Capitolo 24

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Spazio autrice
Sono veramente disperata, scusatemi per l'attesa, ma non riesco più a scrivere come prima. Spero mi perdoniate. Volete che continui la ff aggiornandola quando posso, oppure che la sospenda? Per favore, fatemelo sapere. Vi lascio con questo capitolo lunghetto, spero vi piaccia.
Vi amo tanto per la vostra pazienza♥

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Emma's p.o.v.
-Pronto, Fra?-
La mia amica risponde dopo pochi secondi, allarmata.
-È successo qualcosa? Sei sola?-
Rido nella cornetta, divertita.
-No, sono a casa! Va tutto bene!-
-Aspettami, vengo subito da te, non voglio che Fabio ti trovi da sola.-
Fabio. Cazzo, FABIO! E ora?! Se scopre che ho visto Mattia mi ammazza, peggio dell'altra notte.
Lascio cadere il cellulare per terra, ancora frastornata. I miei pensieri vorticano tutti attorno a Mattia. Ripercorro mentalmente le scene di stamattina, come una moviola.
Mattia... Ludovica... la telefonata...la sua affermazione... io che piango... lui che cerca di spiegarmi... i giudici... e poi di lì è tutto più confuso... immagini vaghe di un ospedale, un medico, delle pillole...
Non ci capisco niente, mi gira la testa. Entro nel salone e mi siedo sul divano, cercando di fare mente locale.
Analizzo bene gli eventi accaduti in mattinata.
Il dolore arriva prima del motivo stesso.
Mattia ha un'altra.
Prima una lacrima, poi due, poi un oceano di pianto.
Il mio cuore si incrina, e cade in pezzi.
Li sento uno ad uno, lacerare la mia anima come coltelli, portandomi ciascuno ad un nostro momento insieme.
Cerco di non scompormi più di tanto, rimanendo seduta sul divano in modo più o meno composto, ma so di star morendo dentro. Eccolo, di nuovo il vuoto. Sono sola, ancora. I polmoni e la gola mi bruciano per il pianto ed i singhiozzi trattenuti a stento. Un dolore ancora più forte si impadronisce di me, travolgendomi completamente: la testa, le mani, il cuore. Rimango immobile, sperando di poter ignorare e rinchiudere nel più remoto angolo del mio subconscio gli occhi verdi di Mattia, quegli occhi di cui mi sono innamorata. Il dolore, però, non si decide a passare. Rimane lì, immobile, a distruggermi ogni secondo di più.
Un fastidioso ed insistente trillo sembra voglia riportarmi alla realtà. Spalanco gli occhi, e allarmata, mi guardo intorno. Ah! Il telefono! Parzialmente fuori panico, cerco il cellulare nella tasca della giacca di pelle che indosso da stamani. La barra delle notifiche non mente mai. Un messaggio da Mattia.
Sono così tentata di scagliare il telefono fuori dalla finestra che, per trattenermi, sono costretta a mordermi con forza il braccio, procurando uno spaventoso livido violaceo alla mia pelle.
Okay, devo darmi una calmata. Diavolo, ho trent'anni, si o no?!
Prendo un respiro profondo, e, con un fazzoletto, mi pulisco il viso dalle lacrime.
Ora, cosa devo fare?
Guardo il telefonino posato a pochi centimetri da me sul divano come se fosse una malattia morbosa.
Lo leggo o non lo leggo?
Sarà una patetica scusa o una spiegazione?
Queste sono le domande che mi frullano nel cervello, e sono quasi convinta di voler ignorare e cancellare il messaggio una volta per tutte, ma c'è quella cosa, un minuscolo puntino di luce bianca visto come un miraggio in un oceano di oscurità, una vocina interiore, quella che tiene in vita le persone. È la speranza. Ecco perché apro l' SMS.
Ho paura di leggere ciò che c'è scritto. Lo so, non potrà mai farmi più male di così, però non voglio che quella lucina sparisca completamente, con il rischio di farmi perdere ancora nel buio che è la mia vita.
Prima di poter prendere un'effettiva decisione, vengo distratta da un rumore che riconosco come lo scatto di una serratura.
Mi alzo in piedi di scatto, pronta a scappare nella mia stanza, ma appena unacresta scura compare davanti a me, sono subito rasserenata.
-Fra!-, le urlo, sollevata.
-Emma!! Stai bene?-.
Corre subito ad abbracciarmi, e mi stringe forte. Io ricambio, sentendomi leggermente meglio.
Alla sua domanda, scoppio nuovamente in lacrime, trovando conforto tra le sue braccia.
-L-lui... lui ha u-un'altra...-. È tutto ciò che riesco a dire, mentre singhiozzo convulsamente.
-Dai, vedrai che non è così. Ti ha mandato un messaggio?-
Annuisco, riluttante. Le passo il cellulare, e lei quasi si mette a saltare per tutto il salone.
-Emmì, leggi.-
Con un sorriso da orecchio a orecchio, mi passa l'apparecchio, e in un attimo vengo pervasa dall'ansia. Abbasso lo sguardo sullo schermo.

"Dobbiamo parlare. Ti amo, Mimma."

Istintivamente, sorrido anch'io. Quel "ti amo" mi infonde una sensazione di calore, e mi rincuora. Solo che "dobbiamo parlare" mi mette ancora più ansia di quanta ne avessi prima.
Senza pensarci troppo, digito:

"Subito dopo la lezione."

Invio. Con lui ho lezione dalle sei alle otto di stasera, quindi tra una pausa caffè e l'altra troveremo il tempo per conversare. Almeno credo.

-Fra, dici che mi ama davvero?- chiedo alla mia amica, guardandola come se attendessi una risposta di vitale importanza.
-Certo, tesoro. Dovessi sapere come mi parla di te...-. Si blocca di colpo, ed arrossisce. Qui qualcosa mi puzza.
-Franci, cosa c'è che non mi hai detto?- indago.
-Ehm... niente!- esordisce, poco credibile.
-Francesca.-
-Okay... okay... te lo dico! Ci sono state alcune volte in cui mi ha chiamata per sapere come stessi...-.
Tiene basso il viso per non farmi vedere che sta sorridendo. Che bastarda!
-Io non ti parlo più, sei licenziata!-
-Daiii!!!-.
Ridiamo insieme, e ci buttiamo sul divano. Smetto solo quando inizia a dolermi lo stomaco.
Lei, di colpo si fa seria, e dice:- Cazzo, Emma. Che ti metterai?-
Il panico scende per un attimo ad aleggiare sulle nostre teste, giusto il tempo che impiego per rispondere:- Un jeans e una maglia...?-
Francesca mi guarda malissimo. Sa benissimo del mio poco interesse per la moda, ed è fermamente convinta di dovermi persuadere a diventare una "ragazza-fashion-come-dovrei-essere".
-va be', dai, andiamo di là.-

Tra una chiacchiera e un paio di jeans che non ricordavo di avere, si fanno le sei meno un quarto, e devo dire che il mio look, scelto nei minimi dettagli dalla mia migliore amica non é niente male. Una t-shirt bianca accompagnata da una camicia di flanella rossa e nera, ed un jeans strappato sulle ginocchia con gli anfibi. Direi che può andare. Velocemente, traccio una riga di matita nera sugli occhi, sbagliando ripetutamente per il nervosismo, e metto un po' di mascara. Di corsa, io e Franci scendiamo le scale e ci infiliamo in macchina alla velocità della luce. Il viaggio è tutt' un' ondata di ansia, dalla playlist musicale ai semafori che sembrano non scattare mai. Quando, finalmente, giungiamo agli studi, mi sento un fascio di nervi. E se ha davvero una ragazza? No, no. Non può essere. Scuoto la testa, cercando di convincermi. Ricevo una carezza sulla spalla dalla mia amica.
-Dai, andrà tutto bene.-
Annuisco, decisa, e scendo dall'auto.
Percorro i corridoi, rammentando la mia esperienza all'interno di "Amici". Riesco a dimenticarmi per un attimo di Mattia, e mi sento subito più leggera. Quando, però, i miei piedi si fermano davanti alla porta della "Sala 3 / canto", sembra che un'incudine mi si sia piantata nel cuore. Deglutisco, poi prendo un respiro profondo.
Apro lentamente la porta, con le mani che tremano.
Eccolo.

"QUEL SORRISO MESSO COME SCUDO"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora