Capitolo 17

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Mi giro e rigiro nel letto senza riuscire a dormire, sono arrabbiatissima.
Ho la nausea e mi fa male la testa.

Sento il portoncino al piano di sotto aprirsi.
Mi alzo e corro giù trovando Sara, Marcus ed Ace appena tornati.
Brian è sul divano.
-Potevate avvisare che ve ne andavate!- Dice Sara.
Io la ignoro e dico -Domani andremo a casa tua, è arrivato il momento di raccogliere le informazioni, non correremo troppi rischi ora che siete abbastanza allenati.-
Sara e Marcus sembrano sconvolti per la notizia appena ricevuta.

Brian mi ignora continuando a guardare il vuoto avanti a sé, poi senza muoversi dice -Per me non sono pronti-
- E grazie al cazzo! Ultimamente non sei mai d'accordo con quello che dico-
-Non sono io quello che fa saltare gli allenamenti per incontrare gente.-
Cammino e mi metto avanti a lui.
-Prima cosa gradirei che mi guardassi quando mi parli, come ti ho già detto, o magari pensi che io non sia degna di essere guardata dai tuoi meravigliosi occhi verdi?- dico l'ultima frase con disprezzo, nonostante il complimento sia sincero.
Mi guarda.
-Contenta? Ma continuo a pensare quello che ho detto.-
Non gli rispondo, afferro il mio cappotto dall'appendiabiti e mi dirigo verso il portoncino, prima di aprirlo dico -Se sto altri dieci secondi sotto il suo stesso tetto finisco col picchiarlo- dico riferendomi a Brian.
Me ne esco e mi alzo il cappuccio sulla testa.

Mentre cammino mi mordo il labbro inferiore.
Non so quanto tempo passi prima di rendermi conto che non so dove sto andando, le strade in campagna sono tutte uguali e io non ho preso punti di riferimento. Impreco ad alta voce, tutta colpa di quell'idiota di Brian.

Invece di tornare indietro continuo a camminare finché non raggiungo un posto che conosco, il lago dove siamo stati questa sera. Mi siedo per terra rabbrividendo per il freddo.
Qualcosa di gelido mi si poggia sulla punta del naso, alzo gli occhi. Neve.
Sta nevicando. Sorrido allo spettacolo e appoggio la testa sulle ginocchia.

Mi sto quasi addormentando quando qualcuno mi tocca la spalla.
Mi giro immediatamente.
Un uomo sulla trentina, con gli occhi arrossati e una puzza di alcool addosso incredibile.

Mi sorride e io scosto la spalla da sotto la sua mano alzandomi.
-Come ti chiami ragazzina?-
-Non credo debba interessarti.-
-Dai non fare la misteriosa- dice avvicinandosi.
Mi porto la mano alla tasca dove avrei dovuto avere il coltello, ma nella fretta non l'ho preso. Errore da principiante. Maledico per la milionesima volta Brian.

L'uomo è alto e robusto.
Ha la testa rasata e una lunga cicatrice sul volto.
Allunga una mano e arriva al mio collo. Mi ritiro indietro e mi accorgo appena del pugnale che aveva nell'altra che mi taglia sotto le labbra. Sento il sangue caldo gocciolarmi dal mento.
Ho bisogno di una via di fuga, ora.

-Non aver paura, non voglio farti niente, vieni con me ci facciamo solo un giretto.-
Dice fendendo nuovamente l'aria con il coltello, stavolta senza sfiorarmi.
Riesco a bloccargli il polso, ma lui invece di lasciar cadere l'arma gira la lama verso il mio braccio piantandomela nel polso.
Ritiro il braccio e il coltello cade,mi avvento sulla lama un momento prima di lui, lo prendo e riesco a scansarmi appena in tempo dal pugno dell'uomo.

Nonostante sia ubriaco, nelle sue movenze c'è tecnica,deve essere addestrato, ma stavolta io sono armata.

Viene verso di me e mi si lancia addosso, cado per terra finendo schiacciata da qualcuno che pesa minimo il doppio di me. La botta mi fa boccheggiare per qualche secondo in cerca di aria.
Quando finalmente riesco a riprendere il controllo del mio sistema respiratorio mi rendo conto di cosa sta dicendo il mio aggressore. Ripete sempre la stessa frase, canticchiando.
-ora ti faccio mia tesoro, ora ti faccio mia-

Il sangue mi si gela nelle vene e con le mani cerco il coltello che nella caduta mi è scivolato.

L'uomo di cui ancora ignoro il nome, infila una mano sotto la mia maglia e stringe quando trova il mio seno facendomi male.
Rimango pietrificata. Una sua mano scende invece sul mio sedere mentre con la bocca si avventa sul mio collo.
Sono incapace di muovermi.

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