Capitolo 31: Dove Afrodite torna a trovarci

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Le due dormiglione si svegliarono all'alba delle otto e mezza e, appena videro in che stato versava la nostra barca, ebbero due reazioni molto diverse. Martina, per prima cosa cercò i suoi delfini ed Elsa con molta sollecitudine, ma, vedendo che nessuno di loro rispondeva ai tuoi richiami, diede il via ad un'attacco di panico dovuto all'apprensione che soltanto Alex, attraverso qualche parolina confortante ed un abbraccio, riuscì ad arginare e placare. Nadieen, contrariamente a quello che mi sarei aspettata, non si lamentò per nulla e non disse nulla di acido o piagnucoloso, l'unica cosa che fece fu lanciarmi un'occhiata accigliata che sembrava volesse dirmi -Guarda in che bel pasticcio ci troviamo per colpa tua.

Quel suo sguardo fu più esaustivo di mille parole. Vedevo una sfiducia profonda e senza rimedio nei sui occhi cioccolato che mi lasciò spiazzata: secondo lei avevo fatto un disastro ed era sicura che non ce l'avremmo fatta se avessimo continuato ad avere me come capo della spedizione. E come darle torto? Avevo deciso di sfidare Zeus e lui, per ripicca, mi aveva reso lo sgarbo distruggendo la nostra barca e bloccando così il nostro già precario viaggio. A quanto pareva non ero proprio una che sapeva prendere le decisioni giuste al momento giusto e non facevo che combinare disastri. Non era la prima volta che mettevo nei guai i miei compagni e forse era meglio che Martina prendesse il comando dell'impresa, ma... era anche vero che ogni volta che ci eravamo trovati nei guai eravamo sempre riusciti ad uscirne grazie al nostro ingegno e anche questa volta non doveva essere diversamente. Neanche il negativismo di Nadieen avrebbe dovuto fermarmi dal credere in me stessa e dal cercare un modo per cavarci dall'impiccio in cui ci trovavamo.

Esaltata da questi pensieri che erano diventati un climax ascendente per darmi un po' di fiducia, iniziai a pensare a come proseguire il nostro viaggio lungo la Toscana, ma la voce ormai tornata normale di Martina, che doveva aver saputo da Alex tutto quello che era successo quella mattina, bloccò il flusso dei miei pensieri -Quindi avete incontrato mio papà... Bene! Avete visto anche in che maniera assurda si concia- la ragazza rise e proseguì -Mi dispiace di non averci parlato. Mi servirebbe un confronto con lui. Di norma mi rilassa parlare con mio padre.

Alex sbuffò -Se tu non dormissi come un ghiro, forse ti saresti accorta che tuo padre era nella stessa stanza con te e, forse, avresti anche sentito la tempesta che ci ha appiedati.

Martina gli fece una smorfia -Simpatico... Almeno io non russo.

Il figlio di Ermes sbuffò e guardò sia me che Martina, esasperato -Ma insomma! Voi siete fissate con questa cosa che io russo!

Io e la mia amica ridemmo della sua espressione e Martina lo sbeffeggiò dicendogli -Non lamentarti, Anderson. È la verità nuda e cruda.

La risposta piccata di Alex venne soffocata da una voce famigliare che ci chiamava agitata -Ragazzi! Grandissimo Pan! State bene?

Ci girammo tutti in direzione dello strillo quasi isterico di Elsa che, tutta affannata, ci stava raggiungendo correndo a pelo dell'acqua, seguita a ruota dai delfini che sembravano spaventati, ma felici di vedere la loro padrona.

Martina, appena li vide, cambiò totalmente i tratti del viso e corse loro incontro, sporgendosi quasi oltre il bordo scheggiato del ponte per cercare di abbracciare tutti i suoi amici pinnati e la ninfa -Elsa! Grazie agli dei! Mi avete fatto stare in ansia. Noi stiamo bene, ma non si può dire lo stesso della barca. Voi tutto bene? Cos'è successo?

Elsa si passò una mano sul viso, sconsolata -Io e i delfini stiamo bene, per fortuna. Tutto è iniziato verso le sei di mattina quando un forte vento si è messo a bloccare la nostra avanzata e una pioggia torrenziale ha cominciato a diminuire la visibilità. Era fastidioso, ma non mi sembrava un tempo da dover temere, soprattutto perché io sono capace di manipolare le onde di questo fiume ed ero sicura che sarei riuscita a farci andare avanti. Purtroppo dopo poco il vento si è alzato ancora di più e con la sua forza ha iniziato a portarsi via il motore e la maggior parte delle parti metalliche della barca. Ho provato in ogni modo a contrastare la forza della tempesta cercando di manipolare le onde del fiume secondo il mio volere, ma queste non si muovevano. È stato un momento di panico per me perché non me lo aspettavo. Doveva esserci lo zampino divino in quella tempesta- ci guardò con un misto di tristezza e angoscia -I poveri delfini sono stati spazzati via da un'onda più forte delle altre ed io non ho potuto fare nulla, ero come paralizzata dalla paura. Poco dopo di loro anche io sono stata colpita da una serie di marosi che mi ha impedito di provare a fare qualsiasi cosa e che mi ha catapultata nel fiume. Quando ho visto che mi ero allontanata tantissimo e che la tempesta stava ancora imperversando, impedendomi di avvicinarmi a voi, mi sono messa a cercare tutti i delfini, sperando di fare qualcosa di utile. Quando li ho trovati e ho visto che la tempesta stava finendo e mi era più fattibile raggiungervi, ho provato ad avvicinarmi il più velocemente che ho potuto per cercare di venirvi a dare una mano. Purtroppo vedo che i danni sono veramente tanti e questo mi fa sentire ancora più in colpa per non essere riuscita a proteggervi. Scusate veramente tanto.

La figlia della MusaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora