C'è qualcosa di estremamente sbagliato in tutto quello che sta succedendo. E dire che fino al giorno prima andava tutto bene, erano felici. Poi le cose erano precipitate; la sera prima qualcosa era cambiato e l'atmosfera si era fatta improvvisamente tesa. Zayn si era quietato; seduto in un angolo del salotto, non aveva cenato con lui e lo aveva evitato per tutto il tempo. Era come avere in casa un predatore silenzioso che osserva restando nell'ombra e si prepara ad attaccare. Una bomba a orologeria. Quando Niall gli aveva chiesto cosa ci fosse che non andava, Zayn aveva scrollato le spalle e aveva lasciato la stanza.
Venti ore.
Aveva impiegato esattamente venti ore per capire che cosa stesse passando per la mente di Zayn; se fosse entrato nella loro stanza al momento giusto – o sbagliato, dipende dai punti di vista – forse si sarebbe risparmiato quella discussione inutile, le urla e le stoviglie rotte per un qualcosa che ha dimenticato.
La frustrazione e la rabbia nel vedere una promessa infranta, tutti quegli sforzi e salti mortali vanificarsi nello spazio di un battito di ciglia, però, avrebbero bruciato più dei Fuochi dell'Inferno.
Zayn non ha fatto nulla per nasconderlo, per tentare di giustificarsi come suo solito; non ha chiesto scusa. E Niall è lì da minuti interminabili, sulla soglia della loro stanza a massaggiarsi le tempie e a chiedersi da dove cominciare, a maledirsi per avergli creduto e per essersi fidato della sua parola.
«Immagino che questo non lo sappia, la tua psicologa» esordisce il biondo, forse con troppa ostilità.
«Non è mia madre» risponde Zayn, in tono piatto. Tra le dita regge una sigaretta che emette un odore strano; nonostante la finestra aperta, spalancata, la stanza ne è impregnata. È disgustoso, Niall fatica a respirare, ma il moro sembra esserne all'oscuro. Sembra non accorgersi di nulla. E capisce, da un certo punto di vista, perché i mozziconi che giacciono nel posacenere sul comodino non sono pochi.
L'unica cosa che continua a risuonare nella sua mente è che avrebbe dovuto aspettarselo. Louis aveva ragione, l'aveva sempre avuta. Non avrebbe dovuto riporre tutta quella fiducia in Zayn e nelle sue belle promesse.
"È l'unica a cui frega qualcosa di te e del tuo futuro, che non sia io," vorrebbe dirgli.
«Sta cercando di aiutarti, Zayn.»
Ed è questo il problema, vorrebbe gridare il moro. Tutti stanno cercando di aiutarlo, ma lui non vuole essere aiutato. Lui sta bene lì, nella sua merda, dove è sempre stato fin da quando è nato. È confortante, in un certo senso. È sicuro e non fa così paura come il domani.
Ora che è fuori dalla band, per di più, può permettersi di fare quello che preferisce, dal momento che ha tempo da vendere. Il fatto è che ha così tanto tempo libero da non sapere come impiegarlo. Il fatto è che ha così tanto tempo libero che la noia colpisce quando meno se l'aspetta e lui sente il bisogno di riempirla, di renderla meno rumorosa o comunque vuota. E non c'è molto da fare quando Niall non è con lui, senza contare che negli ultimi tempi è fin troppo impegnato; non si vedono quasi mai. E Zayn è debole, Zayn è così debole che alla prima occasione ha ceduto. Ha aperto il doppiofondo del cassetto e le buste erano ancora lì, a osservarlo e chiamarlo, a chiedere attenzioni. Sapeva che Niall non avrebbe mai scoperto quel nascondiglio, sapeva che lì dentro il suo tesoro sarebbe stato al sicuro.
"Solo una", si era detto. Era certo di potersi controllare, ormai erano mesi che non ne faceva uso, mesi che andava in terapia e mesi che si esercitava con tutte quelle tecniche ridicole e vane che stava tentando di inculcargli la psicologa. Gli sembrava di essere diventato più forte, ma la situazione gli era sfuggita di mano. Pian piano, tutto aveva iniziato a scivolare via, anche lui stesso.
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You're my Unforeseen || Ziall
FanfictionUn sorriso perfetto che ne incrocia uno altrettanto perfetto, due mani delicatamente intrecciate in un gesto casto, e lo studio pare illuminarsi. Pare diventare il loro piccolo angolo di mondo, dove possono nascondersi senza che nessuno li disturbi...