Capitolo 2

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Mi salutò e io me ne andai verso casa con lo stesso passo di prima, non l'avevo ringraziato perché non riuscivo a parlare, sarei scoppiata a piangere. L'avevo guardato negli occhi, era alto, biondo, aveva gli occhi azzurri, ma non vedevo bene la sua faccia per colpa delle lacrime.

Entrai nel portone di casa mia e salii le scale velocemente. Arrivai in casa, i miei erano in viaggio per il venticinquesimo di matrimonio. Stefano, mio fratello grande, probabilmente era in università e Leonardo, il mio fratellino, era sicuramente a scuola. Aprii la porta con le chiavi, tolsi l'allarme è mi fiondai in camera mia, entrai nel mio bagno e aprii l'acqua della vasca. Uscii dal bagno mi buttai sul mio grande letto e iniziai a piangere, stavo pensando ai miei ricordi con lui, io lo amavo davvero. Stavamo insieme da tre anni e non avevamo mai litigato cosi, lui mi aveva tradito con la mia migliore amica e io non avrei mai potuto perdonarli per questo. ,"Tutte le cose belle sono destinate a finire" diceva mia nonna, non ci avevo mai creduto perché mi illudevo che qualcuno potesse davvero amarmi. La cosa che mi faceva stare peggio era che avevo perso la mia migliore amica. Di questo avevo paura. Gli amici sono l'unica cosa che ci rimangono alla fine, e io avevo perso la migliore, probabilmente per lei non lo ero, ma per me lei lo era. Gabriele mi aveva ferita ma la ferita si sarebbe rimarginata, mi aveva privato però della persona che più era importante, quella persona che potrebbe scrivere un libro su di te con tutti tuoi vizi, con i tuoi pregi e i tuoi difetti, che ti legge nella mente e quindi sa cosa vuoi in ogni singolo momento. Per lei non ero di certo importante come lei lo era per me. Il mio cuore non ce la faceva più, era distrutto dopo quella giornata.

Mi buttai nella vasca ormai piena di acqua e schiuma. Mi ci immersi dentro quasi a peso morto, volevo sprofondare, dimenticare e riuscire a superare subito. Presi il cellulare e misi della musica a caso, ma ogni canzone mi ricordava qualche stupidata che avevamo fatto io e Bea durante questi anni. Iniziai a ridere e le lacrime accompagnarono queste risate, tolsi la musica e mi abbandonai al pianto. Un pianto vero che mi liberò in parte ma mi distrusse dall'altra. Il mal di testa aumentava e l'acqua calda del bagno non riusciva a calmarmi. Avevo bisogno di Stefano. Lui sarebbe riuscito a farmi smettere di piangere, avevo gli occhi distrutti. Erano quasi le nove di sera i miei fratelli sarebbero arrivati a momenti. Uscii dalla vasca con un aspetto peggiore a quello di prima. Mi pettinai la mia chioma riccia e la racchiusi in un asciugamano mi misi il pigiama caldo e presi il cellulare. Tre chiamate perse da Bea, le ignorai e quindici messaggi: alcuni da Gabri che cancellai, da mia mamma che mi chiedeva come stavo e inevitabilmente le dissi: bene; da Leonardo che mi diceva che stava a dormire da un suo amico, e da Stefano che si fermava a mangiare al ristorante. Dovevo mangiare da sola. Ero tentata a chiamare Stefano, ma decisi di non farlo preoccupare. Presi una scatola di gelato, consigliato per le delusioni, per la rabbia e per i tradimenti. Accesi la tv per distrarmi dai miei pensieri che determinati a farmi star male mi riempivano il cuore di dolore. Non feci in tempo ad aprire la scatola di gelato che mi squilló il telefono, era mia zia. Dovevo risponderle se no si sarebbe preoccupata. Le risposi e dalla voce si sentiva che avevo pianto, subito mi chiese e le risposi che stavo guardando un film commovente, ma che era tutto a posto. Voleva venire a casa ma le dissi che avevo ospiti. Odio le bugie ma prima di parlare di quello che mi era successo dovevo assimilarlo. Le avrei raccontato tutto quando sarei stata meglio. Mi addormentai con il gelato in mano davanti a un film deprimente.

Mi svegliai quando sentii la porta di casa aprirsi e Stefano apparire. Avevo gli occhi stanchi, mi bruciavano. Accessi la luce e lo salutai. Mi alzai dal divano e lo abbracciai cosi forte che capì subito che c'era qualcosa che non andava. Mi guardò senza parlare e mi abbraccio forte. Mi chiese:
"Gabriele?"
Io feci si con la testa e le lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi già distrutti. Mi disse:
"domani lo sistemo io. Potevi dirmelo avrei mangiato con te. Non potevi chiamare Bea?"
Feci segno di no con la testa e iniziai a piangere forte.
Capì subito. Mi accompagnò in camera mi mise sotto le coperte calde dicendomi che dovevo dormire. Gli chiesi se poteva restare con me. Si mise accanto a me sotto le coperte. Mi strinse forte. Mi sussurró nell'orecchio che Gabriele era uno stronzo, che non mi meritava e che l'avrebbe sistemato lui. A quel pensiero sorrisi. E mi addormentai con quel pensiero che mi fece dormire tutta la notte.

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