Capitolo 4

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«Sta... sta accarezzando un cane!» esclamò la signora Marta con entusiasmo e corse ad abbracciarla.


«Devi sapere che fin da piccola Ilenia ha sempre avuto paura dei cani» mi spiegò la madre «E vederla ora giocare con il tuo cane... mi rende felice... ha vinto la sua paura» concluse, guardando Laika e dopo averle dedicato una coccola al cane, prese in braccio Ilenia ed entrarono nella villa, lasciandomi sola con Mattia e Laika.


Mi alzai e fissai Mattia con aria confusa.


«Come mai, ha sempre avuto paura dei cani?» gli domandai.


«Beh... è successo quattro anni fa quando la mia ex ragazza venne a trovarmi. Non sopportava la presenza di mia sorella e si era presentata a casa mia assieme al suo cane. Le disse che se non ci avesse lasciato da soli, avrebbe ordinato al suo cane di morderla» disse Mattia dopo qualche minuto di silenzio.


Lo guardai sconcertata e lui continuò a dire «Tutto questo era successo quando io ero andato in cucina a prendere qualcosa da bere e quando ho notato l'assenza di mia sorella, sono corso da lei che mi ha confessato ogni cosa. Non ti dico quanto ci sia rimasto male. Avevo discusso poi a lungo con la mia ex ragazza e con poche cerimonie, l'avevo cacciata da casa mia, lasciandola ma da allora Ilenia ha sempre avuto paura dei cani e mi sento tuttora responsabile di questa sua fobia».


Rimasi in silenzio. Il volto di Mattia era livido al solo ricordo di quel giorno.


«Non fartene una colpa» dissi infine con un sorriso e lo superai, raggiungendo mio padre.


Il primo giorno lo passai a svuotare la valigia e rimettere i miei indumenti nell'armadio della mia stanza che era situata al primo piano della villa, ma prima di fare tutto ciò, schiusi le tapparelle della porta-finestra e l'aprii in modo che l'aria fresca estiva potesse entrare nella stanza.


Nel tardo pomeriggio i nostri genitori decisero di uscire fuori a farsi una passeggiata mentre Ilenia e Mattia erano usciti fuori nel giardino che stava dietro la cucina a giocare a palla.


Nello stesso piano della mia stanza, c'erano anche le stanze di Ilenia e di Mattia, due studi, uno mio e uno di mio padre e un bagno grande in fondo al corridoio e all'altra estremità del corridoio era situato un salotto molto grande e confortevole, oltre a quello del pianoterra, con due poltrone uno accanto all'altra e un divano a lato, la tv con l'armadietto dei dvd e una libreria ad angolo. Al secondo piano invece erano situate quattro camere da letto matrimoniale dove la occupavano i nostri genitori e un balcone enorme che era collegata alle scale del giardino esterno che portavano poi al campo da golf, al giardino del rinfresco e all'orto della villa.


L'unica differenza tra il salotto del pianoterra e quello del primo piano, era il pianoforte a coda che era situato in quest'ultimo piano. Tempo addietro mia nonna paterna, era solita a suonarmi qualcosa per calmare la mia mente quando mi trovavo in situazioni malinconiche come quando partì Mattia. Mi insegnò a suonare le basi del pianoforte e, tenendo per buono quelle basi, iniziai a inventarmi alcuni brani con vari giri d'accordi e scale per tenere impegnata la mia mente e imparai vari spartiti di livello elevato ma dopo tre anni, venne a mancare e da quel giorno non toccai più il pianoforte.


Al solo ricordarmi il suono del pianoforte, mi ritornò in mente la tristezza che provai quando Mattia non era più con me a giocare come sempre.


Sollevai il coperchio del pianoforte. Era tutto laccato di nero e i tasti del pianoforte erano un po' sbiaditi dal tempo e duri da schiacciare.


Mi sedetti sullo sgabello e schiacciai un tasto, chiudendo gli occhi.


Tanti ricordi si scatenarono nella mia mente. Mi trovai in uno stato confusionale.


Laika entrò nel salotto di corsa e appoggiò la testa sulle mie gambe.


«Vuoi che ti suoni qualcosa?» le domandai con aria assente.


Appoggiai le mani sul pianoforte e sfiorai i tasti con leggerezza. Iniziai a schiacciare i tasti, creando una melodia, associata a vari accordi. Stavo componendo un suono jazz, accompagnandolo con il pedale. Chiusi gli occhi, ispirandomi sempre di più fino a quando non sentii dei passi provenire dal corridoio del primo piano e smisi di suonare.


Mattia si affacciò alla porta del salotto con in braccio Ilenia. Aveva il fiatone e le guancia arrossate dal caldo.


«Tu... tu sai suonare il pianoforte?» mi domandò con stupore.


Lo guardai con aria confusa e gli risposi «Beh si... mia nonna mi insegnò le basi. Ma è da parecchio tempo che non suono quindi sono anche un po' arrugginita».


Fece accomodare Ilenia sul divano e si avvicinò a me, inginocchiandosi accanto a Laika e mi guardò con occhi lucidi.


«Sei bravissima lo stesso. So che il suono del pianoforte ti tranquillizza. Mi ricordo i pomeriggi passati seduti sul divano ad ascoltare tua nonna. Spesso ti addormentavi con un sorriso sulle labbra» disse poi.


Fissai il pianoforte e accarezzai i tasti con le dita.


«Qualcosa mi ritorna in mente di te...» gli confessai dopo qualche attimo di silenzio.


«Non importa piccola... posso suonarti qualcosa?» mi propose.


«Sai suonare?» gli domandai con meraviglia.


«Ho imparato a suonare apposta per te, Selene, perché so che ti rilassa».


A quelle parole rimasi colpita da quel suo gesto e senza dirgli più nulla, mi alzai dallo sgabello, lasciandogli il posto e mi sedetti accanto a Ilenia dove Laika l'aveva raggiunta e teneva appoggiato il muso sulle sue gambe.


«Se ti pesa, dimmelo, ok?» le riferii.


«No anzi, mi piace stare con Laika» mi rispose con un sorriso e accarezzò l'orecchio sinistro della cagna.


Mattia si sistemò sullo sgabello e mi rivolse un sorriso prima di iniziare a suonare qualcosa.


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