Capitolo 5 - Guai

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«Sembrava buona, no?» chiede Matt da dietro la batteria, lasciando le bacchette e abbandonandosi sullo sgabello. Siamo nel suo seminterrato, illuminato da alcune lampade al neon e dal sole che riesce, con difficoltà, a passare attraverso le finestrelle impolverate poste in alto sulle pareti, creando dei fasci di luce gialla in cui fluttua un denso pulviscolo.

«Sì, non era male» rispondo con un sorriso. In effetti, considerando che non suoniamo insieme da un mese, queste prove stanno andando alla grande!

«Sto morendo di sete. Che ne dite, pausa?» chiede Chris, sfilandosi la tracolla del basso e allontanandosi dal microfono. Senza farselo ripetere, Matt scatta in piedi e si dirige, insieme a Chris, verso una porta aperta da cui si vede l'inizio di un corridoio. Non saprei dargli torto: abbiamo suonato quasi senza interruzioni per un'ora e mezza, una pausa è quello che ci vuole.

«Voi volete qualcosa?» domanda Matt, voltandosi poco prima di uscire.

«Una Sprite, se ce l'hai. Altrimenti quello che trovi, fa lo stesso» rispondo, sfilandomi la tracolla della chitarra e gettandomi su una piccola poltrona, facendo attenzione a non urtare l'asta del mio microfono.

«Qualunque cosa, purchèsia fresca» dice invece Liz, seduta su una poltrona simile a quellasu cui mi trovo io, poco distante.

«Che te ne pare?» le chiedo mentre con una mano scuoto la t-shirt che indosso, zuppa di sudore, per cercare di rinfrescarmi.

«Non avete perso lo smalto, questo è poco ma sicuro» risponde lei con un sorriso, alzandosi e iniziando a camminare per la stanza.

«Già, strano: di solito basta saltare una prova e dimenticano tutto, quei due. Devo stare a rincorrerli, neanche fossero dei bambini» sospiro, cercando di contare le volte in cui ho dovuto stare con il fiato sul collo di Chris e Matt. Troppe, comunque.

«Perchè, Matt cosa è?» chiede Liz con una risatina sarcastica.

«In effetti» concordo, ridendo a mia volta. Restiamo lì per un po': Liz si siede dietro la batteria, cercando di impugnare le bacchette e suonare qualcosa che abbia un minimo senso, senza riuscirci, mentre io la guardo senza riuscire a trattenere delle risate.

«Che hai da ridere?» chiede, alzandosi in piedi di scatto.

«Non prendertela, ma è meglio se la batteria la lasci suonare a Matt: non fa proprio per te» rispondo, continuando a ridere.

«E chi se la prende? Lo facevo per rompere le palle a te, mica per altro» ribatte lei sulla difensiva, senza però togliersi dalla faccia quel sorrisetto beffardo. Mentre torna a sedersi sulla poltrona, urta per sbaglio l'asta di un microfono, che si inclina e inizia a cadere di lato. Poco prima che tocchi il pavimento mi ritrovo in piedi, leggermente piegato in avanti, con l'asta che penzola a pochi centimetri da terra stretta in un pugno. Sgranando gli occhi per lo stupore, l'unica cosa che riesco a fare è guardare Liz, che mi fissa con la stessa espressione. Dopo qualche secondo entrambi scoppiamo a ridere e la mia presa sull'asta si allenta, lasciando cadere il microfono a terra con un tonfo che viene amplificato dalle casse a cui è collegato.

«Cosa diavolo era quello?» chiede Liz tra le risate.

«Io...non ne ho idea» rido a mia volta, ignorando le proteste dei muscoli delle mie braccia, che mi inviano ondate di dolore sordo. Colpa dell'allenamento con Erdex: è passata quasi una settimana dalla notte in cui ho raggiunto la sua fattoria, o almeno nel mondo reale; ad Ardarion ne sono trascorse più di tre, tre settimane in cui praticamente non ho fatto altro che allenarmi a tirare con l'arco. Ricordo che all'inizio non riuscivo neanche a tendere la corda, ma dopo molti giorni di tentativi sono riuscito a tirare: certo, ho ancora dei problemi con la mira e impiego un bel po' di tempo per incoccare una freccia, ma ho fatto progressi, e le mie braccia ne stanno soffrendo. Nonostante le lunghe camminate nella Foschia dei primi giorni non mi stancassero per nulla, infatti, alla lunga lo sforzo fisico necessario per tirare con l'arco si fa sentire. Negli ultimi tempi, tra l'altro, ho avuto modo di notare una cosa interessante su Ardarion: che là il tempo scorra più velocemente ormai è palese, ma ho scoperto che non esiste una corrispondenza precisa con il tempo nel mondo reale; nonostante ogni notte io dorma più o meno lo stesso numero di ore, a volte la mia permanenza ad Ardarion dura un giorno, o anche meno, mentre una volta sono rimasto lì quasi tre giorni. Nonostante questo, però, la mia percezione del tempo nel mondo reale non viene alterata: quando mi sveglio ricordo tutto quello che è successo ad Ardarion durante la notte, ma i ricordi sono come compressi, come se tutto fosse accaduto in poche ore. Oltre a tutto questo ho notato anche che, mentre sono ad Ardarion, non ho mai sonno né fame; raramente ho sete, ma riesco comunque a sopportarla per parecchie ore senza risentirne.

Il Sogno di ArdarionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora