18- Le parole non dette

4 1 0
                                    

La luce soffusa della luna filtra dalla finestra, facendo danzare ombre delicate sul pavimento. È tardi, troppo tardi. Ma io sono ancora sveglia, gli occhi chiusi, distesa accanto ad Arianna, che dorme tranquilla nel suo angolo del letto. Il suono del suo respiro è l'unica cosa che riesco a sentire, un ritmo che mi culla mentre cerco di addormentarmi. Ma non ci riesco. Le immagini di ciò che è successo ieri sera, quelle parole di Giulia che non riesco a scacciare dalla testa, continuano a tornare. "Mattia ha scelto me." La frase si ripete come un'eco, facendo crescere in me una sensazione di nausea, di impotenza.

L'aria nella stanza è silenziosa, quasi pesante, e io mi sento come se stessi cercando di respirare sott'acqua. All'improvviso, un rumore leggero mi sveglia, un passo, il suono della porta che si apre. Qualcuno è entrato in casa. E so subito chi è. Non c'è bisogno di guardare, non c'è bisogno di muovermi. È lui. Mattia.

Lo sento avvicinarsi. Il suo respiro è regolare, ma c'è qualcosa che mi fa sobbalzare quando sento la sua mano accarezzarmi dolcemente i capelli, come se stesse cercando di farmi svegliare senza svegliarmi del tutto. Il suo tocco è così familiare, ma ora, dopo tutto ciò che è successo, mi fa male. Mi sveglio lentamente, con gli occhi ancora appesantiti dal sonno, e quando li apro, lo vedo.

Mattia è in piedi accanto al letto, immobile, e il suo sguardo incontra il mio. C'è qualcosa in lui che non riconosco. Non è lo stesso ragazzo che avevo conosciuto, quello che rideva e mi faceva sentire al sicuro. Non c'è più quella leggerezza che c'era una volta, quella sicurezza che mi dava la sensazione che nulla potesse separarci. Ora è diverso, sempre in punta di piedi.

«Ciao» dice a voce bassa, come se non volesse svegliare la sorellina. Mi alzo lentamente, cercando di ignorare il dolore che mi stringe il cuore. Non so cosa dire, come comportarmi. Ma, prima che possa fare un passo, lui si volta e va in cucina, senza dire una parola di più. È come se non fosse successo nulla, come se non fossimo stati coinvolti in una tempesta di emozioni che ci ha spazzati via tutti e due.

Lo seguo silenziosamente, e lo osservo mentre inizia a sistemare alcune cose in cucina: un bicchiere di vetro che avevo lasciato sul tavolo, una bottiglia d'acqua, qualche tovagliolo... e poi si appoggia alla cucina, come se non volesse guardarmi. La sua presenza è forte, ma la sua freddezza mi taglia come un coltello.

Mi siedo sul divano, rannicchiata, con le gambe raccolte verso il petto. C'è un silenzio così pesante tra noi che quasi mi soffoca. Non riesco a stare lì senza dirgli nulla. Non posso far finta che tutto vada bene, che io stia bene. Eppure, non so neanche come iniziare. Non so come districare questa matassa di emozioni che mi ha inghiottito.

«Mattia...» inizio, e la mia voce mi sembra fragile, come se potesse rompersi da un momento all'altro. Lui non si gira, ma mi sente. Lo so. «Perché non mi parli?» La domanda è uscita senza che lo volessi, ma è lì, sospesa nell'aria.

«Sono stanco. Ho passato ore sotto i ponti» mi dice veloce, mentre porto lo sguardo al suo cappellino giallo da tecnico del cantiere. Finalmente, osa girarsi. Mi guarda per un attimo. I suoi occhi scuri sembrano attraversarmi, andare oltre, ma non vedo nulla di me in lui. C'è solo una distanza che cresce ogni volta che cerco di avvicinarmi. Sbuffa. Sa che la sua risposta non è stata affatto sufficiente. «Cosa vuoi che ti dica?» il suo tono non è né arrabbiato né triste. È vuoto, distante. Nel frattempo però, leva il suo scaldacollo. «Cosa dovrei dirti? Che va tutto bene quando non è così? Che ti posso spiegare tutto e tu poi comprenderai? Non c'è una risposta che possa mettere a posto quello che è successo»

Sento un nodo alla gola, ma non voglio cedere. «Non voglio una risposta facile. Voglio sapere perché ti stai allontanando da me.» abbassa lo sguardo «È per... quel bacio con Luca?» ora sono io ad abbassarlo.

Si appoggia al bancone della cucina, le braccia incrociate, e per un momento sembra che stia lottando con qualcosa dentro di sé. «Non è così facile, Martina» dice, ancora senza guardarmi.

«Cosa hai dovuto affrontare? Io voglio che mi parli del tuo passato» Mi alzo, non riesco più a stare ferma. Mi avvicino a lui. «O... almeno,» la voce mi trema, mi rende così debole «Perché sei venuto qui? Perché, dopo tutto, sei tornato a casa?» chiedo, ricordando che per lui, questo posto non è casa.

Prende un respiro profondo e si siede al tavolo, con le mani che si intrecciano davanti a sé, in cerca delle parole giuste «Perché, sapevo di trovarti qui»le parole sembrano faticare a uscire, come se fossero trattenute da qualcosa di più grande. «Ma non è solo questo» Un brivido mi percorre la schiena. Mi siedo accanto a lui.

«Io sono qui. Ti prego, lasciami entrare» chiedo, con voce supplichevole.

Lui alza gli occhi, e questa volta non c'è rabbia o frustrazione nel suo sguardo. C'è solo... rassegnazione.

«Ho paura che tu possa odiarmi. Ho paura che tu possa pensare che io sia troppo lontano da te, che non ti possa dare quello che meriti.»

Ho la pelle che trema per il freddo della stanza, ma non posso fare a meno di sentire che è la sua vulnerabilità, la sua paura che mi sta toccando nel profondo. Voglio sapere. Voglio ascoltare.

«Cosa vuoi dire?» sussurro, ormai senza più resistenza.

Lui prende un altro respiro, questa volta più profondo. «Mio padre... era un violento» butta fuori, quasi con disprezzo «Ora non c'è più. Sono cresciuto senza avere nulla di ciò di cui avevo bisogno. Non c'erano carezze, non c'erano parole gentili. Solo lotte. Solo silenzi che urlavano più delle parole. Stare qui, mi obbliga a vedere tutto quello che provo a dimenticare. In vita non ha avuto alcuna pietà. Nè con me. Nè con mia madre. E quando mi sono trovato a dover fare delle scelte, ho scelto ciò che conoscevo: il dolore, la solitudine. E... continuo a farlo ancora oggi. È l'unico modo che conosco per affrontare il mondo, per essere al sicuro.» mi guarda negli occhi «Ho spronato te, a non allontanarti dal resto, perché io so come ci si sente quando arrivi in un punto in cui, per stare bene, scappare è l'unica alternativa valida. Non ti porterà da nessuna parte.» ammette «Se scappi una volta, scapperai per sempre».

Non so cosa dire. Non so come rispondere. Le sue parole sono come una rivelazione, qualcosa che non avrei mai immaginato. Mi sento piccola di fronte a lui, ma allo stesso tempo sento qualcosa crescere dentro di me, una comprensione, una connessione che non c'era prima.

«Non voglio che tu sia solo ciò che hai vissuto» dico, cercando di trovare le parole giuste. «Non voglio che tu porti questo peso da solo. Siamo in due, Mattia. Se davvero vuoi, possiamo affrontarlo insieme. Possiamo uscire allo scoperto, in due.»

«Non so se sono pronto» dice, e il suo tono è incerto. Ma nel suo sguardo c'è qualcosa di nuovo. Un'apertura. Una speranza. E forse, solo forse, c'è ancora una possibilità.

IG: Napoesja

IG: Napoesja

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Mare e monti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora