Capitolo 49

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Restiamo tutti e quattro in silenzio, guardandoci.
Do uno sguardo veloce ai cocci dei bicchieri sul pavimento scarlatto, poco distante dai piedi di Sibelius.
Come è possibile? Elide non era morta? Penso perplessa.
Lui guarda fisso il padre.
"Che cosa significa?"
La sua voce è bassa, ma tagliente, come quelle lame che sembra sfiorino soltanto, ma in realtà, letali, squarciano in due.
Il colore dei suoi occhi è di un argento più intenso, con qualche sfumatura di celeste.
"Posso spiegarti..." incomincia Aisnetro.
Sibelius si limita a fare no con la testa.
"Dopo due anni, due anni!" alza il tono di voce.
Aisnetro resta seduto, non riesce a guardare negli occhi suo figlio, che è alto e impassibile davanti a lui.
"Perdonami. Speravo di riuscire a dirtelo ieri, ma non ce l'ho fatta, non ci riuscivo", si giustifica.
Adesso ho capito a chi si riferiva Pox, quando ha paragonato la Fortezza a un orfanotrofio, e acquista senso anche la strana frase di Selina.
Io e Aurelius ci diamo un'occhiata e assistiamo silenziosi.
"Che cosa significa?", ripete Sibelius.
"Che cosa significa che la persona che ho pianto due anni, per cui ho pensato alla morte, è viva e vegeta ed entra a saltelli, e ti chiama papà?"
"Non dire così", mormora Aisnetro.
"Sibelius...", dice Aurelius alzandosi in piedi.
"Taci! Vuoi difenderlo ancora? Non venirmi a dire che ho un padre che mi ama!"
Guarda fisso suo padre, le labbra contorte in una smorfia di dolore e rabbia. Le lacrime non riescono a scendere perché si cristallizzano in minuscole scaglie di ghiaccio.
L'aria è elettrica, c'è un pungente odore di ozono nella stanza, come durante i temporali.
Chiude gli occhi e si dissolve.
"Sibelius!" urlo.
"Lascialo stare, per fortuna è ancora abbastanza padrone di sé da allontanarsi. È talmente disperato che temevo distruggesse ogni cosa", mi dice Aurelius turbato. E poi continua
"Ora sono io a chiedertelo Aisnetro: Cosa significa?"
Gli occhi di Aurelius sono blu talmente scuro, da sembrare quasi neri, mi spaventa, non gli ho mai visto uno sguardo così duro.
"Significa che ho fatto un terribile errore, ero accecato dalla paura di perdere Sibelius, di perdere anche lui, dopo sua madre, dopo Gondriel".
La sua voce è quasi un bisbiglio, ci avviciniamo a lui.
"Sibelius era diventato strano, sbagliava incantesimi banali, era distratto, spossato. Per questo quando mi ha detto di Elide ho immediatamente pensato che fosse una spia, che gli stesse somministrando dei filtri magici e lui, innamorato, fosse in sua completa balia", sospira.
Aurelius lo incalza aspro.
"E poi?"
"E poi mi sono presentato a lei nel bosco, con l'unico scopo di annientarla e usando apertamente la magia", si sorregge la testa con le mani. "Ho guardato i suoi occhi puri e mi è bastato un istante per capire che non aveva nessuna colpa, mi guardava pietrificata..."
Fa una pausa, ci guarda.
"Ma era troppo tardi, aveva visto. Ho dovuto cancellarle la memoria".

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