Capitolo 7

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Chloe

Un insistente bussare mi distoglie dal mio tranquillo sonno, costringendomi ad alzarmi.
Mi guardo intorno, confusa e un pò frastornata.
Mi alzo velocemente, e in quel preciso istante entra il mio incubo.
Steven King.
Sobbalzo.
《Cosa vuoi? Non si svegliano così le persone, puoi fargli venire un infarto!》
Gli sbarito contro.
Per un attimo, non so se per il sonno, mi scordo chi è lui e che viene identificato come il diavolo.
Il suo sorriso si espande sul suo viso, facendomi ricordare cosa ho appena fatto.
Deglutisco.
《S-scusa... era il sonno, perdonami》
Cerco di scusarmi.
Non sembra arrabbiato, anzi, è molto divertito.
Avanza, obbligandomi a indietreggiare.
Perché sono stata così avventata? Stupida Chloe, stupida.
Le mie spalle si scontrano con la parete.
Le sue mani si posano sul muro al lato della mia testa, bloccandomi il passaggio.
Tremo.
Perché non mi sono stata zitta?
Quando alza la mano mi compro distinto la faccia, non voglio essere picchiata.
Non ancora.
Le lacrime iniziano a uscire senza controllo.
《Non mi picchiare, ti prego... farò ciò che vuoi》
Sembra stranito dalla mia reazione, non se l'aspettava.
Mio padre mi ha lasciato traumi, sento ancora le sue mani che mi tirano gli schiaffi
《Hai pensato che volessi picchiarti?》
Mi chiede sconvolto.
Si, l'ho pensato.
Sono stata così tanto abituata alle botte, che ormai me le aspetto da chiunque.
Né ho paura, è la cosa che mi fa più paura, ma aspetto sempre che accada.
E se lo ha fatto l'uomo che mi ha messo al mondo, perché non dovrebbe quello che mi ha comprata?
Quando posso costatare che sono al sicuro, abbasso le mani.
《Si... l'ho pensato, ho pensato che volessi picchiarmi》
Ammetto a disagio e imbarazzata.
《Chi ti picchiava?》
Il suo tono è duro, non è più pieno di divertimento come prima.
Adesso è serio, i suoi occhi trasmettono rabbia e il suo tono non è divertito; per niente!
Abbasso lo sguardo.
Insomma, nonostante non sia colpa mia, non è bello ammettere che venivo picchiata da mio padre, mattina e sere, per qualsiasi cosa io facessi.
Mi asciugo velocemente le lacrime, che sono sfuggite al mio controllo.
Non voglio rispondere.
Cerco di farglielo capire guardando tutto tranne che lui, non riesco a guardarlo.
Due dita sul mio mento mi obbligano ad alzare lo sguardo.
《Guardami, e dimmi chi ti picchiava》
Non ammette repliche, non accetta un no come risposta.
Stringo le mani in un pugno.
《Mio padre...》
Cerco di non pensare a tutte le volte che avrei voluto un abbraccio, un conforto, un consiglio, una carezza; provo a non pensarci, di far finta che io stia bene e che non ho bisogno di tutte quelle cose, perché tanto io sono forte: ma poi la verità viene sempre fuori; io ho sempre sognato quelle cose, le ho sempre volute e desiderate.
Ho sempre desiderato che quando correvo a fargli vedere un disegno, lui lo guardasse con un enorme sorriso dicendomi di prendere le calamite che lo avrebbe appeso; invece no, lui li strappava, così come i miei compiti in classe con i bei voti che gli volevo fare vedere.
Non sono abbastanza, non lo sono mai stata.
Crollo, faccio quello che non avrei mai voluto.
Inizio a piangere.
Steven sospira, lo vedo in difficoltà.
Non sa se lascirmi sola, o darmi qualche aiuto.
Prendo una decisione da sola.
Questi momenti qua mi rendono vulnerabile, tanto vulnerabile e quindi mi catapulto tra le sue braccia abbracciandolo.
Rimane impietrito.
Non ricambia subito L'abbraccio, tiene le mani sempre appoggiate al muro dietro di me.
《Va bene ragazzina, su e ora di cena》
Mi dice in modo fine di staccarmi.
Mi stacco da lui, accorgendomi ora di cosa ho fatto.
Arrossisco.
Esce dalla mia stanza, mentre io mi affretto a seguirlo.
Osservo per bene la casa, perdonami nelle sue meraviglie.
D'ora in poi vivrò anch'io qua, mi fa così strano.
Arriviamo davanti a un enorme tavolo apparecchiata per tre, sicuramente per lui, Lily e me.
Strano che non devo mangiare nella mia stanza, strano che mi fanno mangiare.
Obbligata da lui mi siedo.
《Ciao Chloe, ti piace qui?》
A parlare è la piccolina che arriva correndo da un'altra stanza.
Non posso fare a meno di sorridere; è così dolce.
Si siede accanto a me, nonostante il suo posto sia difronte a me.
《S-si... mi piace, è bello》
Non posso negare che questo posto è bello, insomma chiunque vorrebbe viverci, ma io non ci voglio stare nella mia condizione.
Non voglio essere una prigioniera, in una prigione dorata.
Questo pensiero mi intristisce improvvisamente.
Sospiro.
《Lily, parlerai dopo con Chloe. Ora dobbiamo mangiare, ci sono i tuoi piatti preferiti. Su vieni》
Il tono con cui Steven parla con sua sorella è estremamente dolce, delicato e gentile.
La piccola corre al suo posto e aspetta pazientemente il cibo.
Che poco dopo viene servito.
Tutte le pietanze che vengono servite hanno un aspetto delizioso, fanno venire l'acquolina in bocca.
Iniziamo a mangiare, in religioso silenzio.
Gli unici rumori che ci sono, sono quelli delle posate.
《Tutto apposto?》
Alzo di scatto la testa verso Steven, che scopro mi sta guardando incuriosito.
Mi schiarisco la voce.
《Si, tutto apposto... grazie》
Altro silenzio invade la stanza, nessuno parla e forse è meglio così.
Il silenzio a volte è la miglior cosa, molte volte.
Finito il piatto faccio per alzarmi, ma vengo fermata dalla mano del mio incubo/salvatore.
Torno seduta, togliendo la mia mano da sotto la sua.
《Stavo pensando...》
Il suo tono non so se mi mette ansia o meno, si sente indubbiamente che sta pensando qualcosa.
La domanda è: mi piacerà ciò che sta pensando o no? Cosa devo aspettarmi?
《Cosa stavi pensando?》
Gli chiedo invitandolo a muoversi.
《Cosa devo fare con te? Insomma, non ti ho comprato per bellezza》
Ok, forse era meglio che me ne andavo direttamente.
Deglutisco.
Mi sta veramente chiedendo cosa né deve fare di me? Cosa potrei mai rispondergli io? Lasciami libera, solo questo vorrei dirgli.
Abbasso lo sguardo.
Devo rassegnarmi alla dura realtà; io non ho più la mia libertà, non sono più una persona libera, devo sottostare alle decisioni di Steven e sperare che sia magnanimo.
Per il resto, io non ho più possibilità di scegliere.
Nel mio campo visivo spunta la sua mano.
È aperta, non mi sta sollevando come sempre il mento.
È aperta, come se aspettasse che io l'afferri.
《Dammi la mano, ragazzina. Non mordo》
Arrossendo unisco la mia mano alla sua, imbarazzandomi ulteriormente.
《Dove mi porti?》
Non so se voglio la risposta a questa domanda.
《Ora lo vedi》

The Heart Of The Devil // Vol. 1 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora