Capitolo 28

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Il viaggio dura un secondo.
La sensazione è stranissima.

Siamo nei sotterranei della base, l'aria fresca mi fa rabbrividire e il fatto di essere ancora in costume non aiuta.
Logan mi sorride.
-Dai, non fare quella faccia, so che non era poi così importante per te- dice prendendomi il mento.
Mi scosto in modo brusco.
-Che ne sai tu di quello che è importante o no per me?- Rispondo incrociando le mani al petto.
-Ti ho visto ieri sera sai? Mentre ci facevi sesso, a dirla tutta vi ho seguito per tutto il pomeriggio-
-Ci ho fatto l'amore mio caro Logan, il che è diverso-
-Ma sentitela, l'amore!- Dice per poi scoppiare a ridere -Scommetto che non ti è neanche piaciuto- continua.

Finalmente capisco, è geloso.
Allora girando il coltello nella piaga rispondo -Scommetti male, anzi, le sue mani sul mio corpo mi hanno fatta impazzire-
Per un attimo la sua espressione sembra ferita poi riprende a parlare -Qualsiasi cosa è stata, ora lui non vorrà più vederti-
-Lo so, ma tu non prenderai il suo posto, quindi non rallegrarti più di tanto- dico appoggiando la schiena alla pietra fredda della parete.

Lui avvisa che siamo arrivati alla base e dopo cinque minuti in silenzio arrivano altre persone.
-Non sai quello che ti aspetta- dice Logan.
Rabbrividisco.

Vengo portata in una stanza dei sotterranei.
All'interno è tutta bianca.
Vi è solo un letto ed una porta.
Mi viene detto di indossare quello che mi stanno porgendo.
Lo afferro felice di potermi finalmente coprire.

È una tunica, se così vogliamo chiamarla, senza forma che arriva appena sopra al ginocchio.
Sembra un sacco a cui hanno fatto dei buchi per farmici infilare le braccia.

-È comodo- dico sorridendo, non voglio dare soddisfazione a questa gente.
-Sono contento che ti piaccia, sarà l'unica cosa che indosserai per un bel po' di tempo- detto questo le persone vestite di bianco escono chiudendomi dentro quella stanza.
Mi guardo intorno.
La stanza è alta quasi tre metri e larga cinque.
In alto nell'angolo destro c'è una telecamera. Saluto sorridendo.

Vado verso la porticina e la apro.
Un bagno. Una tazza, un lavandino ed una doccia.
Guardo in giro niente telecamere.
Chiudo la porta.
Mi siedo sul pavimento, ho bisogno di piangere e voglio farlo senza telecamere che mi fissino.

Quando ho finito mi faccio una doccia per togliermi il sale da dosso.
Rimetto la tunica.
Esco e vado a sdraiarmi sul letto, non so che ore sono, non ci sono orologi.
Assenza di tempo, una delle basi della tortura psicologica, ti fa sentire un pazzo ancora prima che loro inzino a torturarti.
Sto per addormentarmi quando qualcuno entra nella stanza.

Altra gente vestita di bianco mascherata.
Mi prendono ai lati delle braccia ed usciamo.
Mi mantengono come se io potessi cercare di scappare.

Arriviamo in una stanza al cui centro vi è un lettino.
Mi fanno sdraiare e mi legano i polsi e le caviglie.
Poi mi bagnano le tempie con un liquido e allora capisco.
Elettroshock.
Mi appoggiano alla testa il macchinario.
Faccio appena in tempo a stringere il lettino con le mani che la scarica di corrente mi attraversa il corpo più e più volte.

Quando finiscono ho i muscoli che bruciano e mal di testa.
Le persone che mi hanno accompagnato cercano di aiutarmi a camminare convinti che io non ce la faccia.
Li spingo via alzandomi da sola, servirà molto più di questo per abbattermi.
Quando arriviamo nella stanza bianca uno di loro dice -Dormi stanotte che domani sarà una brutta giornata-
-Bene, non vedo l'ora- rispondo andando a letto.

Il giorno dopo un suono stridulo che echeggia nella stanza mi sveglia.
Mi alzo dal letto.
Qualcuno deve avermi portato la colazione.
Guardo il vassoio per terra.
Un bicchiere d'acqua.
Alzo le spalle, almeno posso bere.

Dopo un po' arrivano ancora quelle persone.
Stavolta vengo portata in un'altra stanza.
Riconosco subito il monitor e il liquido nella siringa.
Siero della paura.

Attraverso gli scenari per cinque volte.
A quelli già esistenti si è aggiunto quello in cui io vengo messa a guardare come uccidono Brian.
Quando ritorno alla realtà, sono esausta.

Stavolta vengo portata in una stanza dove vengo legata su una sedia.
Qualcuno mi prende a pugni.
Non dico una parola.
Quando ha finito ritorno in stanza.

È arrivato il pranzo.
Una pagnotta di pane e un bicchiere d'acqua.

Appena finisco di mangiare vengono a riprendermi e mi accompagnano in un'altra stanza dove c'è una vasca.
Simulazione di annegamento.

Infine vengo riportata alla stanza dell'elettroshock.

La cena consiste in una mela ed un bicchiere d'acqua.

Il giorno seguente si svolge allo stesso modo e quello dopo e quello dopo ancora.
È un ciclo e segue sempre lo stesso ordine.

Una settimana dopo sono distrutta.
Logan viene a farmi visita.
Porta con sé un carrello su cui vi è un televisore.
Senza dire niente infila un CD.
Fa partire un video e poi si siede sul letto al mio fianco.
Il video racconta la storia dell'EXWID.
Tutte le sue imprese.
Una per una.
-Credo che la tortura peggiore sia questa- dico sapendo di farlo incazzare.

Mi dà un pugno sul naso.
-Traditrice, chi ti ha detto di parlare?-

Tolgo le mani dal viso.
Gli afferro il collo.
Cadiamo per terra e io sono sopra di lui.
Stringo. Stringo con tutte le mie forze.
Non sono io in questo momento.
So che fra poco qualcuno verrà e riceverò una doppia tortura magari. Non importa, perché l'espressione in questo momento di questo pezzo di merda non ha prezzo.

Poi come già sapevo qualcuno mi strappa via da Logan.
Non ho sentito arrivare nessuno.
Avevo le orecchie otturate dalla mia rabbia.
Vengo portata nella stanza dove vengo legata alla sedia.
Stavolta non c'è nessuno.
Dopo un po' arriva Logan ed è lui per una volta a fare il lavoro sporco.

Per i giorni successivi c'è lui in tutte le stanze.
I lividi sul collo sono quasi scomparsi dopo quattro giorni, ma devo avergli causato danni alla trachea dato che ha ancora la voce rauca.

Alla fine della terza settimana so che tra un po' crollerò.
Crollerò e non posso farci niente.
Sono dimagrita tanto.
Spesso mi rendo conto che le mie mani tremano.

Alla fine della quarta settimana ho mal di testa continui e tremo.
Non solo le mani.

Se dovrò sopportare questo supplizio un altro giorno impazzirò.
Non è un presentimento. È certezza.

La mattina del primo giorno della quinta settimana viene a prendermi Logan.
Mi accompagna fuori dalla stanza.
Ma non andiamo in quella del siero della paura. Né in quella dove vengo picchiata. Né dove simulano l'affogamento. Né in quella dell'elettroshock.
Semplicemente mi porta al piano di sopra.
Nella mia vecchia stanza.
Se ne torna da dove è venuto senza dire una parola.

Credono di aver vinto, di avermi piegata al loro volere.
Si sbagliano. Dio, quanto si sbagliano.

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