Capitolo 8

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Ho la sensazione di cadere nel vuoto, poi mi sveglio e mi trovo per terra.
A fatica mi alzo e guardo l'orologio,
le 9.45.
Mi sono stancata di stare qui dentro, esco di corsa dalla stanza e per poco non scivolo dato che al piede ho solo i calzini.

Scendo le scale e chiamo Brian, ma lui non mi risponde.
Continuo a chiamarlo mentre apro le porte della casa, finché non vedo la porta di una stanza che prima non avevo notato.
Incuriosita la apro, quello che vedo è una stanza bianca senza finestre se non due piccoline in alto da dove filtra la luce di metà mattina, i pavimenti sono grigi e i muri bianchi.

Ci sono attrezzi ovunque, in fondo alla stanza trovo Brian girato di spalle intento ad allenarsi con le cuffie nelle orecchie. È un errore dato che abita con suo fratello più piccolo, in caso ci fosse un'aggressione non sentirebbe nulla.
Mi avvicino e gli tocco una spalla, si gira di scatto e poi si toglie le cuffie.
-Che stai facendo?- Mi chiede
-Ti cercavo-
-Per fare?-
-Volevo avvertirti che stavo per uscire poi non ti ho visto e incuriosita mi sono messa a cercarti.- Rispondo.
Poi lui notando che stavo guardando ammirata gli attrezzi mi chiede -Vuoi provare?-

Annuisco sorridente. Mi avvicino all'attrezzo che stava usando lui che consiste nell'aggrapparsi ad una sbarra sollevata e di alzarti con la forza delle braccia, un esercizio che mi è sempre piaciuto fare anche quando mi allenavo all' EXWID.

-Non è alta la sbarra?- Mi chiede dubbioso Brian

-No, non preoccuparti ce la faccio- dico continuando a sorridere con sicurezza. Mi tolgo la felpa, lasciandola cadere per terra e rimango solo con una canottiera bianca.

Saltando mi aggrappo alla sbarra e comincio a fare forza con le braccia. Non so quanto tempo sia passato quando noto la faccia sospettosa di Brian fissarmi. Immediatamente scendo per terra dicendo che mi sono stancata. Non voglio che lui capisca che appartenevo ad un'associazione.

Usciamo dalla stanza. -Se aspetti che  faccio una doccia, dovrei uscire a comprare delle cose anche io- mi dice.
Annuisco, poi lui aggiunge -Perchè intanto non svegli Ace? Mi sta chiedendo da tanto di andare a fare una passeggiata-
-Va bene- dico e corro verso la stanza di Ace.

Quando apro la porta, mi accorgo di provare un senso di nostalgia, la sua stanzetta è estremamente simile alla mia quando ancora abitavo in casa con i miei genitori. Poi alla loro morte la casa venne distrutta.

Mi risveglio dai ricordi del passato e mi avvicino al lettino dove il bimbo sta dormendo. È avvolto interamente nelle coperte, fin sopra la testa. Lentamente gli scopro il viso e lo chiamo mentre lo smuovo delicatamente.

A fatica Ace apre gli occhi e mi sorride saltandomi al collo. Non vorrei che si affezionasse a me, io non posso restare qui a lungo, devo trovare velocemente un'altra sistemazione. Ricambio comunque l'abbraccio che il bimbo mi sta dando.

-Ace, dai preparati che fra dieci minuti dobbiamo uscire- gli dico. Lui euforico salta dal letto e corre a prepararsi.

Mi avvicino al comò alla mia destra e vedo che sopra vi è appoggiata una foto, ritrae Ace, Brian e quelli che sono sicura siano i loro genitori, data la somiglianza spiccicata con la madre, una donna bellissima dai lunghi capelli corvini e gli occhi scuri. È il padre la persona da cui hanno ereditato il colore di occhi , un bellissimo verde acceso. Ricordo che anche mia madre aveva gli occhi chiari. Io purtroppo non li ho presi, mi sarebbe piaciuto averli.

-Che hai?-

Solo ora mi accorgo di Brian, mi asciugo velocemente le lacrime che non avevo notato scendere. Mi sento terribilmente in imbarazzo come se fossi stata colta a fare qualcosa di tremendamente sbagliato.

Non vedendo risposta Brian continua con le sue domande che davvero vorrei non facesse.

-Perchè stavi piangendo?-

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