9 - Passo dopo passo

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Quando rientro a casa, il silenzio mi avvolge immediatamente, come una coperta che segna il confine tra il mondo esterno e quello interno. Il trambusto delle giornate, fatte di attese e riflessioni inquiete, svanisce. C'è solo il suono leggero dei miei passi sulle piastrelle lucide del corridoio, e l'odore dolce dell'aria che entra dalla finestra aperta, mescolandosi con quello dei biscotti che ho lasciato sul tavolo della cucina prima di uscire. Mi sento un po' come una straniera nella mia stessa casa, come se ogni angolo mi fosse estraneo, come se avessi vissuto altrove per troppo tempo.

Mi dirigo verso il soggiorno, dove il mio computer portatile giace lì, chiuso e silenzioso. Accendo lo schermo e, per un attimo, rimango a fissarlo vuoto. Il mio cuore, che ha smesso di battere a ritmo durante il giorno, ora si allinea a un battito più tranquillo, quello che solo la solitudine sa dare. Mi piace questo momento. Il tempo che mi dà la possibilità di riflettere, di pensare. Ho bisogno di fare qualcosa, di compiere un piccolo passo che mi faccia sentire meno sospesa. Comincio a navigare tra gli annunci, cercando un lavoro part-time. È strano, il bisogno di fare qualcosa che non sia solo pensare, che non mi costringa a confrontarmi con il caos della mia mente. Forse un lavoretto qualsiasi, che mi tenga occupata, che mi permetta di staccare un po' da tutto.

Mentre sono assorta nella ricerca, sento la porta che si apre, e in un attimo Laura e Sara entrano in casa rompendo la mia bolla. Nonostante la loro presenza sia silenziosa, quasi discreta. Laura, con i suoi occhi pieni e lo sguardo un po' distante, si avvicina al divano e si siede accanto a me senza dire una parola. Sara, con il suo fare più energico e un sorriso che tradisce la sua natura solare, si accosta più vicino, osservandomi attentamente.

«Come stai?» mi chiede Laura. Una domanda semplice, ma la cui risposta non è mai così semplice. Ha assistito a tutto, seppur a distanza. Mi conosce. Sente che c'è qualcosa che non va, e io so che lo sa.

«Sto... cercando un lavoro» rispondo distrattamente, cercando di non sembrare troppo tesa, ma lo faccio perché so che entrambe continuerebbero a scavare, come sempre.

Sara però non si accontenta di quella risposta. «Non sembri convinta» osserva, piegando leggermente la testa da un lato. «Non è solo il lavoro, vero?» Sospiro e mi sento come se fossi sotto una lente di ingrandimento. «Voglio dire, noi eravamo con te...»

È difficile non mostrare quello che sento, ed entrambe, più di chiunque altro, riescono a coglierlo. «Mattia...» dico, come se fosse una confessione che esce senza che l'abbia davvero voluta fare.

Laura fa un sorriso sottile, quasi un piccolo sospiro. «Mattia è complicato» dice, come se stesse pesando le parole. «Si vede da lontano un miglio che non si tratta del solito ragazzo "leggero". E tu lo sai. Ma non puoi fuggire da lui per sempre. Letteralmente è il ragazzo della porta accanto, prima o poi tornerete ad incrociarvi. Devi decidere cosa fare»

«Hai ragione, Laura» rispondo. «Ma non so nemmeno cosa voglio io. È come se tutto fosse confuso.»

Sara mi guarda intensamente. «Ma tu lo sai cosa vuoi, e lo sai bene. Solo che non vuoi ammetterlo, neanche a te stessa.» Le sue parole sono dirette, senza mezze misure. «Siamo cresciute assieme. Ti conosciamo meglio di chiunque altro. E tu non hai mai guardato nessuno come guardi lui. Pensi che sia troppo presto per innamorarsi?» la guardo senza dire una parola. Ma forse si, penso che sia presto, che sia impossibile, che sia... sbagliato. Io non lo conosco. Non so niente di lui. Ma ben presto mi rendo conto che i miei pensieri non sono i miei, ma i suoi. Le parole di Mattia mi rimbombano in testa. «Non c'è un tempo giusto per amare. Non è vero che per poterlo fare deve passare per forza un anno. Ok. Possiamo anche non chiamarlo "amore", se questo ti fa sentire meglio. Ma non puoi negare che non ti sia indifferente.» lancia uno sguardo d'intesa verso Laura, forse per capire se concorda con lei, poi continua: «Sei spaventata, non è vero? Spaventata di perderlo, spaventata di non essere abbastanza per lui, magari»

La sua osservazione mi colpisce come un colpo, e sento un brivido lungo la schiena. È esattamente così. Ho paura. Paura di sbagliare, di non essere all'altezza delle aspettative, paura di un futuro che sembra sfocato e incerto. Ho paura di uscirne con un pugnale dritto nello stomaco. La mia mente mi dice che dovrei andare avanti, ma il mio cuore sembra non riuscire a fare il passo successivo.

Laura interviene con il suo tono più riflessivo. «Non puoi continuare a vivere nella paura. Lo sai, vero? Devi prendere una decisione. O rischi, o resti ferma. Non c'è una via di mezzo» in questi giorni ho sentito così tante volte questo discorso, da farmi venire la nausea.

Sara si avvicina di più, mettendo una mano sulla mia spalla. «Parlaci, Giulia. Parla con lui. Non lasciarlo andare così, senza un motivo. Mi è sembrato scosso. Diverso. Dio solo sa cosa starà affrontando anche lui. Forse, il motivo del vostro incontro è questo: salvarvi a vicenda.» Le parole di Sara hanno un peso che non posso ignorare, e per un momento mi sento scossa, come se qualcosa dentro di me stesse per cedere. Ma poi mi fermo, perché qualcosa di più grande mi trattiene.

«Mi state mettendo in difficoltà» dico, ridendo nervosamente. «Non saprei nemmeno da dove cominciare»

Laura fa una piccola smorfia. «A volte non c'è bisogno di cominciare da nessuna parte. Basta fare un passo, anche piccolo.» mi sorride, un sorriso grande. Poi si butta addosso, e così anche Sara. «Tipo così» sussurra, mentre mi abbraccia.

Quella sera, per la prima volta in molto tempo, decido di prepararmi. Non voglio sembrare chiusa, ma nemmeno indifferente. Mi alzo, vado verso la mia stanza e comincio a sistemarmi. Indosso una camicetta elegante, semplice ma perfetta, come piace a me, e mi trucco con cura, senza esagerare. Guardandomi allo specchio, mi ritrovo a pensare che a volte non siamo mai pronti per ciò che la vita ci presenta. Ma in fondo, forse non c'è mai un momento giusto, solo quello che decidiamo di fare.

Quando torno nel soggiorno, le mie amiche non sono più in punta di piedi. Sara si è alzata e sta cercando di distrarsi con il telefono, mentre Laura, con uno sguardo più sereno, si è rilassata sulla poltrona.

«Sai, Marti...» dice una delle due, «non importa come andrà, l'importante è che tu faccia quel passo. La vita non aspetta.»

Sara, guardandomi con quel sorriso incosciente, aggiunge: «E ricordati, che se non ti va bene, sei sempre in tempo a tornare indietro. Ma devi provarci. Aiuterà tantissimo anche te.» annuisco, pronta ad uscire di casa.
Perché l'ultima parola,
l'ultima parola voglio che sia la mia.
IG: Napoesja

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