CAPITOLO 22: DOLORE.

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"Ecco la verità sublime intorno al dolore: la nascita è dolore,la vecchiaia è dolore,la malattia è dolore,l'unione con quelli che non si amano è dolore,la separazione da quelli che si amano è dolore,non ottenere quello che si desidera è dolore."

Lydia continua a sussurrare questa citazione,ricordando quanto fosse difficile capirla fino a pochi mesi fa.

Quando il professore aveva assegnato "Discorso di Benares" non aveva capito a pieno quelle parole,parole che ora le sembravano fin troppo chiare.

Il dolore non finirà mai. C'è sempre stato e sempre ci sarà. È sempre lì in un angolo,e tutta la tua vita è solo un patetico tentativo di sfuggirgli.

Continuava a sussurrare quella frase,con le labbra semi-aperte e la lingua che si muoveva appena. Il termine giusto infatti sarebbe,più che sussurrare,soffiare.

Soffiava via le parole.

Una mano ad accarezzare il grembo,lo sguardo perso nel vuoto,e il suono appena udibile di quelle parole che si ripeteva all'infinito. Ancora e ancora.

Sentiva lo sguardo dell'infermiere bruciargli sul corpo,e quando vide quegli occhi inquietanti attraverso lo specchietto retrovisore sussultò.

Le avevano detto che la stavano portando ad un funerale,e tutta la gioia iniziale di uscire da Eichen House si era trasformata in dolore.

Sempre e solo dolore,in ogni cosa.

La preoccupazione maggiore era rivedere i suoi amici,dopo tutto quel tempo.

"Sono passati tre mesi Lydia" ripeteva la voce della direttrice nella sua testa.

Tre mesi e la pancia iniziava a vedersi,così come la paura che aumentava. I medicinali avevano bloccato ogni visione,sussurro o voce nella sua mente. E così era rimasta sola contro il muro ammuffito della sua cella,a sentire le urla dei suoi vicini e a sussurrare frasi alla creatura nel suo grembo. Magari,lei o lui sarebbe stato preparato alla brutalità della vita.

Quando la portiera si aprì,le mani di quell'uomo raccapricciante la strattonarono via facendola inciampare. Lydia si fermo con il viso a pochi centimetri dall'asfalto,e quando si alzò usò la mano graffiata per uno schiaffo rivolto all'infermiere. Odiava il ghigno soddisfatto comparso sul suo viso subito dopo aver sentito le risatine generali. Incredibile che gente vestita di nero avesse da ridacchiare mentre andava ad un funerale. L'uomo bloccò la mano di Lydia,impedendole il contatto con la guancia. Poi si avvicinò al suo orecchio e sussurrò:

«Attenta piccola,ti conviene comportarti per bene se vuoi avere qualche ora di libertà.» il fiato sul suo collo.

«Viscido.» rispose Lydia,scandendo per bene le sillabe.

Lui scoppiò in una risatina,ma lei nemmeno fece in tempo a notarla.

Le mancò l'aria alla vista della bara.

In quel momento si rese conto di quanto fosse tutto reale.

Ma il dolore vero arrivò pochi secondi dopo,quando incontrò quegli occhi nocciola.

Erano stanchi,esausti,privi di qualunque emozione. Erano occhi che si erano arresi e basta.

Intravide una scintilla solo quando si rivolsero verso quelli di lei.

Alla vista di quegli occhi verdi,quelli di Stiles si illuminarono e per un secondo sembrarono di nuovo pieni di qualcosa.

Lei era bellissima,stanca e dimagrita,ma pur sempre bellissima. Indossava un abitino nero fino a metà coscia,e i capelli erano lasciati sciolti dietro la schiena come piacevano a lui. Il trucco inesistente lasciava trasparire il forte verde dei suoi occhi in contrasto con la carnagione fin troppo pallida. Non dormiva da un bel po',era evidente. Le mani erano strette attorno alla pancia,e sembrava si fosse congelata in quella posizione.

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