Frozen

2.3K 169 66
                                    

Il pomeriggio seguente all'arresto, Cady chiese una visita a Louis Thompson. Sua madre, seppur propensa a negargliela, fu corrotta dalla promessa della figlia di fare una merenda sostanziosa.

Cady si fece scortare fino alla centrale di polizia.

Da lì, la portarono a Louis, che fissava sconsolato il muro grigio.

Si illuminò appena nel vedere la ragazza, ma la sua gioia venne meno ricordando che lei era il motivo per cui si trovava lì.

- Cosa vuoi Cady? - le chiese.

- Una visita privata con te.

Vennero lasciati soli in una stanza da interrogatorio. Cady rimase in piedi.

- Farò in modo di ritirare la denuncia.

- Se... - indovinò lui.

- Se prometterai di non interrompere la terapia. - sorrise lei.

Conosceva quella parte di lei alla perfezione e ci aveva messo meno di mezzo secondo a capire l'orientamento dei suoi piani.

- Non puoi chiedermelo. Sai che non puoi. - sbottò il ragazzo dagli occhi blu mare.

Cady sentì una opprimente sensazione di solitudine stringerla dentro.

- Lo senti? È proprio qui. - sussurrò, mettendo una mano sul cuore - Mi sta schiacciando.

- Che cosa ti sta schiacciando?

- Mi sento tanto sola, Lou.

Non appariva un lamento. Era la confessione di una tenera bambina smarrita.

- Tu non sei sola, Cady.

- Me lo ripeto anch'io nella mente, ma non basta. Voglio qualcuno che sappia farmi sorridere, qualcuno che sappia asciugarmi le lacrime, qualcuno che mi capisca. Giuro che intorno a me vedo solo il vuoto più totale. E piangere è l'unica cosa che voglio fare.

Aveva la voce più compassionevole che si possa immaginare, rotta dal pianto silenzioso. La calma prima della tempesta.

Una perfetta regina di ghiaccio, che solo l'acqua più fredda e l'aria più calda potevano scaldare poco a poco. Una regina senza corona in testa, ma con la regalità nell'essenza stessa.

- Mi sento tanto, tanto sola! - singhiozzò.

Si resse al petto di Louis e cercò di istigarlo ad avvolgere le braccia forti attorno al suo corpo scosso. Non avrebbe saputo spiegare perché piangeva, che cosa spingeva con tanta insistenza le lacrime giù per il suo caldo viso. Non avrebbe saputo dire perché, in quel momento, desiderava più di ogni altra cosa, pura e semplice comprensione.

Era egoista a tal punto da volere che qualcuno piangesse con lei i suoi stessi dilemmi misteriosi, ed era generosa a tal punto da concedere una volta sola la visione di sé più fragile.

Louis non era una scelta a caso.

Lui l'aveva ascoltata a lungo, pazientemente. Lui conosceva un po' della sua visione della vita. Lui era la persona più vicina all'affetto su cui poteva contare.

E malgrado tutto, quegli occhi color oceano non sapevano confortarla come aveva sperato.

Si chiese se la sua vita potesse mai diventare uno di quei lieto fine che descrivono le storie di tante biblioteche. Forse stava toccando il centro addolorato di una storia felice. Ma la realtà non fu tanto benevola: le fece credere per un attimo nella speranza di un futuro felice, poi le sbatté in faccia ciò che stava accadendo. Non avrebbe conosciuto un lieto fine. Nessuno lo può conoscere. Le era concesso solo un momentaneo sentimento celestiale, che fosse gloria, che fosse sorpresa, che fosse allegria, ma nulla di più. Come tutti, del resto. Chi poteva dire di essere felice?

Cercò con tutte le sue forze di provare a smettere di piangere, ma era più forte di lei.

Il suo concetto di pianto mutò sensibilmente. Non avrebbe più associato le lacrime all'insulsità e la debolezza. Avrebbe semplicemente pensato che il corpo non riusciva a trattenere i dolori dell'anima.

E come avrebbe potuto biasimarla?

Viene insegnato sin da piccoli a riempire quei piccoli vasi traballanti che sono gli occhi umani e a tenerli pieni finché non si può evitare di lasciarli traboccare.

Lei aveva avuto un maestro molto rigido.

Comprese allora che peggio dell'insegnamento, c'era solo l'insegnante stesso. E lei gli avrebbe giurato la negazione di ogni sorriso, di ogni consolazione.

Decise che aveva pianto abbastanza.

- Louis, raccontami qualcosa che mi porti il buonumore.

Lui la guardò allarmato.

Cosa poteva esserci di allegro in un'arresto?

Lei lesse il panico nei suoi occhi e si staccò da lui, riassumendo la sua espressione glaciale.

- Ci vediamo lunedì. - gli disse.

Louis era sul punto di contestare.

- Se non vieni, ti faccio rinchiudere di nuovo. E non scappare da codardo, perché sai benissimo che sarei capace di trovarti. - aggiunse.

Egli rimase zitto, sentì il corpo leggero passargli accanto e inspirò il profumo dei capelli della ragazza, che avevano evitato il suo viso per un soffio. Era buono, buonissimo, come sempre.

***

A scuola solo Seth aveva notato il lieve cambiamento in Cady.

La luce triste della malinconia si rifletteva nei suoi occhi limpidi, e lui, il più acuto osservatore, l'aveva vista.

Riuscì a fermarla fuori dalla scuola, appena svoltato l'angolo dell'edificio.

- Cady!

- Cosa vuoi tu? - rispose lei brusca.

Aveva già problemi da fronteggiare per conto suo, l'interruzione di Seth la infastidì.

- Verresti alla festa di Kate con me?

- Ma sei impazzito? Su quale pianeta credi che mi farei vedere con te?

Seth increspò le labbra. Non se l'aspettava.

- E poi che cavolo ci fai alla festa di Kate Morton? È per gente esclusiva. - delineò, con sprezzo evidente.

- Se hai finito di trattarmi male, vorrei farti presente che hai bisogno di un passaggio. Gli autobus non passano a quell'ora e sei minorenne, perciò è impossibile che tu possa guidare un'auto. - precisò Seth, ricambiando il tono.

Cady lo guardò per un attimo.

- Ci penserò.

Cady (Teen Wolf)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora