Capitolo 30: Dove capiamo che Zeus non è esattamente a nostro favore

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Il dolore che avevo alla schiena era lancinante e anche muovermi mi provocava la terribile sensazione di avere i muscoli che si stavano staccando dalle ossa. Era da quando ero stata rinchiusa nella Scatola Magica che ero rimasta rannicchiata a pallina tra quelle quattro mura asfissianti e stavo iniziando a risentirne.

Eris aveva smesso di torturarmi e mi portava da mangiare ad ogni pasto (anche se non sempre il cibo era mangiabile), ma stare chiusa in quel luogo sapendo che non mi sarei potuta liberare e che, anche quando Marta sarebbe arrivata a salvarmi, non sarebbe riuscita a tirarmi fuori da lì, mi faceva impazzire. Essere così dannatamente inutile mi faceva impazzire.

Ero sicura che Eris l'avesse fatto apposta a non farmi più torturare dai minotauri perché aveva messo in atto un tormento ben peggiore di quello fisico: quello psicologico.

-Ma guarda un po'! L'audace eroe del Campo. Anche se non mi sembra più così spavaldo come prima.

Spaventata da quel rumore improvviso, mi guardai intorno. Mi sembrava di conoscere quella voce femminile, ma non ricordavo dove l'avessi già sentita.

-Hai ragione! Ora che è rinchiuso tutto solo in quello sgabuzzino ed è lontano dalla sua fidanzatina non fa più tanto il presuntuoso che si crede più forte della dea del Caos. Gli manca il suo portafortuna dai capelli rossi.

Sobbalzai . Anche quella seconda voce di ragazza mi sembrava di averla già udita, ma sempre non sapevo dove e quando. In ogni caso intendevo scoprirlo -Chi siete voi?! Cosa volete? Venite fuori!

Le due voci risero sguaiatamente all'unisono -E cosa ti importa? Tanto tra non molto sarai un pupazzetto nelle mani di Eris e la tua Marta non potrà liberarti mai più.

A quelle parole il mio corpo iniziò a ribellarsi e cominciai a tirare alcuni calci contro le pareti della Scatola -Maledette! Fatevi vedere!

La seconda voce sogghignò -Se proprio ci tieni a sapere qualcosa su di noi, ti basti sapere che noi siamo gli occhi e le orecchie di Eris e del nostro capo al Campo. Non perdiamo mai di vista la tua amichetta e, non preoccuparti, non smetteremo certo adesso di controllarla.

La prima ridacchiò -E siamo libere. Non come te che sei rinchiuso come una sardina in scatola.

Ferita nell'orgoglio per essere stata paragonata ad un pesce sott'olio da due traditrici inette, digrignai i denti e sibilai -Meglio stare rinchiuso qui per aver scelto di essere una persona onesta e per aver deciso di amare qualcuno, rispetto che stare lì fuori come un traditore dei propri fratelli e sorelle e dei propri amici.

La prima voce sbuffò annoiata -Non sprecare il fiato con noi Francesco e... non digrignare i denti. Hai un viso molto carino e mostrare i denti in quel modo ti rende i tratti del viso meno attraenti.

La seconda ragazza mi parlò, a differenza dell'altra, con tono molto più minaccioso e cattivo. Non sembrava in vena di scherzare come la sua compagna -Sentimi, Ragazzo-martello. Tu sei spacciato. Quando il nostro capo arriverà qui, cosa che accadrà molto presto, sarà lei a sistemare te e la tua fidanzatina Marta, che, per quanto ai tuoi occhi possa essere perfetta e invincibile, non potrà fare nulla contro di lei.

A quelle parole la disperazione e la rabbia mi montarono dentro al petto ed iniziai a prendere a calci e pugni le pareti della gabbia invisibile -Non provate a farle del male o me la pagherete! Carogne traditrici!

-Non siamo noi la causa di tutto questo, ma tu, carino. Se avessi abbandonato Marta al suo destino, forse, avrebbe avuto più possibilità di salvarsi la vita. Ora, con il tuo gesto sconsiderato, l'hai condannata. Se vuoi incolpare qualcuno di essere un traditore che ha messo a repentaglio la vita di chi ama, incolpa te stesso.

La figlia della MusaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora