Day 17 - Spooning

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Alberto chiama diverse ore dopo.

Niall sente il telefono squillare nella stanza accanto, ma non ha la forza di alzarsi, di lasciare il nido che si è creato nel letto che condivide con Zayn e che potrebbero non condividere mai più.

Tiene gli occhi chiusi, cerca di scivolare di nuovo in quel mondo perfetto che aveva sperimentato nella sua mente qualche ora prima e ignora i passi che, lenti, si muovono nella stanza.

«Nialler.» è la voce attutita di Louis a interrompere il silenzio.

Il biondo apre gli occhi e si volta lentamente verso la porta, inquadrando la sua figura magra e slanciata, il suo viso pallido, scavato e provato, e i suoi occhi spenti, ora pieni di lacrime non versate miste a quello che gli sembra essere sollievo.

«Alberto vuole parlare con te.» dice piano, porgendogli il cellulare dopo essersi avvicinato al letto.

Niall gli rivolge uno sguardo perso, impaurito, perciò Louis si accomoda al suo fianco e gli carezza delicatamente una guancia, incoraggiandolo con un piccolo sorriso.

Con mani tremanti, il minore prende il cellulare e se lo porta all'orecchio, mormorando un lievissimo "sì?" che Alberto a malapena riesce a sentire.

«Sta bene.» è la prima cosa che gli dice, subito seguita da una grassa risata sollevata.

Ed è un attimo prima che il maremoto che si agitava negli occhi azzurri dell'irlandese si scateni e lacrime salate scivolino lungo le sue guance pallide. Si porta una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi, ma non gli riesce granché bene. Però non importa, perché Zayn è vivo.

Zayn sta bene.

Non è troppo tardi.

Non lo hanno strappato a lui troppo presto.

Può ancora dirgli che lo ama, che è la sua vita, che è il suo tutto. Che non lo lascerà, che non dovrà mai più sentirsi così solo da doversi avvelenare letteralmente l'organismo.

Louis ride piano, allungando un braccio per stringerlo a sé mentre lo ascolta singhiozzare col cuore più leggero, con l'animo un po' più sereno.

«Grazie al cielo.» sussurra più e più volte. «Grazie al cielo sta bene.»

E scivola tra le braccia del più grande, stringendosi a lui e lasciando che il maggiore lo culli per tranquillizzarlo. Intanto, il bodyguard riprende a parlare, questa volta in tono morbido, sinceramente sollevato di sentire Niall più sereno.

«Grazie a te, è riuscito a mantenersi in vita. Sei stato bravo a mantenere la calma e a prestargli i primi soccorsi appena ti sei accorto che non respirava. Qui gli hanno somministrato diverse dosi di Narcan e ha avuto un paio di collassi quando il medicinale ha smesso di fare effetto, ma ora sta bene. Si è ripreso e ora sta dormendo. Domani, se tutto va bene, lo rimanderanno a casa, ma dovrà restare tranquillo per un po'; ha preso una bella sbandata questa volta, ed è stato fortunato.» conclude, spiegando al meglio delle sue possibilità.

Niall si limita ad annuire, perché non riesce a parlare; sente che il panico e la paura stanno lasciando il suo petto, il suo stomaco e la sua mente. Si sente così leggero che potrebbe svenire, se solo non fosse troppo occupato a tirare su col naso e asciugare le lacrime che, pian piano, stanno bagnando il petto magro di Louis.

«Niall?» lo chiama, poi, Alberto.

«Mh?»

Non parla perché detesta la voce arruffata per via delle lacrime. Detesta quel tono roco e graffiato, quel suono che silenzia la fine delle parole. Si detesta ogni volta che piange, mostrandosi incapace di formulare un discorso corretto e coerente.

You're my Unforeseen || ZiallDove le storie prendono vita. Scoprilo ora