Parte senza titolo 16

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TRENTASETTESIMA STORIA-Indifferenza, odio, falsità. Non so più come chiamarlo questo falso silenzio, vorrei dirle tante cose, chiedere molte spiegazioni ma una voce dentro di me mi incita a continuare questo stato di indifferenza. Non la vergogna, la rabbia, la paura, solo buon senso, questo silenzio tra di noi rappresentava la pietra posta sul passato, passato da dimenticare, passato fatto di litigi, sofferenze e nostalgia. A volte capita di incontrarsi, aspetta, incontrare chi? La mia mente rifiuta di ricordare, i miei occhi rifiutano di guardarla, la mia bocca si chiude in un doloroso silenzio e tutto il mio corpo si libera di tutte quelle cicatrici fatte di abbracci, baci, carezze. Non posso cancellare i ricordi, posso solo nasconderli con altri ricordi, ricordi che devo ancora creare e che saranno il cerotto che chiuderà la vecchia ferita. Intanto continuerò a fingere, a recitare la parte dello sconosciuto, a non accettare il passato aspettando che questa mia inquietudine si trasformi in qualcosa di positivo.


"Nulla si dimentica, tutto persiste nella mente, possiamo nasconderlo ma prima o poi il passato torna a galla".

TRENTOTTESIMA STORIA-Sono lo scarto della società, società che mi ha reso invisibile agli occhi di tutti. Ho fame, le persone preferiscono buttare il cibo piuttosto che darlo al prossimo, ho freddo, non ho una casa in cui stare, nemmeno un abbraccio in cui rifugiarmi non è colpa mia, non l'ho voluto io questo. Non ho soldi, l'unica carta presente nel mio portafoglio è una foto di mio figlio, scappato insieme alla mia ex moglie non appena persi il lavoro. Ho sonno, dormire per strada non è semplice, a volte vieni cacciato dalla polizia, a volte sei costretto a scappare da gente che vuole picchiarti per puro divertimento, non ho un letto, anche un solo cuscino mi basta, tanto per ricordarmi come dormono le persone normali. Quando sei sulla strada cominci a conoscere le persone, come se in te nascesse una sorta di sesto senso, insieme ad esse conosci anche la società malata in cui vivi, dove tu sei lo spettro e il parassita usurpatore agli occhi degli altri, mentre dentro il cuor tuo sai di non aver accettato quella vita. Anche io stesso capisco quanto la strada mi abbia migliorato interiormente. Sono passato dall'essere una persona pulita fuori ma sporca dentro al suo opposto, la strada sporca, ti odia, ma pulisce il tuo animo da tutti i pregiudizi e norme malate imposte dalla società.

"Le cose che possiedi finiscono per possedere te stesso. E' solo dopo aver perso tutto quello che hai che sei libero di fare qualsiasi cosa".  

TRENTANOVESIMA STORIA-Ho perso le speranze, anzi, quelle non ci sono mai state. Non servo a nessuno, anche perché nessuno mi pensa. Vivo ogni giorno come la ripetizione di quello precedente, nessuna novità per l'indomani so già che nessuno mi cercherà, quale senso posso dare alla mia vita? Persino la morte ha un suo senso, l'ho esclusa a prescindere, mi sento come un quadro vuoto, appeso alla parete delle illusioni, ho trovato il mio essere riflesso nel terzo canto dell'inferno dantesco: "Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che invidiosi son degne altra sorte". Vivo ogni giorno nella noia, frequento persone le quali il giorno dopo si saranno già dimenticate di me, scrivo su un foglio bianco con una matita bianca la mia vita, ne rimane una sottile linea invisibile che non cambia la conformazione del foglio. Mi rifugio in me stesso, provando qualche conforto in una sorta di introspezione, cercando di fare qualcosa di utile per me, quello che scopro è che nemmeno io stesso so come superare questa agonia che mi sta distruggendo. Sfogo il mio stato d'animo in un autolesionismo scrivendo con il sangue ciò che la matita bianca non ha inciso sul foglio.

QUARANTESIMA STORIA-A volte mi fermo e mi chiedo, come può una persona come me meritarsi tanto? L'unica risposta che trovo sta in un'illusione, come se la ragazza stesse giocando con me e con i miei sentimenti. Non mi ritengo mai al livello della persona con cui sto assieme, si crea un conflitto tra ragione e sentimento, la ragione purtroppo ha sempre la meglio, una ragione vista in ottica negativa che punta a farci guardare l'aspetto materiale ed estetico delle cose soffocando lo spirito critico del sentimento il quale risulta nascosto dall'egoismo presente in ognuno di noi, un egoismo che si nutre attraverso gli occhi e che ci spinge a desiderare sempre più, e questo perché? Perché oggi diamo più importanza all'apparire che all'essere, ci soffermiamo a giudicare nell'immediato una persona quando penso ci voglia molto tempo prima di un giudizio.

Forse non sono io quello in debito, ero solo accecato dalla visione estetica delle cose, e forse sono gli altri in debito con me, coloro che mi hanno abbandonato per quello che non avevo, o per quello che apparivo.

"Io non ho, non appaio. Io sono."  

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