10- New entry

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Mi trovo davanti alla porta di casa di Mattia, e la mia mano che ha sfiorato il campanello sembra non appartenere più al mio corpo. C'è qualcosa di strano nell'aria stasera, qualcosa che mi fa tremare, come se il destino stesse premendo su di me con il peso di un'anticipazione che non riesco a capire. Non so nemmeno cosa voglio veramente, se sia il coraggio o la paura a fermarmi, ma so che devo fare questo passo. Prima o poi, dovevo affrontarlo. Voglio capire il perché del suo atteggiamento così distante.
E oggi stesso è il giorno.

Sento il suono del campanello rimbombare nell'atrio buio del condominio. Dopo un attimo, una presenza si avvicina dietro la porta. Mi trattengo, quasi per non sembrare troppo ansiosa. Non so nemmeno cosa mi aspettavo. Mattia, probabilmente. Mattia che mi avrebbe aperto, con quella sua aria di chi sa sempre cosa fare, sempre sicuro di sé, sempre così... maschile.

Quando la porta si apre però, di Mattia non c'è neanche l'ombra. A riempire la mia visuale è una donna. Alta, elegante, con un viso segnato da una bellezza che non appartiene più alla giovinezza. La sua età è molto più vicina a quella di Mattia, che alla mia. I suoi occhi chiari non mi scrutano, ma mi perforano, come se leggessero nella mia mente. La sua pelle è liscia, ma ha una sfumatura più calda, come se il tempo avesse inciso su di essa un racconto che io non conosco. I capelli, raccolti con una nonchalance quasi studiata, sono di un biondo cenere, mossi. Un tubino nero, semplice, ma elegante, che la fa sembrare una persona che non ha bisogno di nulla per imporsi. E un paio di tacchi, per aiutarsi a guardarmi dalla testa ai piedi.

Resto immobile, incapace di trovare le parole giuste. Per un secondo mi chiedo se stia sbagliando. Se ho bussato alla porta giusta. Ma poi, un sorriso appena accennato compare sulle sue labbra, un sorriso che non è affatto amichevole. Non è una semplice donna, è più un tipo di donna. Quella che non chiede, ma comanda.

«Posso aiutarti?» La sua voce è bassa, autoritaria, ma non aggressiva. Eppure, nel suo tono c'è qualcosa che mi mette subito in soggezione.

«Io... sono Martina. Cercavo Mattia.»
Lo dico velocemente, con la speranza che la mia voce non tremi. Eppure tremo. Non so come comportarmi. La sua presenza, pur non facendo nulla, è un macigno che grava su di me. Mi sento piccola, un po' fragile, e inadeguata.

«Mattia non c'è» risponde lei, allargando appena le braccia, come se fosse naturale che io lo sapessi. «Ma ci sono io. Giulia.» Scruto impercettibilmente dietro le sue spalle, nella speranza di incrociare lo sguardo almeno con i suoi coinquilini, ma niente. Neanche loro sono in casa. E questo vuol dire solo una cosa...

Il suo sguardo non si sposta dal mio volto, come se stesse cercando di capire chi sono, cosa voglio. Mi sento come una bambina che sta tentando di fare qualcosa che non dovrebbe fare, e questo pensiero mi fa urlare dentro. Un'altra parte di me, però, reagisce. Non sono venuta fin qui per fuggire. Non ora. Quello che mi sta succedendo, questa sensazione di vulnerabilità, mi sta forzando ad affrontare tutto, senza pietà.
Voglio andare oltre.

«Posso entrare?» Chiedo, senza davvero pensarci, con una determinazione che non avevo mai sperimentato prima. La donna mi osserva in silenzio per un lungo momento, come se stesse ponderando la risposta.

«Mi sembra che tu stia cercando più di quanto pensavi di voler trovare, Martina.» Il mio nome le scivola via dalle labbra con una facilità che mi fa gelare. Non l'ho mai vista prima, eppure sembra sapere più di quanto avrei voluto che sapesse.

Voglio tornare sui miei passi, scappare da lei, ma qualcosa dentro di me mi ferma. Forse è la rabbia che sta montando. Forse è il senso di responsabilità verso me stessa. O forse è semplicemente il fatto che non posso permettermi di arrendermi così facilmente. Di perdere ancora.

Faccio un respiro profondo e, con una determinazione che non sapevo di avere, decido di non voltarmi indietro.

«Devo vedere Mattia» dico, stavolta con più forza.

Mi sorride, ma non è un sorriso rassicurante. È quello di chi sa che in quel momento ha il controllo.
«Non sono sicura che tu sia pronta» giudica, quasi sottovoce. «Mattia e io siamo in buoni rapporti. Forse sarebbe meglio che tu tornassi più tardi. Quando sarai pronta.»

Il suo sguardo è gelido. Ha il potere di farmi sentire piccola, ma dentro di me qualcosa si accende. Non voglio sentire queste parole, non voglio essere messa da parte. Non voglio più nascondermi dietro il mio timore, la mia inadeguatezza.

«Non sono qui per aspettare. Sono qui per affrontare ciò che sta succedendo. Per avere le risposte che merito.» Non so da dove venga tutta questa forza, ma sono grata che stia uscendo fuori. La donna mi osserva un'altra volta, come se stesse valutando se posso essere una possibile minaccia, o semplicemente una ragazzina ingenua. Poi, senza dire altro, si fa da parte e mi fa entrare.

La casa è silenziosa. Elegante, ma con qualcosa di inquietante. Sento il battito del mio cuore rimbombare dentro, ma non mi fermo. Mi sposto all'interno, seguendo la donna, che cammina davanti a me con passo sicuro. Mi pare che stia tentando di farmi sentire fuori posto. Ma io non posso permetterlo. Non posso.

IG: Napoesja

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