Capitolo 3 - Informazioni

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Mentre cerco di disattivare la sveglia prima che suoni, sento un leggero bruciore sul petto. Cosa c'è ora? Mi alzo dal letto e accendo la luce per dare un'occhiata: un piccolo graffio da cui cola un rivolo di sangue solca la parte centrale del mio torace. Deve essere stato quell'affare che mi ha preso.

Tra l'altro, che diavolo era quello? Non somigliava a nessun animale di cui conosca l'esistenza. Ricordava vagamente un uccello, ma quei denti...e gli occhi! Erano occhi da rettile, ne sono sicuro. Non che abbia molta importanza sapere cosa fosse, in realtà: probabilmente non esiste neanche, dopotutto si tratta di un sogno, non è detto che quello che ci trovo dentro esista nella realtà.

Forse, però, sarebbe il caso di non tornarci più: se quella bestia mi ha graffiato e questo ha avuto effetti su di me anche una volta che mi sono svegliato, ho paura di quello che potrebbe succedere se mi ferissi in modo più grave. Proprio quando avevo la possibilità di capirci qualcosa. Lenetar ha detto che sapeva del mio arrivo e che avrei potuto aiutare a risolvere un problema...ha detto che "quelli come me" li chiamano Spettri. Cosa diavolo significa?

Bah, è inutile starci a pensare adesso, deciderò stasera cosa fare. È meglio che vada a fare colazione. Apro la porta della mia camera per dirigermi verso la cucina e mi trovo davanti mio padre; se mia madre sembra più giovane di quanto sia in realtà, lo stesso non si può dire di mio padre: il colore cinereo dei capelli corti e della barba rada lo fanno apparire più vecchio di mia madre, nonostante abbia un paio di anni in meno; la corporatura imponente e i lineamenti duri mettono inquietudine se non lo si conosce, ma in realtà è un pezzo di pane.

«Ciao, papà. Come mai sveglio così presto?» chiedo, fermandomi di colpo.

«Qualche idiota ha lasciato un motorino acceso nel viale» risponde con un gesto della mano, ma subito dopo vedo che i suoi occhi di un verde scurissimo si fissano sul mio petto.

«Credo che sia colpa di questo ciondolo, ieri ho dimenticato di toglierlo prima di andare a dormire, deve avermi graffiato durante la notte» invento, anticipando la sua domanda. Lui si limita ad annuire, per poi cambiare discorso con un sorriso: «Dato che mi sono alzato presto ho fatto dei cornetti. Ne è rimasto uno in cucina, se ti va».

«Corro!» esclamo, dirigendomi velocemente verso la cucina. Una volta lì trovo mia madre, già vestita e pronta per uscire.

«Buongiorno» mi saluta con un sorriso.

«Buongiorno» ripeto, gettandomi su una sedia e afferrando l'unico cornetto rimasto sul tavolo. Nel momento in cui lo addento, la mia bocca viene invasa da una cascata di cioccolato. È buonissimo! Se solo papà preparasse la colazione più spesso.

«E quello?» chiede improvvisamente mia madre. Alzo velocemente lo sguardo su di lei e vedo che sta indicando il mio petto.

«Non è nulla, ho solo dormito con il ciondolo. La pietra mi avrà graffiato» farfuglio con la bocca ancora piena.

«A proposito» continua lei, «dove l'hai presa? È molto bella». Santo cielo, di nuovo. Dovrò coprirla in qualche modo se non voglio andare avanti così per il resto della mia vita.

«L'ho trovata in spiaggia qualche giorno fa» le ripeto per la seconda volta. No, no, è la terza, anche ieri a cena.

«Sei stato fortunato, io non trovo mai niente» commenta lei dando un'occhiata all'orologio.

«Ora è meglio che vada. Passa una buona giornata» mi saluta con un bacio, per poi rivolgersi verso la porta della cucina e gridare: «Ciao, James!».

«Ciao, Meg! Buona giornata!» risponde mio padre, e lei esce di casa.



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