Capitolo 14:Dove Annabeth mi dice di fare una cosa non molto legale

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Mi svegliai di soprassalto, accorgendomi che la cartina datami da Artemide era ancora nelle mie mani tutta accartocciata. Sospirai di sollievo. Potevo mostrarla al Chirone e far partire la spedizione di salvataggio.

Feci per alzarmi dal letto, ma ovviamente ero in infermeria e avevo le coperte erano tutte strette intorno al corpo, insaccandomi come un salame ed impedendomi anche solo di tirarmi a sedere. Quando riuscii a mettermi più o meno seduta, aprii per bene gli occhi che fino a prima avevo tenuto semi chiusi. Era notte fonda e il buio mi impediva di vedere cos'avevo intorno, ma, nonostante la cecità, sentii che qualcosa si muoveva nell'oscurità. Subito, presa dalla paura che fosse Eris o qualcun altro che voleva rapirmi iniziai a sudare freddo -Chi va la?!

Nessuno rispose e una fiammella rischiarò il buio della stanza, senza, però, far intravedere nemmeno un po' l'intruso. Tremai. Ora si che ero davvero nel panico. Come avrei fatto a fronteggiare un nemico così infagottata?

Iniziai a dimenarmi, ma delle braccia forzute mi cinsero il collo -Stai bene! Oddei ho preso così paura! Smettila di svenire!

A quelle parole la mia paura evaporò come neve sotto il sole di luglio. Le braccia erano quelle di Martina che, agitatissima, continuava a piangere e tremare. Mi fece molta tenerezza vederla così premurosa nei miei confronti e ci mancò poco che scappasse una lacrima anche a me -Sai, dopo quindici anni in cui non ti viene nemmeno un capogiro; qualche svenimento è normale.

La mia amica rise alla battuta e smise di abbracciarmi stretta, spostandosi di lato. Dietro di lei c'era un'altra figura che se ne stava nell'angolino per non essere vista e teneva in mano una sfera di fuoco incandescente. Con una fitta al cuore compresi subito di chi si trattasse e il senso di colpa iniziò a dilagare dentro di me -Leo?

La sfera di fuoco sfarfallò, si sentì un movimento strascicato e apparve sotto la luce creata dalle fiamme il viso di Leo. Questo non aveva più i tratti felici che ormai mi erano famigliari, ma erano stati cancellati del tutto da degli occhi tristi e vuoti e da un falso mezzo sorriso -Si...- chiuse la bocca con velocità, la riaprì come se volesse dire qualcosa di spiritoso, ma poi la richiuse e abbassò lo sguardo.

Sapevo che aveva paura che fossi ancora adirata con lui; così mi sporsi in avanti e tesi il braccio destro nella sua direzione -Leo...sono davvero dispiaciuta per come ti ho trattato stamattina. Non è stata colpa tua se Francesco è stato portato via da Eris... Non volevo farti soffrire più di quanto già non stessi soffrendo. Mi sento egoista e cattiva nei tuoi confronti. Non ho guardato ai tuoi sentimenti e ho pensato solo ai miei. Per questo ti chiedo mille volte scusa.

Con lo sguardo cercai di scrutare il viso del ragazzo nella penombra. Avevo il cuore stretto in una morsa di senso di colpa che soltanto un sorriso da parte di Leo avrebbe sciolto. Per fortuna il sorriso non tardò ad apparire sul viso del figlio di Efesto, che mi strinse la mano tesa con forza -Non devi preoccuparti, Marta, né sentirti in colpa. Avrei dovuto provare a salvarlo... Tu ti sei arrabbiata con me giustamente.

Scossi la testa -No. Ti ho accusato ingiustamente invece che ringraziarti per avermi salvato la vita. Sono stata un'ingrata.

Questa volta fu Leo a scuotere la testa, ma non disse nulla perché Martina esclamò -Adesso non vorrete mettervi a bisticciare anche mentre vi scusate!

Io e Leo ci guardammo, arrossimmo e sorridemmo. Pace era stata fatta ed io mi sentivo molto meglio. La tenaglia chiusa sul mio cuore si era allentata almeno un po' ed ora potevo respirare liberamente. Tesi la mano sinistra verso Martina e quando questa me la strinse tirai verso di me i due ragazzi e li abbracciai -Vi voglio bene.

Leo mi strinse forte -Anche noi.

Chiusi gli occhi. In quel momento, abbracciata ai miei amici, svuotai la mente di tutti i pensieri brutti che mi turbinavano nella mente e mi concentrai sul sollievo e sulla gioia di aver fatto pace con Leo, sapendo che non mi portava rancore per il mio comportamento egoista.

La figlia della MusaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora