Capitolo 29

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Seduta sul mio vecchio letto, nella mia vecchia stanza mi guardo intorno. Tutto questo non mi appartiene. Non mi appartiene per niente.

Mi alzo e vado in bagno. Mi guardo allo specchio, vedo un corpo che non è il mio. 

Sembra quello di un cadavere, eppure, non sento niente. Nessun dolore alla vista di ciò che mi è stato fatto.

Tolgo la tunica con movimenti lenti e calcolati. Apro l'acqua della doccia e senza aspettare che arrivi tiepida, mi ci butto sotto.

Un getto di acqua gelida mi colpisce le spalle. Continuo a non sentire niente. Questo vuoto di sensazioni sia fisiche che psicologiche dovrebbe spaventarmi, invece, non lo fa.

Quando esco mi avvolgo in un' asciugamano bianco. Mentre mi spazzolo i capelli osservo le mie labbra viola. 

Un flashback  mi aggredisce la mente riportandomi a venti giorni fa, quando un calcio mi ha colpito le costole. Il dolore era stato così forte che avevo temuto di essermi rotta qualcosa. Non è stato così. Si formò solo un grande ematoma dello stesso colore delle mie labbra.

Il mio viso non cambia espressione mentre continuo a spazzolare i capelli oramai perfettamente districati.

Apro l'armadio. È pieno di panni. Molti nuovi.
Mi vesto e mi rendo conto che la tunica ormai era per me come una seconda pelle.

Esco dalla stanza. Vado verso la biblioteca. Mentre attraverso i corridoi sento gli occhi della gente su di me. Guardo diritto fino a quando non arrivo a destinazione.

La grande stanza sembra vuota. Giro per i corridoi creati dai grandi scaffali che sorreggono i libri.

Qualcosa mi salta all'occhio. Un libro nella sezione psicologia intitolato "Persuasione mentale e torture psicologiche".

Apro il libro e leggo la prima pagina.

"La tortura non ha una soglia. I suoni, le voci, gli odori, le sensazioni riverberano molto tempo dopo che l'episodio si è concluso – sia negli incubi che nella veglia. La capacità della vittima di fidarsi di altre persone – per esempio, supporre che le loro motivazioni siano almeno razionali, anche se non necessariamente benigne - è stata irrimediabilmente compromessa. Le istituzioni sociali sono percepite come precariamente in bilico. Nulla è più sicuro né credibile.

Le vittime di solito reagiscono con un comportamento che può andare dall'intorpidimento emotivo ad  una maggiore eccitazione: deficit insonnia, irritabilità, irrequietezza, e disattenzione

In poche parole, le vittime di torture soffrono di un disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Si sentono ansiosi perché il comportamento del torturatore è apparentemente arbitrario e imprevedibile – o meccanicamente e disumanamente regolare."

Meccanicamente e disumanamente regolare. Ogni giorno era sempre la stessa cosa. Sempre lo stesso ordine.

Vengo riportata alla realtà dai miei pensieri da una mano appoggiata sulla mia spalla.

Mi giro di scatto ed i miei occhi incontrano quelli castani di un uomo di mezza età. Charles, vecchio amico dei miei genitori, mi ha aiutato quando ero una bambina.

Senza dire una parola continuo a guardarlo.

-Va... Va tutto bene?- Mi chiede, sembra sull'orlo di piangere. Non rispondo, non voglio parlare. Ho smesso di farlo circa dieci giorni fa.

Mi giro e ritorno al libro.

 -Capisco che tu non abbia voglia di parlare, ma vorrei che mi ascoltassi- mi dice.

Chiudo il libro, ma non lo poso. Mi giro verso di lui che mi fa segno di seguirlo verso un tavolino.

Si siede e mi indica la sedia vicino a lui. Mi siedo in quella più lontana da lui.

Sospirando annuisce.

Appoggio il libro sul tavolo e mi ci appoggio sopra con i gomiti e lui inizia a parlare.

-Non sai, mia cara Dafne, quanto io sia dispiaciuto di quello che ti è successo- dice parlando sottovoce.

-In questo periodo la certezza di aver deluso i tuoi genitori mi ha perseguitato giorno e notte e continua ancora a farlo.- continua.

-Sono stato un vigliacco, non ho tenuto fede alla promessa che feci a tua madre e a tuo padre, io avrei dovuto proteggerti e ho avuto paura, vorrei solo che mi perdonassi-

Senza dire niente continuo a fissarlo, non capisco perché si stia scusando con me. Non è mica colpa sua tutto ciò che è successo, so che sarebbe stato incapace di fare qualsiasi cosa da solo.

Stavolta mi guarda anche lui e io noto che non fa altro che rigirarsi le mani fra loro. 

Lo facevo anche io nei primi giorni di tortura.

Il suo sguardo speranzoso non suscita in me nulla. Niente ora mi fa provare qualcosa. Così mi alzo, prendo il libro e me ne vado. 

Con la coda dell'occhio vedo delle lacrime scendere sul suo viso. Peccato non sappia che io non ce l'ho con lui minimamente. 

Con passi lenti esco in corridoio. È mezzo giorno e vado verso la mensa.

Faccio la fila con il libro che ho trovato, ancora stretto in mano.

Tutti mi fissano, non uno in meno.

Arrivato il mio turno, prendo del riso e una fetta di torta a cioccolato.

Mi siedo nel tavolo alla fine della mensa e mentre mangio continuo a leggere il libro.

"Ma, più spesso, continui tentativi di reprimere ricordi paurosi si traducono in malattie psicosomatiche (conversione). La vittima vuole dimenticare la tortura, per evitare di rivivere la vita in pericolo di abuso e tende a proteggere il suo ambiente umano dagli orrori. In concomitanza con diffidenza pervasiva della vittima, questo è spesso interpretato come ipervigilanza, o addirittura paranoia. Sembra che le vittime non possono vincere. La tortura è per sempre."

Qualcuno si siede al mio tavolo. Alzo gli occhi sono Lasly e Mike.

Lasly con le lacrime agli occhi corre ad abbracciarmi. Non ricambio e quando si stacca sono turbata.

Così per calmarmi dondolo sulla sedia. 

Inizia con un fiume di parole riguardanti quanto sia stata male, quanto abbia sofferto.

Ma io non la sento. Le sue parole vengono sovrastate dalle grida nella mia testa che l'accusano, l'accusano perché lei sarebbe potuta intervenire, avrebbe potuto fare qualcosa in quanto amica di Logan. Lei che è stata per me come una sorella maggiore, non ha mosso un dito.

Così le urla nella mia testa continuano mentre lei continua a sproloquiare e io continuo nel mio dondolio ossessivo.

Mi chiede qualcosa ma io non la sento. Anche Mike mi chiede qualcosa, ma continuo a non sentire.

Le urla si interrompono quando un quarto si aggiunge al tavolo sorridendo.

Logan.
Parla con gli altri come se nulla fosse successo.

Dice a Lasly che va tutto bene, che ora sono guarita e che non sono più una traditrice e io vorrei urlare, vorrei piangere urlare e buttare tutto in aria. Vorrei dire che niente va bene. Niente di niente.

Invece semplicemente finisco di mangiare il mio riso e la mia fetta di torta e senza dire niente, mi alzo prendo il mio libro e me ne vado sotto gli sguardi attoniti di Lasly e Mike.

Sento Logan dire -È solo scossa-  

Me ne torno in camera. Poso il libro per terra e mi siedo al suo fianco. Resto così  fino a sera. Poi vado a dormire. 

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