Ore 13.30

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ORE 13.30

"Signora Shaw, perché ha omesso un'informazione simile? È stata proprio lei ad affidarmi il caso, perché mentire?" chiede severa Eva, anche se un leggero tremolio nella voce non la fa risultare autoritaria come vorrebbe essere.

"Non è facile ..." comincia la signora, prima che alcuni singhiozzi le impediscano di proseguire. Con la mano grassoccia afferra una campanella dorata, quel suono melodioso richiama l'attenzione di una cameriera che entra silenziosamente nella stanza.

"Amelia, chiedi alla cuoca di preparare alcuni sandwich da accompagnare al tè nero che ci servirai a breve nel salotto."

La donna fa una leggera riverenza, ma prima di poter andare a svolgere il suo incarico, viene nuovamente richiamata da quella musica armoniosa. Guardandomi incuriosita, la signora Shaw ordina di portare anche una tazza con del latte. Questa volta, senza troppi convenevoli, la cameriera si congeda.

La signora, nel frattempo, indica a me e ad Eva la strada per raggiungere l'altra stanza.

Le donne si accomodano su due poltrone bianco panna, mentre io mi acciambello su un pouf azzurrino.

"È suo?" chiede Pandora alla mia umana, facendo un breve cenno nella mia direzione.

La ragazza ci pensa un attimo e poi, sorridendo dolcemente, risponde che è una storia complicata. Non credo che avrei mai usato quell'aggettivo per descrivere il nostro rapporto, ma la signora Shaw emette una leggera risata cristallina incantatrice.

Eva mi guarda ancora per un istante poi si batte delicatamente una mano sulle ginocchia come per invitarmi ad accoccolarmi in braccio a lei. Non mi faccio pregare e, agilmente, le salto in grembo. Mentre mi accarezza teneramente riprende a parlare: "Signora Shaw, torniamo a lei, le rifaccio la domanda, perché non mi ha informata prima di questa sua parentela con la giovane vittima?"

Sono stupito, è la prima volta, da quando la conosco, che Eva sembra una vera detective: ha assunto una postura autoritaria, dal suo sguardo determinato si capisce che non demorderà fino a quando la sua cliente non le avrà fornito una storia verosimile. Il suo corpo sembra ingigantirsi e prendere possesso di tutta la sala, perfino la sua interlocutrice, sebbene sia più in carne di lei, pare essere gracile e vulnerabile.

"Come le stavo accennando prima detective, non è facile parlarne. Il dolore per la perdita di un figlio ... Dopo tutto quello che ho fatto per ..." si acciglia per un momento e poi si corregge "Dopo tutto quello che io e mio marito abbiamo fatto per adottarlo." farfuglia sommessamente.

"Posso comprendere il suo dolore" la interrompe la giovane "Però non ha per caso pensato che l'omicida, dato che ha ucciso suo figlio, possa voler fare del male anche a lei?" domanda Eva fissando i suoi occhi in quelli grigio fumo della donna.

La signora Shaw cambia improvvisamente espressione: i suoi lineamenti si fanno più duri, la bocca carnosa diventa un'unica linea sottile mentre gli occhi, già piccoli, sembrano scomparire da tanto li serra.

Nonostante la voce sia apparentemente calma, ogni fibra del suo essere sembra voler urlare le parole che, dopo un interminabile istante, le fuoriescono dalla bocca: "Eva, lei piuttosto non pensa che quell'uomo, quel pazzo maniaco che ha ucciso il mio bambino, mi abbia già procurato dolore a sufficienza?"

Eva, che non si è lasciata intimorire neanche per un istante dalle occhiate colleriche della donna, pronuncia semplicemente una parola, mentre un sorriso malizioso le impreziosisce il volto ovale.

"Uomo?"


Le quattro regine [momentaneamente sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora