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NEW ORLEANS – LOUISANA

La casa di Gerald era un vecchio palazzo fatiscente che avrebbe fatto invidia al più spaventoso dei film horror: murales sbiaditi lungo tutti i muri, strani simboli color cremisi pieni di sbavature simili a rivoli di sangue.

Allison scrollò le spalle cercando di scrollarsi di dosso quella strana sensazione che sentiva da quando era arrivata in città; una sorta di lieve preoccupazione unita ad un'ancora più strana e immotivata paura. La paura che forse si stava muovendo troppo lentamente nella realizzazione del piano perfetto per salvare Elijah. 

Imputò ogni sua sensazione alla stanchezza, al timoroso pensiero costantemente rivolto a Castiel che stava per esaurire la sua grazia, a Dean che si era trasformato in uno dei mostri che da sempre combattevano, a Sam che doveva cavarsela da solo nel peggior momento della sua vita... a una marea di cose che richiedevano il suo intervento ma a cui non poteva partecipare, non in quel momento.

Diede una rapida occhiata all'edificio di fronte ai suoi occhi e tese una mano lateralmente per fermare il passo di Marcel.

"Aspetta." gli disse fermandosi a sua volta. "Quei simboli impediscono a ogni essere soprannaturale di andare oltre quel muro."

L'uomo corrugò la fronte poggiandosi le mani sui fianchi. "Quello," le disse "è uno stupido murales fatto male."

"Quello, è un antico simbolo enochiano che vieta il passaggio a chiunque non sia umano. Se non mi credi, prova pure ad andare avanti. Ma devo avvertirti che farà molto male."

Marcel scosse il capo incredulo; decise di proseguire senza dar retta a quello che Allison gli stava dicendo. Nella sua mente erano solo un mondo di fandonie inventate da quella tizia un po' stramba venuta fuori dal nulla e che sembrava fin troppo incline al comando.

Aveva fatto un solo passo al di là del muro quando sentì un bruciore fortissimo invaderlo completamente e un suono quasi assordante lo costrinse a piegarsi sulle ginocchia tenendosi la testa tra le mani. Il suono di due spari gli arrivò quasi ovattato mentre il fischio andava scemando e il bruciore passava lentamente.

Allison sospirò rimettendo la pistola nella tasca interna della sua giacca e gli passò accanto superandolo di qualche passo prima di fermarsi e voltarsi a guardarlo.

"Ti avevo avvertito," gli disse allargando le braccia "ora alza il culo e muoviti, non abbiamo tutto il giorno e non ci vorrà molto prima che si accorga di noi."

"Chi?" replicò Marcel rimettendosi in piedi e seguendola a passo deciso. "Chi dovrebbe accorgersi di noi? Questo posto è deserto. Vivo in questa città da secoli e non c'è mai stato nulla qui."

"Sei sicuro?"

"Certo che sono sicuro."

Allison abbozzò un sorriso "Come eri sicuro che quei segni sul muro fossero solo dei murales venuti male?" disse tirando fuori dalla tasca un coltellino. "Dammi la mano."

Marcel decise che non era il caso di replicare al commento sarcastico, in fondo aveva ragione. Allungò la mano con un'espressione perplessa sul viso e la guardò incidere il palmo due volte, profondamente, formando una croce.

"Era per questo che ti serviva il mio aiuto?"

Lei annuì facendo colare l'ultima goccia di sangue dentro un piccolo contenitore cilindrico. "Tu guarisci in fretta, io ci avrei messo ore a smettere di sanguinare."

"A cosa ti serve del sangue?"

La donna tirò fuori dalla tasca un gessetto azzurro e disegnò un cerchio irregolare sull'asfalto. Versò lentamente il sangue fino a formare uno strano simbolo molto simile ad una V e sospirò facendo qualche passo indietro. "Revelant" sussurrò.

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