Capitolo 16

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Apro lentamente gli occhi. Che ore saranno? Credo di essere riuscita ad addormentarmi alla fine. A quante pecore ero arrivata? Centosessantasette forse. Che importa, penso, alzando le spalle. Mi alzo piano, per non svegliare i miei o mia sorella e mi dirigo in cucina per fare colazione. Ho deciso di mettermi sotto fin da questa mattina con gli ultimi ripassi, dato che al pomeriggio vado a trovare Fede in ospedale.

Appena faccio per entrare in cucina mi imbatto in mio padre. "Sei mattiniera questa mattina!" esclama, scompigliandomi i capelli. Sorrido. Lui è sempre mattiniero, del resto deve alzarsi molto presto, in quanto fa il tranviere. "Complimenti per la vincita." gli dico. Mi sorride. "Ogni tanto ci vuole, dopo molti tentativi ah ah!" esclama. Ha ragione, è bello che la fortuna giri dalla parte giusta ogni tanto. "Devo sbrigarmi, sono già le sei, tra mezz'ora devo essere allo sportello della stazione dei bus. Ci vediamo sta sera, tesoro. Vorrei parlare di tante cose con te, prima che tu parta. Fai la brava e soprattutto... mangia!" dice, sottovoce per paura di non svegliare Chiara e la mamma, mentre si allaccia le scarpe di pelle nera. "Sì, papà." rispondo, sbadigliando.Mi manda un bacio con la mano e si infila il giubbetto nero sopra la divisa, per poi uscire. 

Mangiare. Mi sto sforzando di ingerire dosi più grandi durante i pasti, ma quando mi sento lo stomaco eccessivamente pieno corro subito in bagno con la scusa di fare pipì e rimetto qualcosa. Se non sono anoressica, manca poco. Temo mi sia sparito pure il ciclo: questo mese è molto in ritardo ed io sono sempre stata regolare. Sto cercando di rimettermi in carreggiata da sola, ma temo che avrò bisogno di aiuto. So che i miei vorrebbero tanto affrontare l'argomento, ma io non mi sento pronta. Se scoprono delle pillole, mi uccideranno. 

Prendo una scodella di ceramica e ci verso dentro un po' di latte, poi lo scaldo al microonde. Cerco di prepararmi una colazione abbondante, così posso ricominciare a recuperare peso. Da qualche parte dovrò pur partire. Prendo una bustina di "Nescaffè" e mi preparo delle fette biscottate con la marmellata di fragole, una delle mie preferite. Guardo ciò che ho preparato: mi sento soddisfatta, quindi inizio ad addentare una fetta biscottata. Mastico con calma. Voglio riuscire a finire tutto. Quando arrivo a deglutire l'ultima fetta, mi sento felice: solo una settimana fa non sarei riuscita a farcela. A colazione mi sono sempre accontentata di un thè caldo. Butto giù anche l'ultimo goccio di caffellatte e mi pulisco la bocca con una salvietta. Mi sento piena come un uovo. 

Dopo essermi lavata i denti mi metto subito a studiare. Circa un'ora dopo sento dei passi scendere le scale: è mia madre. "Buongiorno!" esclamo, sorridendole. "Dobbiamo parlare." mi risponde lei, seria. Quando mia madre ha il volto così buio, significa che c'è da aver paura. La fisso, lo sguardo interrogativo. "Che cos'è questo?" dice, retoricamente, estraendo un barattolo a me familiare dalla sua vestaglia a quadri. Merda. Il barattolo delle pillole che avevo buttato via. Deve averlo notato nel cestino e così lo ha preso. "Ehm.." inizio, ma non trovo davvero le parole giuste per spiegare. Forse perché non ho la spiegazione, che lei si aspetta, da darle. "Emma, è deludente da parte tua." La guardo, colpevole. "Una ragazza della tua età, che io reputo intelligente e matura, non può arrivare ad assumere delle pillole che tolgono l'appetito solo perché il fidanzato viene coinvolto in un incidente! Sapevo che non è dal primo di Novembre che le prendi. Già quando sei tornata da Waterboat City ho notato che c'era qualcosa di diverso in te." dice, tutto d'un fiato. 

Non so davvero cosa dire. O forse sì: le racconterò la verità. Le parlerò di tutto ciò che mi affligge. Lei saprà sicuramente come aiutarmi. E così vuoto il sacco: le dico della mia paura di non piacere più a Fede, le dico della mia paura di non essere abbastanza bella e di non avere un fisico da modella, le racconto di ciò che mi hanno detto i ragazzi ieri, del fatto che Fede è stato con quella ragazza, che sono confusa, triste, depressa e spaventata. Scoppio in lacrime davanti a lei e faccio fatica a continuare tra i singhiozzi. Mi fissa con una tristezza infinita. "Mi sento uno schifo, mamma. Non voglio finire all'ospedale anch'io, ma temo che impazzirò dopo tutti questi avvenimenti. Se sparissi, sarebbe meglio!" farfuglio, tamponandomi le guance col dorso della mano. "Tu non devi sparire, tesoro. Siamo molto preoccupati per te, temevamo che volessi compiere qualche gesto estremo. Tuttavia cerchiamo in tutti i modi di farti stare meglio, ogni giorno. Per questo abbiamo pensato di portarti in vacanza una settimana con i soldi della vincita. Anche tu, però devi contribuire. Quindi: cerca di mangiare il più possibile, me lo prometti?" mi sussurra all'orecchio, abbracciandomi. Annuisco, mentre sono cosparsa dai singhiozzi. "Per quanto riguarda Federico, io sono sicura che lui non ha fatto nulla con quella ragazza. Ok, nessuno ha visto, ma lo conosco da sei anni e so com'è fatto. Quello che prova per te, non lo proverà mai per nessun'altra." dice, sorridendomi. 

Never let me aloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora