STORIE

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TRENTATREESIMA STORIA-Come ogni lunedì, terminate le consuete ore di tedio scolastico, Marco prese il cinquantadue e rientrò a casa per il pranzo.

Ad attenderlo non trovò il solito calore. I genitori non si premurarono neppure di salutarlo.
Sua madre era intenta ad armeggiare con il forno: stava riscaldando le lasagne della sera prima.
Suo padre, che di solito rincasava in ritardo dall'ufficio per la pausa, trattenuto da qualche scartoffia dell'ultimo minuto, era già seduto a tavola, gli occhi fissi sulla pagina dedicata dal giornale locale allo sport.
"Ho preso sei in matematica" annunciò trionfante Marco.
Di tutta risposta gli venne posata davanti una porzione di lasagne, senza una parola di contorno. "Mamma, tutto bene?" chiese invano il ragazzo.
Si rivelò inutile anche rivolgere parola al padre: se ne rimaneva immobile, ipnotizzato dal quotidiano, quasi stesse analizzando delle complesse formule chimiche invece che i risultati delle partite di campionato.
Il giovane sentì salirgli un groppo in gola: era forse accaduta una disgrazia in famiglia?
All'improvviso il teso silenzio fu spezzato dal suono del citofono.
E fu proprio quel rumore gracchiante a far tornare alla mente del giovane l'intenso bagliore di luce biancastra esploso solo per un istante la notte precedente.
Si era svegliato di soprassalto trovando l'intera camera illuminata a giorno. O aveva solo sognato?
Il citofono continuava a gracchiare, costante e monotono.
"Chi risponde al citofono?" fece il giovane, scattando verso la finestra.
Doveva trattarsi di qualcosa di urgente: perché i suoi genitori rimanevano a tavola, impassibili?
Affacciatosi, Marco sporse il capo in direzione dell'ingresso, per capire chi stesse suonando con tanta insistenza.
Dalla strada due persone si sbracciavano e gli urlavano qualcosa, come se fosse lui in una situazione di imminente pericolo.
Due persone che in quel momento non dovevano trovarsi giù, non potevano trovarsi giù.
I suoi genitori.

TRENTAQUATTRESIMA STORIA- Sei stato lasciato. La tua ragazza, anzi no, la tua ex ha trovato un altro. Non chiederti perché, non lo saprai mai, non chiederti cos'ha lui in più di te, non avrai mai una risposta. Sei solo, per colpa della tua ex hai litigato anche con gli amici, rimani solo tu, nella tua stanza, sul letto con il telefono, stai cancellando tutte le foto fate assieme, ti chiedi se quell'amore era vero o stavi vivendo un'illusione, vai sulla chat e rileggi i vecchi messaggi, quanti "Ti amo" detti per convenienza, quanti cuori usati per dare un tono più vivace alla conversazione ma nulla di sentimentale. A chi scrivi? Non hai nessuno, rimani tu, solo. Puoi scrivere a te stesso, provare a mettere nero su bianco i tuoi sentimenti, se solo ne avessi la forza, allora piangi, non trovi altro metodo per sfogare quella tua agonia interiore. Quelle lacrime che rigano il tuo volto non servono a nulla, nessuno verrà da te per consolarti, nessuno ti scriverà un messaggio di conforto, i tuoi ricordi fanno male. La tua stanza ha perso la vivacità di un tempo, sta diventando grigia, regna il silenzio, l'unico rumore sono i singhiozzi strozzati da quelle inutili lacrime. Ricorda che non sei da solo, ci sono io con te. La tua solitudine.

TRENTACINQUESIMA STORIA-Ti ricordi quando da piccoli avevamo nascosto una cassetta del tempo, tu avevi messo le figurine e io le trottole con le quali ci siamo divertiti per molte estati nel nostro vialetto. Quando siamo diventati ragazzi andavamo di nascosto ai saggi di danza a spiare le ragazze, ti ricordi quando ci hanno scoperto e come scusa avevi detto che eravamo li per iscriverci? È stato il giorno più imbarazzante della mia vita. Poi, finiti gli studi il lavoro ci ha allontanati, abbiamo messo su famiglia, e le nostre vite si sono divise. Era la prima volta che stavamo così lontani, mesi e mesi senza vedersi e sentirsi, mi mancavi, mi mancavano i lunghi pomeriggi nel bosco a costruire dighe, capanne, a fingere di cacciare, sei stato come un fratello, anzi, di più, quasi un padre, ci siamo presi cura l'uno dell'altro. Oggi piove, tu odi la pioggia, la tua tomba sta per essere coperta di terra, ma prima voglio lasciarti un regalo, ecco, tieni queste figurine insieme alle trottole con le quali ci siamo divertiti nel nostro vialetto.

TRENTASEIESIMA STORIA-Che cosa ho in meno di voi? Cosa devo fare per essere accettata? 


Non ho molti amici, quelli che ho di rado si accorgono di me, non esco molto, vorrei uscire, ma nessuno mi calcola. La scuola è divisa in gruppi di persone, persone che mi scartano, persone che mi vedono come una fastidiosa ciglia da togliersi dagli occhi, la mia solitudine è sulla bocca di tutti, mi parlano alle spalle ma non mi importa, non ho una reputazione da difendere. Guardali! Ogni tanto vedo i loro occhi puntati su di me, non appena incrociano i miei si ritirano veloci per poi avvicinare la loro stupida bocca all'orecchio dell'amico, fanno quasi ridere. Mi sento come quelle persone che vengono scelte per ultime quando bisogna formare la squadra per una qualsiasi partita. Penso di essere forte, forse lo sono forse no, no, non lo sono per niente, tutti hanno bisogno di qualcuno, amici, fidanzati, anche solo conoscenti, tanto per farti capire che esisti, che sei reale. Anche a casa la stessa situazione, regna il silenzio, nel salotto persiste il suono dell'orologio posto sopra una foto dei miei genitori, gli unici che non mi abbandoneranno mai, anche da lassù.  

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