24.

593 29 2
                                    

24.

Allison sospirò rumorosamente, il picchiettare delle sue dita sul volante era l'unico rumore che riecheggiava nell'auto. Guardò il nome sul display lampeggiare per qualche secondo prima di decidersi a rispondere; non perché ne avesse davvero voglia, ma solo perché altrimenti non avrebbe mai smesso di chiamare.

"Cosa posso fare per te?" disse abbandonando la testa contro il sedile.

"Manchi da ore e non rispondevi al cellulare. Eravamo tutti preoccupati per te."

La cacciatrice scosse il capo, non esattamente la voce che si aspettava di sentire. "Elijah... perché mi stai telefonando dal cellulare di Hayley? Avevi paura che non avrei risposto se avessi visto il tuo numero?"

"In tutta onestà, sì, il pensiero ha sfiorato la mia mente. Ma il vero motivo è che il mio cellulare è andato distrutto durante un piccolo conflitto con alcuni licantropi."

"Vorrei chiederti se stai bene, ma dalla tua voce direi di sì, quindi..." Allison guardò l'orologio al suo polso e scese dall'auto. "Ad ogni modo, se non è importante avrei un po' da fare adesso. Starò via per qualche giorno, a proposito. Devo risolvere alcuni problemi."

"Via dove? E che tipo di problemi? Potremmo aiutarti."

"Sono diretta a Non sono affari tuoi, una piccola città nel Sud del Non ho bisogno di aiuto, ma grazie."

Elijah respirò a fondo prima di parlare e quando lo fece, Allison poté sentire che il suo tono era cambiato. Si era ammorbidito, anche se suonava un po' infastidito.

"So che sai cavartela da sola, ma non ti farebbe male lasciarti aiutare ogni tanto. Soprattutto in questo momento. Sei ancora ferita e..."

"Sto bene, Elijah, ho solo qualche ammaccatura. Se avrò bisogno telefonerò, lo prometto. Ma ora devo andare."

La donna volse lo sguardo a Crowley che era appena arrivato. Teneva per il braccio Mason, confuso e disorientato; era sporco di sangue ma sembrava stare bene. Riattaccò senza dare all'Originale il tempo di rispondere o di captare qualche suono intorno e mise il cellulare in tasca avanzando verso il Re dell'Inferno.

"Mason" sussurrò sorridendo. "Stai bene?"

Lui annuì deglutendo a vuoto, ricambiò il sorriso con gli occhi lucidi e si liberò dalla presa di Crowley per raggiungerla. La strinse forte, rilassandosi completamente quando lei ricambiò l'abbraccio, scaldandolo col calore della sua pelle.

Allison gli accarezzò le spalle, poi la nuca. Gli baciò la guancia indietreggiando appena e si sfilò lentamente la collana che aveva al collo. Una sottile catenella dalla quale pendeva l'anello che lei stessa gli aveva regalato anni prima. L'anello che poche ore prima aveva chiesto a Davina, la potente strega che conosceva appena ma di cui Marcel sembrava tanto fidarsi, di trasformare in un anello lunare. Proprio per Mason.

"Indossa questa collana e aspettami in auto. Arrivo subito" gli disse.

Mason annuì di nuovo prendendo la catenina, stringendole le mani per un attimo mentre lo faceva. Raggiunse l'auto e salì a bordo, rilassandosi contro il sedile.

La cacciatrice invece si avvicinò a Crowley. "Grazie di averlo riportato indietro."

Il Re la guardò per un lungo minuto, con quello sguardo carico di domande e superbo che aveva sempre.

"Che diavolo ti è successo alla faccia? Sembri uscita da un incontro di pugilato."

"Ho avuto un piccolo scontro con alcuni vampiri."

"E ti hanno ridotta così? Che diavolo, Morgan... ultimamente ogni volta che ci incontriamo sei sempre tumefatta o in coma o roba del genere. Stai perdendo il tuo tocco."

Lei respirò a fondo stringendosi nelle spalle. "Sto solo avendo un brutto periodo. Ad ogni modo, che ti importa? Se non ti conoscessi direi che sei preoccupato per me."

"Ti sbagli di grosso" Crowley abbozzò un sorriso. "Sono preoccupato per me. Mi devi un favore e presto sarò pronto a riscuoterlo, meglio per te che tu sia pronta e sana per allora. Perché se fallisci, il tuo amichetto peloso torna dritto ai piani bassi."

Allison piegò gli angoli della bocca in un sorriso forzato. "Non minacciarmi, Crowley, sai che odio quando lo fanno. Sarò pronta e poi saremo pari."

"Vedremo" il demone mise le mani nelle tasche del cappotto. "Non che io mi preoccupi per te o per la tua vita, sia chiaro, ma ho sentito alcune cose. Cose che riguardano tuo fratello."

"Che tipo di cose?"

"Pare che stia radunando un piccolo esercito e che colpirà presto, molto presto. Potrei occuparmene io, se vuoi."

"E questa premura in realtà è puramente egoistica giusto? Hai bisogno che io sia in forma per riscuotere il tuo favore."

"Vedo che inizi a capire come funzionano le cose" Crowley sospirò. "Questo... e anche il fatto che io detesto profondamente tuo fratello. È un pallone gonfiato."

La donna corrugò la fronte, trovando inquietante il pensiero che Crowley e Matt si conoscessero.

"Esattamente, tu come conosci mio fratello?" chiese e mentre lo faceva si rese conto che forse non voleva sapere la risposta.

"Stava cercando di arruolare i miei demoni. Ho dovuto chiedergli di smettere di farlo. I miei demoni sono miei, lavorano solo per me e nessun altro."

"Quando l'hai incontrato? Dove si trova?" Allison si avvicinò a lui. Si chiese se quell'incontro avrebbe dato più frutti di quanti credeva.

Ma Crowley indietreggiò scuotendo il capo. "Non ho idea di dove si ora, ma anche se lo sapessi non te lo direi. Stai uno schifo e Matt non è esattamente il più dolce dei fratelli... ti annienterebbe in un secondo e mi servi. Ora devo andare, ma mi farò sentire presto."

Sparì ed Allison serrò le mascelle stringendo i pugni per un attimo. Si voltò per guardare in direzione dell'auto e grazie alla poca luce proveniente dal lampione poté vedere che Mason si era addormentato. Tirò fuori il suo cellulare e scorse la rubrica prima di far partire la chiamata.

"Tyler" disse quando dall'altro capo risposero. "Vieni a New York, parti adesso e parti da solo. Ti invio l'indirizzo con un messaggio."

****

Mikael Mikaelson non era mai stato un uomo dal cuore tenero. Chiunque lo avesse incontrato, sia prima che dopo la sua trasformazione, l'aveva sempre considerato un duro. Un bruto nel migliore dei casi, una bestia senza cuore nel peggiore.

Nessuno si era mai fermato a chiedersi perché quell'uomo dall'aspetto virile ma non violento, visibilmente innamorato di sua moglie, fosse così duro con i suoi figli, soprattutto con uno di loro. Nessuno tra quelli che l'avevano giudicato si era fermato a chiedersi quale fosse il dolore che si portava dentro, da dove venisse tutta quella rabbia.

Una figlia perduta, un figlio che non era suo... un tradimento che bruciava nel fondo dello stomaco. Sensazioni che una volta trasformatosi si erano amplificate. Freya, la sua dolce e bellissima Freya non c'era più e lui non avrebbe mai avuto il piacere di vederla crescere e diventare forte e indipendente.

Amava Rebekah, ma la perdita di Freya bruciava forte in fondo all'anima, e anche quando l'anima aveva smesso di averla, bruciava ancora.

Forse era per questo che la sera in cui aveva incontrato Allison Morgan era scattato qualcosa in lui. Negli occhi di quella giovane donna aveva visto lo stesso dolore che vedeva nei suoi quando si guardava allo specchio. Probabilmente proprio quel dolore che li accomunava in qualche modo l'aveva legato a lei. Sì, doveva essere quello, altrimenti non si spiegava perché sentisse il bisogno di aiutarla. 

Anche il ritorno della sua Freya l'aveva cambiato. Si erano riuniti da poco, ma sentiva già un cambiamento.

Raggiunse il ragazzo che stava osservando da un po' e gli si sedette accanto. "Ti spiace se mi unisco a te?" gli chiese facendo segno al barman. "Non si dovrebbe mai bere da soli".

"Se offri tu, per me va bene."

Mikael chiese un whisky, poi si voltò a guardarlo. "Sono Mikael."

"Matthew Morgan."

The Family BusinessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora