Capitolo 2

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Vengo svegliata dal rumore stridulo della mia sveglia.
Infilo la testa sotto il cuscino e cerco di spegnerla, ma la butto per terra.
Si rompe.

Beh se il buon giorno si vede dal mattino, capisco subito che non sarà una delle mie giornate migliori. Mi spingo giù dal letto. Sono le 6.00.
Vado a lavarmi, mi pettino ed indosso dei pantaloncini neri per correre e una canotta grigia.

Esco fuori dalla stanza.
Guardo fuori dalla finestra del corridoio, piove.  
Sbuffando torno in dietro, prendo una felpa verde dall'armadio, mi metto il cappuccio sulla testa ed esco.
La base da fuori può sembrare un collegio ed infatti è per quello che la fanno passare.
È una struttura rettangolare di colore grigio, intervallato solo da finestre bianche.
Non il luogo più allegro del mondo, insomma.

Inizio a correre.
Dopo dieci minuti sono fradicia, ma continuo la mia solita corsa.
Lo faccio da quando avevo sette anni.
Da quando le preoccupazioni che mi pesavano addosso hanno iniziato a tenermi sveglia tutta la notte.
Ora è un'abitudine e non riesco a smettere.

Decido di cambiare la mia solita strada e vado per un sentiero isolato e alberato.
L'odore di pioggia è rinfrescante, peccato che in questo momento io sia gelida.
Poi qualcosa di veloce mi prende in pieno, sento un forte dolore alla gamba.
L'impatto mi spinge per terra. Nel fango.
Impreco ad alta voce e guardo chi e' stato ad investirmi.
Un bambino, sui sette anni.
-Ace quante volte ti ho detto di non correre così!-
Vedo i piedi del ragazzo che ha appena parlato, alzo lo sguardo.
-Chiedi subito scusa!- Ordina al bimbo il ragazzo che ieri avrei voluto picchiare.
Mi guarda in faccia e scoppia a ridere.
-Tu?!- Mi dice.
Lo fisso torva.
-Scusa- mi dice il bimbo con la sua voce acuta.
Lo guardo.
-Mi dispiace tanto se vuoi puoi venire a casa nostra a darti una ripulita- continua.

-Sì, è vero, in più sei tutta bagnata- mi dice il ragazzo di ieri accennando un sorrisetto.
-Dove abitate?- Chiedo con modi non molto gentili.
-Alla fine di questa strada- risponde il ragazzo che poi mi porge la mano -Brian-
Gliela prendo -Dafne-

-Allora vieni?- Continua il bimbo.
Accetto ma solo perché ormai non posso più correre in queste condizioni e la base è troppo lontana.

Quando entro nella loro casa, mi tolgo le scarpe sporche di fango per non sporcare in giro.
Brian mi fa segno di seguirlo.
Sto tremando di freddo.
-Se vuoi posso darti dei vestiti asciutti- mi informa.
Guardo quello che indosso.
I pantaloncini posso asciugarli facilmente, mi basta un phone,ma la felpa...
-Magari una maglietta- gli dico.

Arriviamo al bagno.
Lui apre un cassetto e tira fuori l'asciugacapelli porgendomela, poi esce dal bagno.
Mi tolgo la felpa e aspetto.
Dopo pochi minuti Brian ritorna con una felpa nera che appoggia sul mobiletto.
-Asciugati,se ti serve aiuto sono di là- dice fissandomi.
Questo ragazzo mi mette soggezione, cosa che pochissime persone sono in grado di fare.
I suoi occhi scendono sulla canotta bagnata.

Mi sorride malizioso.

Arrossisco e lui ride.
-Non c'è proprio nulla da divertirsi!- sbotto dandogli le spalle.
Esce dal bagno chiudendo la porta e lo sento ancora di ridere.
Sbuffo e mi guardo allo specchio accendendo il phone.

Quando sono oramai asciutta indosso la felpa nera che mi ha prestato ed esco dal bagno.
Sento un odore di cioccolato.
Seguo quest'odore che mi porta in cucina, dove vedo Brian e il bimbo Ace, che gli somiglia incredibilmente, vicino alla cucina.
Più che altro è Brian vicino alla cucina, Ace continua solo a saltargli intorno.
Dall'odore deduco sia cioccolata calda.
Un pizzico di gratitudine mi sale dallo stomaco e va a fermarsi in gola.
Faccio un passo avanti e Brian si gira.
-Spero ti piaccia la cioccolata calda- mi dice.
Annuisco.
-Guarda che puoi sederti il divano non ti mangia mica-
Seguendo il suo consiglio mi siedo.

Dopo poco vedo Ace che con molta attenzione a non rovesciarla mi porta una tazza di cioccolata calda.
Me la porge sorridendomi.
Gli sorrido a mia volta.
-Oh gente, ha sorriso!- Mi prende in giro Brian con la sua solita faccia insolente.
È  un bel ragazzo.
Mi meraviglio di quanto quel viso mi ispiri schiaffi.
Si siede accanto a me e io per istinto mi faccio più in là.
-Non preoccuparti che non ti salto addosso-
-Se anche mi saltassi addosso saprei come romperti le braccia, quindi non vedo perché dovrei preoccuparmi- dico acida.
-Madonna santa quanto sei scorbutica!-
Non gli rispondo e bevo la mia cioccolata.

Quando ho finito appoggio la tazza sul tavolino.
-Siete fratelli giusto?- Chiedo indicando Brian ed Ace.
Ace annuisce entusiasta del fatto che io me ne sia accorta.
Gli sorrido, è così carino.
Con la coda dell'occhio vedo Brian fissarmi.
-Quando tornano i tuoi genitori?- chiedo ad Ace.

Sento Brian irrigidirsi al mio fianco.
Mi giro. Lo sguardo insolente è sparito, lo sostituisce un'espressione rigida, sembra voglia uccidermi.
Non capisco finchè Ace non risponde con innocenza -La mia famiglia è Brian-
I loro genitori devono essere morti.
Improvvisamente sento un sentimento protettivo nascere nei confronti di questo bimbo che mi ricorda tanto me da piccola ed insieme a questo sentimento cresce anche il desiderio di voler sparire.
Abbasso gli occhi sul pavimento.
-Scusami - sussurro rivolta a Brian senza guardarlo.
-Ace perché non vai a guardare i cartoni di là?-
Vedo il bimbo esultare alla proposta del fratello e sparire.
Non ho il coraggio di guardarlo in faccia.
-Non nominare mai più i genitori in sua presenza- mi dice Brian lapidario.
-Anche io ho perso i miei genitori da piccola- non so perché glielo abbia detto.

Lo sento rilassarsi di più e vedo che l'espressione sul suo viso cambia.
-Abbiamo  anche una cosa in comune visto?- Mi dice amareggiato.
Annuisco e guardo la finestra.
Sembra proprio che non voglia smettere di piovere.
 

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