Capitolo 18

51 10 0
                                    

Proprio come immaginavo, il pomeriggio si è rivelato davvero impegnativo: aiutare Giulia nel suo piccolo e modesto centro estetico non è mai una passeggiata, soprattutto oggi che la quantità di lavoro è stata più del solito. 

A fine turno, verso le sette, prima della chiusura del negozio, Giulia vuole parlare un po' con me, come le avevo promesso che avremmo fatto ieri al telefono. Mi raccolgo i capelli in un disordinato chignon, in quanto sono un po' umidi per il sudore ed infilo il berretto azzurro nella borsa, tanto non mi serve. Mentre mi metto la sciarpa al collo, sopra il cappottino nero, mi fa cenno di seguirla. Usciamo dal negozio, avvolte nei nostri cappotti. "Emma, vuoi raccontarmi cosa ti succede? Anche oggi eri molto silenziosa durante il lavoro. Da quando ti conosco non ti ho mai vista così." chiede, mentre si accende l'ennesima sigaretta. 

Vorrei tanto evitare questa conversazione, non mi piace per niente parlare di ciò che è successo. Molte sono le persone che mi vedono sempre triste e strana rispetto al solito e vogliono saperne il motivo. Sono pochi, infatti, quelli che sono a conoscenza dell'accaduto e sanno perché sono spesso giù di morale, in quanto per i telegiornali e quotidiani locali la notizia non è stata molto divulgata: i genitori di Fede hanno chiesto ai giornalisti che volevano intervistarli di rispettare il loro silenzio. Insomma, se n'è parlato pochissimo. 

"Premetto che non mi piace affrontare l'argomento- le dico, cercando di essere il più breve e chiara possibile -e, come hai notato, sono molto triste, in quanto non sto passando un bel periodo. Ti ricordi quando ti avevo detto che sarei tornata a casa per le vacanze di Halloween dai miei genitori e per studiare?" Annuisce, mentre butta fuori il fumo dalla bocca. "Ecco, proprio la notte del 31 Ottobre, mi trovavo ad una festa con Federico. Io rincasai prima di lui. Lui tornò a casa in auto col cugino, il quale guidava ubriaco." Mi stoppo, poiché sento un nodo salirmi in gola. Il suo sguardo si fa triste. Mi fa cenno di continuare, ma non ci riesco. Tuttavia, dopo quella che mi sembra un'eternità, trovo la forza di finire il racconto.

"Fede e suo cugino hanno fatto un incidente che potrebbe essere stato mortale, ma Dio li ha graziati. Si sono schiantati con la macchina contro un guardrail. Fede ha il fegato distrutto ed ha bisogno di un trapianto. Ora è al San Bartolomeo, l'ospedale di Noveran City, in coma." Si porta una mano alla bocca, scioccata. "Oddio, Emma. Mi dispiace tantissimo. Posso comprenderti, allora." mi dice, buttando ciò che resta della sua sigaretta per terra. Si avvicina e mi avvolge in un caldo abbraccio. Lacrime copiose rigano le mie guance. "E' una disgrazia, ma io ti sono vicina, sappilo." mi sussurra all'orecchio con fare materno. Mi asciuga le lacrime con il pollice ed io mimo un "grazie" con le labbra. "Adesso pensa solo agli esami. Saranno due settimane dure, ma, una volta finito tutto, potrai tornare da Fede. Lui ha la pellaccia dura, ce la farà." dice, sorridendomi. 

Parliamo per un'altra mezz'oretta, mi dice che, se voglio, posso andare ancora ad aiutarla nei giorni che rimarrò qui, anche per staccare dalla solita routine esami-studio e che, se accetto, mi darà la paga per il lavoro che svolgerò. Perché no? Sarà l'occasione per mettere da parte qualche gruzzoletto in più. Ci salutiamo e mi incammino verso il mio appartamento. 

Quando arrivo al mio pianerottolo, trovo una figura tozza e bassa davanti alla porta: è il signor Alfonso, il proprietario. "Buona sera, signorina." intima, con fare minaccioso, avvicinandosi a me. Noto che è molto arrabbiato. "E' qui per l'affitto, lo so. Oggi ero al lavoro e non ho potuto andare in banca per fare l'assegno." ammetto, prima che possa iniziare ad inveirmi contro, guardandolo dritto negli occhi scuri. Mi fissa con il suo sguardo arcigno, in attesa che io continui il discorso. "La cifra mi è stata mandata tramite bonifico e domani, dopo l'esame universitario, mi precipiterò in banca e farò tutto quanto. Massimo domani sera può passare a ritirarlo, signor Alfonso." dico, in maniera molto educata. Grugnisce in senso di approvazione. "Sarebbe anche ora!" bofonchia. "Ci sono stati dei problemi, le chiedo scusa per il ritardo." affermo, porgendogli la mano per congedarlo. Me la stringe un po' troppo forte con la sua manona dalle dita grosse e con le unghie sporche. "Ci vediamo domani sera, signorina." "Buona serata!" esclamo, massaggiandomi il palmo leggermente dolorante, mentre osservo l'uomo che scende gli scalini. Arriverebbe giù più in fretta se si lasciasse rotolare, quella palla di lardo. 

Una volta dentro casa, tiro un sospiro di sollievo. Non ho mai sopportato quell'uomo a causa dei suoi brutti modi di fare. E' la persona più burbera che io conosca. Guardo l'orologio color oro al polso: sono quasi le otto. Dopo essermi tolta il cappotto e la sciarpa, vado in cucina per preparare la tavola. Questa sera ho una fame da lupo e ne sono davvero felice: sto ricominciando a mangiare con gusto. Mi preparo un'insalata col tonno, accompagnata da crostini al grano, dopodiché mi concederò una rilassante doccia. E' proprio quel che ci vuole dopo un pesante pomeriggio lavorativo. 

Domani è il gran giorno: il primo esame incombe, ma non lo temo affatto. Mi butto sul divano, esausta, con gli occhi che mi bruciano. In televisione fanno le solite fiction del cavolo o i soliti reality show che, personalmente, non sopporto. Chiamo Agnese, la mamma di Federico: mi ero ripromessa che le avrei fatto una telefonata il prima possibile. Seleziono il contatto nella rubrica ed attendo. Risponde quasi subito. "Ciao, tesoro. Come stai?" chiede, dopo che l'ho salutata. "Sono stanchissima, oggi ho lavorato un sacco. Voi come state? Salutami Antonio." dico. "Diciamo che si tira avanti, come sempre. Antonio ricambia il saluto. Oggi ho trovato tua mamma al supermercato, abbiamo parlato ancora del discorso dei soldi dell'affitto. Mi dispiace per i problemi che ci sono stati." mi dice. "Non ti preoccupare, è tutto apposto. Domani consegno l'assegno al proprietario." la rassicuro. 

Parliamo del più e del meno per un po', poiché nessuna delle due ha il coraggio di affrontare l'argomento "Federico". Però, anche se è dura parlarne, io voglio sapere. "Agnese.." inizio. "Dimmi, cara." "Come sta lui?" chiedo, la voce tremante. Resta un po' in silenzio. "Siamo andati a trovarlo prima di cena. Il dottore ha detto che non ci sono novità. La situazione è stabile." sussurra. Sento una fitta di delusione. Non voglio che Fede rimanga così per sempre. Ogni sera prego Dio affinché compia un miracolo. "Va bene, Agnese. Grazie. Quando vai a trovarlo, portagli i miei saluti." "Certo, Emma. Buona fortuna per domani. Aggiornaci. Buona notte. Ti vogliamo bene." Sorrido. "Buona notte, vi voglio bene anch'io." e riattacco.

Una volta sotto le coperte, giungo le mani e faccio l'ennesima preghierina. "Ti prego, fa' che Fede possa tornare a sorridere come prima. Fa' che possa tornare a studiare, affinché possa realizzare il suo sogno. Lo amo da morire, non posso vivere senza di lui." mormoro. Credere sempre in un finale felice per noi due, come quello delle fiabe, e non abbandonare mai la speranza, sono le cose che mi fanno andare avanti. Fede è forte, so che ce la farà. Nel frattempo io devo continuare a percorrere la mia strada, portare a termine questi esami, proseguire gli studi e continuare a pregare per lui. So che sarebbe orgoglioso di me. Ce la faremo. Entrambi. 

Never let me aloneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora