troppo a cosa significhi adesso," aggiunge Lydia, prendendogli la mano. "Non importa quando torneranno i ricordi, Stiles. Qualunque cosa tu senta troverà il suo posto."
Stiles sente gli occhi farsi lucidi, poi vede alle loro spalle la porta aprirsi e Derek entrare reggendo un vassoio. “Ti stavano portando il pranzo” dice, mentre Isaac gli batte una pacca sulla spalla.
“Noi andiamo via, torniamo domani, va bene?”
Stiles annuisce, stranito, ma poi rimane solo con Derek che avvicina il tavolino del letto e vi poggia sopra il vassoio, togliendo il coperchio. "Grazie," mormora Stiles, rompendo il silenzio. "Per il pranzo, e… tutto il resto, immagino."
"Non è un problema. Dicono che devi mangiare per recuperare le forze." Poi si ferma un istante, come se fosse indeciso se continuare o meno. "Come ti senti?"
"Confuso," ammette Stiles, abbassando lo sguardo sul piatto. "È come se stessi cercando di riconoscere una vita che non mi appartiene davvero."
Derek non risponde, ma Stiles non riesce nemmeno ad interpretare il suo sguardo. Comincia a mangiare piano in quel silenzio che però non è imbarazzante. Quando finisce, Derek sposta il vassoio e lo aiuta ad abbassare i cuscini.
“Riposa” dice, prima di uscire di nuovo dalla stanza.
Stiles crolla addormentato appena finisce di mangiare senza quasi neppure accorgersene: si sente stremato, quasi fuori luogo. Vorrebbe ricordare, vorrebbe poter tornare a vivere ma, allo stesso tempo, è terrorizzato dall’idea che la sua vita possa non piacergli.
“Cosa ne dici di uscire un po’?”
Stiles guarda l’infermiere confuso: come diavolo pensa che possa uscire quando a malapena riesce a stare seduto da solo?
L’altro sembra aver intuito i suoi pensieri e ridacchia. “Ovviamente ti porto io con la sedia a rotelle.”
Stiles si sente a disagio. “No, grazie. Sto bene qua.”
“Guarda che non succede niente se anche qualcuno dovesse vederti. La tua è una situazione temporanea, presto tornerai a camminare da solo.”
“E i ricordi?”
“Per quelli ci vuole più tempo.”
Stiles dà voce per la prima volta ai suoi pensieri. “E se non dovessero tornare?”
“Stiles ti conosco da poco più di un anno. In tutto il tempo che hai passato in coma ho conosciuto le persone che ti vogliono bene, la tua famiglia. Sono più che sicuro che sapranno aiutarti e che se anche ci metterai più tempo del previsto sapranno aspettarti.”
“Ho come la costante sensazione di essermi dimenticato di qualcuno di veramente importante.”
“Se anche fosse sono sicuro che ti perdonerà.”
Stiles non riesce a sentirsi rincuorato dalle parole dell’infemiere però gli è venuta voglia di uscire. “Mi porti a fare un giro?”
Vedere la luce del sole dopo così tanto tempo provoca in Stiles una sensazione inspiegabile: tutto gli sembra nuovo e, allo stesso tempo, familiare. Il cielo azzurro, gli alberi verdi, il canto degli uccelli, perfino quel ragazzo castano con occhi impossibilmente verdi che lo ha fissato per così tanto tempo da pensare di conoscerlo. “Credo sia meglio tornare in camera.”
“Non ti senti bene?”
“Mi sento esausto e sopraffatto” risponde Stiles sincero.
“È la prima volta che esci da quando ti sei svegliato. Ci sta. E sei stato bravissimo.”
Stiles sorride soddisfatto anche se non vede l’ora di rimettersi a letto. Li vede non appena entra nella stanza: piccoli, azzurri, fragili e delicati. Il mazzolino di nontiscordardime svetta sul comodino dove solo qualche giorno prima aveva trovato il giglio. Eli. Quel nome torna prepotentemente nella sua mente assieme ad un’immagine che lo scuote dentro: un piccolo fagottino stretto tra le sue braccia tremanti. E realizza una cosa: “ho un figlio! – esclama voltandosi di scatto verso l’infermiere – “ho un figlio, vero?”
“Vuoi che chiami qualcuno?”
Stiles sente la testa esplodere e il cuore rimbombargli nelle orecchie. “Voglio vederlo.”
“Credo sia meglio prima parlare con il dottore che ti segue.”
Stiles, invece, non lo crede: vuole vederlo, vuole vedere suo figlio, vuole dirgli che anche se lo ha dimenticato il suo ricordo è indelebile nella sua testa. Vuole dirgli tante cose e, soprattutto, vuole sentirlo parlare, conoscerlo di nuovo.Buonsalve!
Eccoci giunte alla fine di questo viaggio anche se io (pampu) ammetto di non pensare di farcela. Invece siamo state brave e abbiamo rispettato la sfida.
Sì, questo è il continuo della storia di ieri e sì, sappiamo di non potervi lasciare così. Per questo cogliamo l'occasione per dirvi che questi due capitoli saranno l'inizio di una nuova long (ringraziate blu e le sue idee geniali ad orari improponibili della notte). Per il momento non sappiamo quando verrà pubblicata solo che abbiamo necessità di leggerla finita. Quindi vi ringraziamo come sempre per il sostegno e speriamo di poter condividere con voi la nuova storia al più presto.Pampu e Blu