Capitolo 30

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Sono passati già venti giorni da quando sono ritornata al mondo normale. Ho iniziato ad andare ad allenarmi di nuovo. Passo ore in palestra, poi quando ho finito mi dirigo in biblioteca e la mia giornata passa così. Charles sembra aver compreso i miei orari, perché ogni volta che arrivo lo trovo seduto ad un tavolo. Io mi siedo allo stesso. Lui mi parla ma io non rispondo.

Oggi quando arrivo in biblioteca Charles mi sorride ed io vado a sedermi a quel tavolo.

-Devo dirti una cosa- mi sussurra facendo finta di leggere.

Capisco che non si tratta delle solite cose che racconta per far passare il tempo, così mi avvicino a lui.

-So che in questi mesi che sei stata via, ti sei affezionata ad un ragazzo, Brian Hill.-

Il suono di quel nome mi provoca dolore al petto e il mio respiro si fa più veloce.

-Ho pensato che avrebbe potuto farti piacere sapere qualcosa di lui, così mi sono dato da fare, ma ho solo scoperto che l'altro ieri si è picchiato con un ragazzo-

La mia testa elabora il nome Thomas e per esserne sicura faccio cenno a Charles di continuare.

-Pare che fosse un uomo sui trent'anni, biondo con una cicatrice sul volto, un ex marine-

Il nome di Thomas scompare, è sostituito dalla faccia dell'aggressore senza nome sul lago.

E allora ricordo le sue parole, le parole di Brian: "ti giuro che prenderò questo stronzo, lo prendo e lo picchio a sangue, non lo ucciderò, ma quando avrò finito, credimi preferirà che lo avessi fatto"

Non so come abbia trovato l'uomo e non mi interessa, lui ha mantenuto la sua promessa.

Prima che possa rendermene conto sul tavolo cade una lacrima.

Sembra che siano passati anni dall'ultima volta che ho pianto. Mi accorgo che il ricordo di Brian era stato nascosto dalla mia mente, represso in chissà quale camera del cervello, ma c'era e c'è sempre stato. Brian non può essere nascosto nè dimenticato, per quanto possa provarci non mi sarà possibile.

Così mi abbandono ad un pianto liberatorio, senza singhiozzi o sobbalzi, niente rumori, solo lacrime. L'ultima volta che piansi fu nella stanza bianca, prima che mi sottoponessero alla prima tortura. Da lì in poi non ho più pianto, fino ad ora.

Appoggio la testa al tavolo,Charles non fa nulla ma sento il suo sguardo su di me.
Quando smetto di piangere lascio la testa lì, osservo il tavolo e le venature più scure del legno.
Dopo un tempo che pare infinito, Charles si alza, mi dice che se ho bisogno di qualsiasi cosa lui è lì, poi va via.

Ora nella biblioteca non c'è nessuno.
Molto lentamente mi alzo e giro per l'enorme stanza.
So che ci sono telecamere.
Ci sono telecamere ovunque in questo edificio.

Quando mi siedo per terra e mi appisolo sono le 8.30 di sera.
Vengo svegliata da un rumore, una specie di ticchettio, ma più forte.
Guardo l'orologio, sono le 2.30 del mattino.
La biblioteca è illuminata solo dalla flebile luce della luna che passa attraverso le grandi vetrate.

Mi alzo da terra e cerco di capire da dove proviene il ticchettio.
Mano mano che cammino il rumore è sempre più forte.
Fino a quando non arrivo ad uno scaffale appoggiato al muro.
Il rumore è lì dentro.

Mi ci appoggio con la schiena e spingo quanto basta per rendere visibile un'entrata che dà su un corridoio illuminato da una luce azzurrognola.
Cercando di fare meno rumore possibile lo attraverso.
Alla fine ci sono delle scale, le scendo.

Arrivo ad una porta socchiusa.
Mi sporgo per vedere cosa c'è oltre.
Quello che vedo è un'immagine orribile.

Mi porto una mano alla bocca mentre osservo corpi di bimbi sdraiati su dei lettini.
Sono pallidi e delle persone stanno somministrando loro qualcosa.
Il ticchettio è dovuto ad un macchinario che vigila sul loro battito cardiaco.

Indietreggio di un passo e vado a sbattere contro qualcosa.
Mi giro e vedo Logan.

Mi mette le mani sulle spalle e avvicina la sua bocca alle mie orecchie e mi sussurra -Vogliono creare il combattente perfetto, qualcuno senza punti deboli né imperfezioni-
Rabbrividisco.
-Se ti spaventa questo non posso immaginare che farai quando vedrai quello che c'è nella stanza dopo.- continua.
Lo fisso e lui mi sorride. La luce che si riflette sul suo viso lo rende inquietante.

Mi fa segno di seguirlo ed io lo faccio, ignorando completamente la vocina nella mia testa che mi dice di tornarmene indietro.

Arriviamo davanti ad una porta chiusa.
Quando Logan caccia le chiavi, capisco che in questo periodo deve aver raggiunto un posto importante nell'associazione.
Apre la porta ed entriamo. È tutto buio.
Immediatamente un odore nauseante mi investe.
E prima che possa capire di cosa si tratta Logan accende la luce e i miei occhi vedono la risposta.
Odore di morte.

Cadaveri di bambini morti sono ammassati in un angolo uno sull'altro.
Alcuni sono viola, altri presentano già inizi di decomposizione.

Esco di corsa dalla stanza, appoggio una mano alla parete e vomito.
Logan mi accarezza i capelli e io bruscamente lo sposto.
-Sono i bambini che non sono sopravvissuti agli esperimenti, altri sono stati già smaltiti. Sono quelli non adatti ad un futuro di perfezione e gloria-
La pazzia nei suoi occhi è talmente evidente che mi paralizza.
-Sei diventata debole, Dafne. Sei troppo debole ora-
Vorrei dirgli che non si tratta di debolezza, ma di umanità.
Invece scuoto solo la testa e lui mi dice che è ancora presto perché io possa capire.

Mi riaccompagna in stanza ed io ho ancora la puzza di cadavere impressa nella pelle, così mi faccio una doccia.

Ripenso a quello che mi ha riferito Charles.
Mi tocco il collo dove manca la collanina che Brian mi regalò.
Il giorno che siamo andati in spiaggia l'appoggiai sul comodino della stanza dove dormivo per paura di perderla.
Vorrei tanto averla con me ora.

Quando apro l'armadio non trovo il pigiama, così sposto tutti i panni.
Qualcosa mi salta all'occhio.
Una felpa.
Una felpa nera.
La la felpa nera che Brian quel giorno di pioggia mi prestò perché la mia era bagnata.
Ricordo che nella fretta dimenticai di portargliela.

La prendo e un sorriso mi spunta sulle labbra. La indosserei se non fosse per il caldo torrido di giugno.
Così semplicemente mi limito a dormirci a fianco e, per la prima volta da quando sono ritornata qui, mi sento al sicuro.

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