La mattina seguente sono a casa da sola: Chiara è a scuola e i miei sono al lavoro. Faccio colazione con molta calma. Mi preparo un delizioso cappuccino e, da quanta schiuma c'è, rischia di uscire dalla tazza. Lo bevo a piccoli sorsi, per poi ritrovarmi con due bei baffoni di schiuma sotto il naso. Sono appoggiata al ripiano della cucina, quello contenente il fornello a gas con il piano cottura e il lavello a fianco. Mi mancava tornare a casa, devo ammetterlo. Sono una ragazza che sente abbastanza nostalgia dei propri affetti familiari. Del resto sono sempre vissuta circondata dall'affetto familiare dei miei genitori e anche quello dei vari parenti, senza contare quello che ha saputo darmi anche la famiglia di Fede.
Già, Fede. Oggi non si è ancora fatto sentire ed è davvero strano perché sono le undici del mattino e di solito lui non dorme mai oltre quest'ora. Immergo un paio di biscotti al cacao e nocciole nella tazza e controllo il display del telefono: nessuna notifica. Decido di scrivergli io: se sto ad aspettare il suo 'buongiorno' posso benissimo stare fresca! Niente a che vedere col fatto di dirselo di persona ogni singola mattina. Al solo pensiero il mio viso assume un'espressione malinconica.
Mentre metto la tazza nel lavello, la risciacquo e poi ripongo il sacchetto dei biscotti nell'armadietto della credenza, il mio cellulare trilla. Fede ha finalmente risposto. "Buongiorno piccola. Come stai? Non è la stessa cosa svegliarsi senza te al mio fianco. Rimpiango i giorni passati a Waterboat City solo per questo. Ti amo." Sorrido, notando con piacere che anche lui ha pensato alla stessa cosa, il che mi rende felicissima.
Passo il resto della mattinata a ripassare un po' di schemi in preparazione per gli esami, fino a quando la mamma non mi chiama per dirmi di preparare il pranzo ed io non me lo faccio ripetere due volte. Se posso essere d'aiuto in casa sono sempre molto disponibile.
Mi cimento in una buona pasta alla carbonara che la mia famiglia apprezza. Dopo pranzo aiuto la mamma a lavare i piatti. "Emma, puoi andare a riposarti un po', hai già preparato il pranzo, finisco io qui." mi dice, prima che termini di asciugare l'ennesima stoviglia. "Lo faccio senza problemi." "Sei una brava ragazza, l'ho sempre detto e pensato, ma non voglio che tu ti stanchi troppo. So che sei molto impegnata con gli studi e per oggi qui in casa hai già aiutato abbastanza, quindi lascia pure che finisca io." Obbedisco un po' a malincuore, quindi me ne torno in camera mia e mi stendo sul letto.
Siamo a fine ottobre e quest'anno fa già abbastanza freddo. Mi avvolgo in una coperta di lana e scorro con lo sguardo tutta la mensola della libreria ricca di libri. Mi è sempre piaciuto leggere, infatti la mia libreria è piena zeppa di opere di ogni genere: dai gialli ai thriller, dai libri che ho letto per cultura personale di letteratura inglese e francese ai classici e per finire alla letteratura rosa. Tra i volumi del terzo ripiano scorgo un piccolo fascicoletto.
Lo prendo ed accarezzo la copertina rosso scuro. C'è un'etichetta al centro con scritto: "Album dei ricordi". Lo apro e lo sfoglio. Contiene delle foto stampate al computer. Nella prima pagina c'è una foto di me da piccola, avrò avuto sei o sette anni. Mi rappresenta mentre indossavo il grembiule rosa, tipico delle bambine che frequentavano le elementari. Ero piccolina e paffutella, con i capelli castani arricciati in morbidi boccoli. Avevo il broncio e mi coprivo l'occhio sinistro con la mano, segno che forse non volevo proprio essere inquadrata dall'obbiettivo. Sullo sfondo riconosco il giardino della scuola elementare, il quale era ricco di aiuole e fiori di ogni genere.
Sorrido, quasi meccanicamente, continuando a sfogliare l'album. In tutte le foto successive sono ritratta con amiche o con la famiglia. Tutti momenti felici, poiché ero sempre sorridente in tutte le fotografie, sempre allegra e spensierata. Ammetto che quei momenti di allegria mi manchino in certi momenti difficili. Giro pagina e mi blocco davanti ad un ritratto in bianco e nero di me e Fede, credo risalga a qualche mese dopo il nostro fidanzamento. La foto deve esser stata scattata durante una festa perché sotto c'è il nome del locale e del fotografo, eppure è perfetta. Lui era bello tale e quale a come lo è ora, con la differenza che qui aveva i capelli leggermente più corti. Indossava una camicia bianca e sopra una giacca nera, con i jeans scuri a completare il look. Era ritratto in piedi, di fianco a me e mi avvolgeva con un braccio attorno alle spalle. Io ero seduta su un pouf bianco, le mani in grembo, i capelli raccolti in una stranissima pettinatura che ricordo essermi fatta apposta per l'occasione, con un fiore di tessuto che completava l'acconciatura. Indossavo un abitino bianco fatto di pizzo, ma ben coprente. Sembravamo due ragazzi dell'ottocento da come posavamo. Ora come ora non ricordo nulla di quella serata.

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Never let me alone
RomanceEmma è una studentessa universitaria e vive in un appartamento a Waterboat City con il suo ragazzo Federico, il quale frequenta l'università proprio come lei. Prima di affrontare gli esami nel mese di Dicembre, i due innamorati tornano dalle rispett...