Capitolo 10:Dove mi rovinano il Natale

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Ci vollero qualche minuto e una buona dose di rassicurazioni prima che i miei amici smettessero di affollarmisi intorno preoccupati. Appena loro si allontanarono da me con volti cinerei e per nulla convinti delle mie parole, emisi un sospiro di sollievo. Averli tutti così appiccicati mi stava iniziando a far venire un senso di claustrofobia. Feci anche io un passo all'indietro e mossi le labbra a formare un mezzo sorriso -Ragazzi, non preoccupatevi.

Francesco corrugò la fronte e provò a ribattere -Non mi sembra proprio! Sei bianca come uno strofinaccio!- mi si avvicinò di nuovo e mi appoggiò una mano sulla fronte -E hai anche la fronte calda.

Stizzita levai malamente la mano del ragazzo dal mio viso -Ti credo! Ho appena finito di ballare! Pensavi che fossi sempre fresca come una rosa?

Il viso di Francesco assunse un'aria ferita e il mio cuore si ruppe dal senso di colpa. Mi sentivo malissimo per com'ero scattata e per come l'avevo trattato. Forse era vero che non stavo ancora a cento ed ero troppo confusa da tutti quei sentimenti ingarbugliati e mescolati come una cassata per poter rispondere e fare una diagnosi di me stessa in maniera obbiettiva. Emisi un piccolo singhiozzo e mi portai una mano alla bocca -Scusa Francy... Non avrei dovuto risponderti così. Tu stai cercando di assicurarti che io stia bene... Mi dispiace.

Il ragazzo scosse la testa -Non preoccuparti. Non me la sono presa; anzi, è colpa mia. Sono stato io ad essere stato fin troppo assillante.

Gli sorrisi riconoscente, anche se mi ero accorta dalla luce amareggiata nei suoi occhi, che lui in realtà c'era rimasto molto male e cercava di nasconderlo solo per non farmi sentire in colpa.

Seguii un grande momento di silenzio imbarazzato, che nemmeno la parlantina irriverente di Leo riuscì a rompere, in cui tutti rimanemmo a fissarci le punte dei piedi, fino a che dal cielo, sino a prima soleggiato e senza nemmeno una nuvola, non iniziarono a cadere giganteschi fiocchi simili a neve, ma di un colore più spento e slavato simile a quello della polvere. Rimasi stupita da quel repentino cambiamento di clima, non tanto per la nevicata, che era normalissima per un inverno della East Coast americana, ma per i fatto che il tempo fosse passato così di colpo da un già inusuale caldo bel tempo ad una neve fitta e gelida.

Rabbrividii di freddo e mi strinsi nel maglione, mentre quei fiocchi grigi e freddi cadevano sulle nostre teste e sui nostri visi, sciogliendosi appena venivano a contatto con la pelle e lasciando dietro di loro soltanto una scia fredda che ci penetrava fin nelle ossa.

Martina starnutì, facendo volteggiare i fiocchi attorno al suo viso -Hem... solo a me sembra che si sia messo a nevicare cenere e per di più fredda?

Annabeth si strinse a Percy e bisbigliò -Questa cosa non mi piace...

Il figlio di Poseidone le cinse la vita -Neanche a me piace...

Non fece in tempo nemmeno a terminare la frase che un vento fortissimo iniziò a soffiare ed io, in men che non si dica, mi ritrovai dall'altra parte del piazzale comune, sbattuta da tutte le parti dal vento come se fossi stata solo una piuma leggerissima. Presa dal panico con lo sguardo mi misi a cercare disperatamente i miei amici, che erano stati spazzati chissà dove da quel ventone, ma i fiocchi di neve si erano mischiati alla polvere alzata dal vento e non riuscivo a vedere che ad un palmo di naso. In più tentavo accanitamente di tenermi in piedi, ma le raffiche di vento mi continuavano a far cadere a bocconi per terra. Sputai un po' di terriccio e cercai di contrastare le raffiche con tutta la forza che avevo in corpo -Martina! Francesco! Annabeth!

Ero preoccupata che l'ululato del vento coprisse la mia voce, ma poco dopo, una voce poco davanti a me urlò -Marta! Dove sei?

Il mio cuore, pieno d'ansia fino a quel momento, ebbe un sussulto. La voce era quella di Francesco! Ed era vicina a me! Feci qualche passo maldestro in avanti e allungai le mani davanti a me sperando di trovarlo. Le sue parole le avevo sentite chiaramente e il ragazzo non doveva essere così lontano. Pregando che la vicinanza del suono della voce del ragazzo non fosse solo un'illusione dovuta al vento, iniziai a fare tanti piccoli passettini da formica per avvicinarmi a dove avevo sentito la voce, lottando con le raffiche di vento e, prima che desistessi per la fatica, sentii sotto le mie dita il tessuto ruvido di una maglietta. Con forza mi ci aggrappai e, poco dopo, vidi emergere da quella nube di polvere e neve un braccio che con forza mi prese per una spalla e mi attirò in avanti. Appena fui ad un palmo di naso da Francesco ed il mio corpo fu del tutto attaccato al suo, rabbrividii, ma non per il freddo. Essere così vicina a lui mi rendeva nervosa, soprattutto dopo quello che gli avevo sentito dire sul mio conto, ma mi faceva sentire anche protetta e al sicuro da tutto. Nonostante quella sensazione strana addosso, guardai piena di gratitudine il ragazzo -Grazie. Temevo di rimanere intrappolata in quel turbinio per un'eternità senza ritrovarvi.

La figlia della MusaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora