Capitolo 22

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Ritorno in me. Siamo sulla strada che porta alla casa.
Sono salvi e io sono grata a chiunque sia lassù di averli fatti arrivare qua.

Muovo leggermente la gamba e subito il dolore si risveglia.
-Sta ferma- dice Brian dolcemente.
Appoggio la testa alla sua spalla incapace di fare altro.

Chiudo gli occhi stanca e ho la certezza di aver perso parecchio sangue.

Quando arriviamo a casa sento Brian dare ordini, ma credo di essere troppo stonata per capire bene.
Vengo sdraiata per terra su un lenzuolo.

Sento il suono della fiammella dei fornelli e un rumore metallico.
Poi Brian si avvicina.
E sento dolore. Tanto dolore. Quanto basta a riportarmi alla realtà il più velocemente possibile.

Ora sono lucida fin troppo.
Ho la testa sulle gambe di qualcuno.

Hanno tagliato i jeans per facilitare le cose e, finalmente, riesco a vedermi la ferita.
Un buco da cui scorre sangue così scuro da sembrare nero.
Sangue venoso, nessun'arteria colpita.

Sento il coltello bollente nella ferita. Brian sta cercando di tirare fuori il proiettile e spero faccia in fretta. Inarco la schiena e Marcus cerca di tenermi ferma.
Sono tutta sudata.
Mi sono morsicata il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.

Un'altra fitta di dolore, un'altra ancora e poi vedo le mani, ricoperte dal lattice dei guanti, di Brian mantenere qualcosa di metallo. Il proiettile.

Riconosco un calibro 22, appuntito.
Poi qualcosa di fresco e allo stesso tempo bruciante viene messo sulla ferita da Sara. Disinfettante. Il sollievo è tale che mi riaddormento.

Quando mi sveglio per la seconda volta sono nel mio letto.
Affianco a me c'è Sara ed io ho caldo.
Glielo faccio notare.
-Meglio, significa che sta scendendo la febbre- dice.
Scuoto la testa.
-Ho terribilmente caldo,mi sento di andare a fuoco-
Fa una faccia allarmata e misura la mia temperatura corporea.
-La tua temperatura è di quarantuno - dice nel panico e io  vorrei dirle di calmarsi perché non fa altro che mandarmi in ansia, ma avverto la bocca impastata e la gola secca.
Mi lecco le labbra screpolate ed avverto l'improvviso bisogno di bere.
-Ho sete-
-Vado a prendere una bottiglia d'acqua.-

Quando ritorna è in compagnia di Brian e Marcus.
Brian mi si avvicina e mi aiuta ad alzarmi per bere.
Bevo i primi sorsi velocemente e lui mi ammonisce dicendomi di bere piano. Scopro presto il perché.
Allontano subito l'acqua sentendo il dolore alla lingua gonfia, segno di disidratazione.
Oltre al sangue devo aver perso molti liquidi.

-Dafne, sei tutta sudata- mi fa notare Marcus.
Mi tocco il collo bagnato.
Brian strizza un panno bagnato e me lo appoggia sulla fronte, poi dice a Sara e Marcus che resta lui per ora.

Dopo un po' di tempo vedo una sagoma nera avanti a me.
-Brian, chi c'è?-
Leggermente suggestionato si guarda intorno.
Poi dice -Dafne, è la febbre, non c'è nessuno-
In risposta la sagoma si avvicina posizionandosi al lato del letto opposto a quello dove si trova Brian seduto.
Mi avvicino alla sua sedia cercando di allontanarmi da qualunque cosa sia.
-Brian...- dico e lui mi stringe la mano.
-Se chiudi gli occhi scompare, Dafne devi riposare-
Seguo il suo consiglio.

Mi addormento velocemente.
Quando mi sveglio nuovamente sono le 3.00.
Brian non è al mio fianco.
Sento qualcosa strisciare sulla mia pelle e avverto un bisogno irrefrenabile di togliermi le bende.
Lo faccio.
E quello che vedo mi rimarrà sempre nella mente.
Vermi. Vermi che banchettano sulla mia ferita. La mia gamba viola sembra in stato di avanzata decomposizione.
Urlo.

Brian corre nella mia stanza allarmato.
Io scoppio a piangere.
-Ero in bagno,cosa c'è?- Mi chiede.
-Toglimeli, toglimeli- dico fra i singhiozzi.
Lui si avvicina e vede le bende strappate.
-Come hai fatto a...- Chiede stupito.
-Brian levali!- Urlo continuando a piangere.
-Dafne, non c'è nulla-
-I... I vermi-
-Non ci sono, non c'è niente se non la tua ferita-

Guardo la mia gamba e vedo che realmente non c'è più niente.
Brian va a prendere nuove bende e mi rifascia la ferita.
Poi mi misura la febbre.
Lo vedo passarsi una mano nei capelli esausto, segno che è preoccupato.
La febbre non è ancora scesa.

Vorrei dormire ma non ci riesco.
Mi sento andare a fuoco e il dolore alla gamba è fortissimo.

-Brian, la gamba...- Dico non riuscendo più a sopportarlo.
-Ora vado a prendere qualche antidolorifico-
Ritorna con una siringa riempita di un liquido verde.
Mi aiuta a sedere e dice che non devo muovermi.
Accende la luce.
Mi porto un braccio alla faccia per coprire gli occhi oramai abituati al buio.

Quando è passato lo guardo. Mi prende la mano ed alza la manica della mia maglia scoprendo le vene verdi che si intravedono in contrasto con la pelle bianca.

Passa il pollice più volte sulla piegatura del gomito.
Quando ha trovato la vena che cercava infila l'ago e preme lo stantuffo fermandosi a metà.
-Perché ti sei fermato?-
-Ho paura che la dose intera sia troppa per te- dice estraendo la siringa.
Esce una piccola gocciolina di sangue che asciuga con dell'ovatta.
Mi sdraio nuovamente e lui mi sistema le coperte, poi spegne la luce e stavolta cado in un sonno più profondo.

Quando mi sveglio di nuovo sono le due del pomeriggio.
Al mio fianco c'è Sara e sull'altra sedia c'è Ace che mi guarda dondolando le gambette.
Mi metto a sedere. Deve essermi scesa la febbre.
-Vuoi mangiare qualcosa?- Mi chiede Sara e io annuisco.
Lei fa per andare a prendere qualcosa ma io la fermo.
-Voglio scendere-
-Dafne, è complicato farti scendere-
-Voglio scendere- dico imperterrita.
-Va bene, chiamo Marcus per farmi dare una mano, aspetta.-

Dopo pochi minuti come promesso arriva Marcus.
Mi siedo sul letto e facendo forza su una sola gamba mi alzo.
Marcus mi mette un braccio in vita e camminiamo con estrema lentezza.
Arriviamo alle scale e le scendiamo con lentezza superiore a quella del normale cammino.
Penso che mi farò vecchia nel frattempo.

Finalmente arriviamo e mi siedo a tavola.
Ogni singolo movimento è una tortura, poi ricordo il perché sia stata sparata e pensare a Brian vivo mi allevia il dolore. Il mio primo omicidio.
Cerco di smetterla di pensarci, prima o poi sarebbe capitato.

-Dov'è Brian?- Chiedo mangiando la mia fetta di pane con la marmellata.
Sento un'irrefrenabile voglia di dondolare le gambe e il senso di impotenza mi innervosisce.

-Sta dormendo- mi dice Ace.
Non ha smesso di fissarmi da quando mi sono svegliata.
Lo guardo a mia volta aspettando che parli.

-Ti fa tanto male la gamba?- Chiede.
Gli sorrido.
-Un po', ma niente di grave-
Effettivamente mi sarebbe potuta andare peggio, con un proiettile del genere se avesse preso l'osso a quest'ora mi sarei ritrovata con un osso spappolato.

Guardo fuori dalla finestra, il cielo è grigio e probabilmente tra qualche ora pioverà.

Quando Ace propone un gioco è ormai passata mezz'ora da quando sono scesa.

Accetto di giocare con le sue carte ''magiche'' e lui contento va sopra a prenderle.

Quando riscende è in compagnia di Brian, deve averlo svegliato.
Ha la faccia assonnata e buffa e io scoppio a ridere.

-Vedo che ti senti meglio- nota.
Annuisco sorridendo.
Mi si avvicina ed appoggia le labbra sulla mia fronte.
-Non hai più la febbre- annuncia soddisfatto.
-Ora vorrei solo andare a fare un bagno- dico.
Brian si gira di scatto.
-Non permetterti, la ferita è troppo fresca!-
-E allora la ferita comincerà a rimarginarsi fra tre mesi ed io mi laverò fra tre mesi? Puoi scordartelo-
-No, la coprirai con del cellophane, ma aspetta almeno domani-
Ed io annuisco leggermente contrariata.

Un quarto d'ora dopo si sente un fortissimo tuono e subito dopo lo scrosciare della pioggia.

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