Sto rimanendo indietro con la storia, lo so, e siccome non so bene come continuare, ho preferito scrivere un momento mancante della storia, che risale a prima dell'inizio di Vecchi "amici".
Spero che sia di vostro gradimento."Non sai quante volte ho pensato ad una lametta nel mio braccio"
MARCO POV. 3 anni prima...
Sono steso nel divano. Luca è partito perfettamente da 307 giorni e lo so con certezza perché ho contato i giorni in cui mi mancava. Penso spesso a lui, e lo faccio anche adesso, perché ormai è nella mia mente e il suo nome è ripetuto circa 70 volte sulla lista dei miei desideri. Insieme al suo nome, c'è anche scritto che desidero ardentemente che torni, ma non tornerà. Torna solo nella notte, passa da casa mia per infestare i miei sogni, e per rimanere nei miei pensieri L'indomani. Cerco di non pensarci, e devo dire che ci resco a volte.
Altre volte invece il suo pensiero si insidia nella mia testa e non mi lascia più andare.
Devo darmi una mossa e andare avanti, di questo ne sono consapevole, ma non sono sicuro di riuscire a lasciarlo indietro. Una volta stava sempre avanti, veniva prima di ogni mio desiderio, perché in realtà era lui il più grande di tutti i miei desideri.
Forse sono un codardo, un debole, ma non vedo niente di bello in questo mio sorriso se lui non può vederlo.
Mi alzo e mi dirigo nella mia stanza. Mia madre in cucina frigge delle patatine mentre mio padre è seduto e come al solito legge un giornale. Lancio delle occhiate veloci ai miei genitori che sono assenti, prima di aprire la porta della mia camera e fiondarmici dentro.
Poggio la schiena alla porta e la prova di matematica che devo affrontare domani sostituisce il pensiero di Luca.
Sbadiglio e chiudo gli occhi. Poi un terzo pensiero si insidia nella mia testa e si chiama Clarissa.
In un attimo mi trovo davanti ad una grande casa azzurra. Fa freddo quì fuori, quindi sfrego le mani e suono al campanello. Un sapore acido mi invade la bocca e ascolto il rumore dei suoi tacchi che si sente pure fuori dalla porta.
Poi la apre. Una donna alta e bella mi si presenta davanti, e la abbraccio come mi è solito fare. I suoi occhi splendono di un verde smeraldo, come le sfumature negli occhi di suo figlio. Mi sorride, ma non le credo, è addolorata quasi quanto me.
Il salotto è luminoso e l'odore di lui si sente in quella stanza, e in tutte le altre.
Due divani bianchi sono poggiati al muro, e vicino ad essi ci sono un tavolo di vetro e una poltrona.
Mi siedo accanto a lei che si è già accomodata, e come al solito guardo le foto che me lo ricordano felice.
Forse è felice-penso-forse è felice adesso, lontano da casa, lontano da me.
Io e Clarissa ci guardiamo negli occhi, e lì lo vedo, all'interno dei suoi.
Si alza dal divano e vuole offrirmi qualcosa, ma io rifiuto.
Voglio solo tenerle compagnia, perché è come una seconda madre per me, e so di essere come un secondo figlio per lei, e spetta a me tenerle compagnia, visto che il primo se n'è andato a Londra, e d'altronde lo faccio sempre ormai, perché fa piacere a entrambi.
Credo che lei sappia cosa provavo, e cosa provo ancora per suo figlio e quindi mi dice:"È già passato un anno, non puoi rimpiangere Luca per sempre. Perché non lo chiami invece di deprimerti?"
Dice sempre così, ogni singola volta, e dopo aver pronunciato la frase, come sempre prende il cellulare e digita il numero del figlio. Lo chiama sempre quando sono presente. Spera forse che io riesca a parlare con lui? Perché io non ci riesco. Non posso sentire la sua voce ma non vederlo accanto a me. Fa più male di non sentirlo e basta.
Forse crede che non m'importa nulla di lui, ma la realtà è un altra. Io non riesco a sentire la sua voce felice, mentre io piango in silenzio per sentire meglio ciò che dice."Ciao Luca!"
Esclama sua madre con il cellulare tenuto all'orecchio destro e un sorriso stampato sul volto. Questa volta sembra vero. È davvero felice di poter sentire solo la sua voce?
Lei mi guarda, e mi istiga con lo sguardo a prendere il suo cellulare e a parlare con suo figlio, ma non riesco a muovermi. La morsa della paura mi tiene fermo. Ho paura di soffrire sentendolo solo sorridere dall'altra parte del telefono, mentre una volta il suo sorriso era la cura a tutto.
Clarissa mi guarda ancora, e parla col figlio del più e del meno. Ad un certo punto entra un pò d'aria fresca da uno spiffero e nella mia mente spunta un pensiero. Cerco di ricordare la sua voce, che ogni notte mi dava la buonanotte, e mi viene il desiderio di sapere com'è cambiata. Ad un certo punto faccio un cenno A Clarissa, che mi sorride anche con gli occhi e mi passa il cellulare.
Inspiro profondamente l'odore di lui che regna in quel salotto e sono pronto ad ascoltare la sua voce, anche se so che mi farà male sentirlo parlare e non poterlo guardare negli occhi.
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Vecchi "Amici" (In Revisione)
Teen Fiction"Non bisogna che tutto sia complesso. A volte le cose più belle si nascondono nella semplicità di un gesto, o di un fiore" L'amore vince su tutto. Distanza, tempo e nostalgia sono niente se affrontati insieme. È quando Marco perde la speranza che il...