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"I tuoi vampiri hanno bisogno di imparare un po' di auto controllo" mormorò Allison dondolandosi sulla sedia di legno.

Marcel si voltò a guardarla e corrucciò la fronte in un'espressione perplessa. "I miei vampiri sono perfettamente in grado di controllarsi."

"Non credo proprio," replicò Allison scuotendo leggermente il capo. "Li osservo da quasi due mesi e posso garantirti che non è affatto come credi. Guarda Già, per esempio; sembra la più equilibrata ma in realtà è la più fragile. E quel tizio lì," aggiunse indicando un ragazzo dai capelli rossi "quel tizio ti darà presto un sacco di problemi."

"Tu sei pazza." Marcel si girò per osservarla meglio. "Gia è perfettamente in grado di controllarsi e quel tizio, come lo chiami tu, è uno dei più equilibrati del gruppo."

Allison annuì tirando fuori dalla tasca un coltellino. Con la punta affilata si procurò un piccolo taglietto sull'indice sinistro e alzò la mano in attesa.

Il tizio equilibrato fu il primo a muoversi. Alzò la testa di scatto e i suoi occhi diventarono rossi, i denti affilati vennero fuori e quasi come un automa si mosse in direzione di Allison. Marcel si alzò e lo fermò allungando la mano verso di lui. Scosse il capo dando una rapida occhiata ad Allison e sospirò quando vide che, anche se Gia stava ancora seduta, faticava a rimanere ferma, pronta a scattare da un momento all'altro.

"Okay, adesso basta!" esclamò Marcel guardando tutti e nessuno allo stesso tempo. "Hai provato ciò che volevi provare. E adesso?"

Allison sorrise mettendosi in piedi. "Adesso gli insegniamo a controllarsi come si deve." Annunciò. E Marcel sospirò sicuro che, qualunque cosa avesse in mente, non gli sarebbe piaciuta.

****

John sospirò passandosi una mano tra i capelli. Non ne poteva più del tizio in cella con lui e mentre lo guardava andare avanti e indietro in quello spazio ridotto, pensò che se avesse pronunciato un incantesimo che lo avrebbe messo a dormire per un po', nessuno avrebbe potuto biasimarlo.

Oltretutto, che diavolo erano quelle parole che continuava a ripetere come un disco rotto? Sembravano passi della Bibbia ma John non era sicuro.

"Hey, amico" gli disse facendo un cenno con la testa. "Credi che se continuerai a camminare avanti e indietro risolverai qualcosa?"

L'uomo lo guardò dritto negli occhi. "La fine del mondo ci attende!" esclamò alzando una mano. Poi lo indicò con un dito. "Un'ombra oscura sta per abbattersi su di noi."

Constantine scosse il capo strofinandosi gli occhi. "Non hai tutti i torti," mormorò mentre si sdraiava sulla panca d'acciaio fredda, unico accessorio d'arredamento in quell'angusta cella. Si rese conto, mentre il rumore dei passi del suo nuovo amico gli impedivano di riposare, che si era cacciato in un grosso guaio. Uno dal quale, doveva ammettere, non aveva idea di come uscire.

C'era solo una persona che poteva tirarlo fuori da quel posto e in fondo, pensò, glielo doveva dopo quella piccola informazione che le aveva dato qualche tempo prima. Rise di se stesso... anche se avesse avuto nessun favore da riscuotere, Allison Morgan gli avrebbe comunque dato una mano. Perché lei era fatta così: generosa con le persone che considerava suoi amici. E John era abbastanza fortunato da essere considerato tale.

Si alzò e con lentezza si avvicinò alla porta. Batté quattro volte sul metallo freddo e finalmente una guardia si avvicinò intimandogli di piantarla.

"Voglio fare una telefonata" disse.

La guardia rise e diede un colpo all'altezza della piccola finestrella che gli permetteva di avere una visuale dell'interno della cella. "Scordatelo."

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