Dream.

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La bufera divampava tra gli alberi, ormai pieni di neve.
Il vento soffiava forte e non c'era altro colore oltre al bianco che annegava il tutto.
Oscar camminava a fatica, mettendo di peso un piede davanti all'altro. Respirava affannosamente mentre, il suo mantello nero, si riempiva di brina e di candidi fiocchi.
I capelli dorati le coprivano quasi del tutto il volto e gli occhi cerulei si stringevano in due piccole fessure.
Cadde tra la neve, dove le sue gambe non riuscirono a sostenerla più.
"Ma..."
Una voce lontana disse una parola che rimase a mezz'aria. Sembrava la voce di un bambino.
Il vento si faceva più forte, l'aria stava diventando inrespirabile ma, Oscar sollevò leggermente il viso alla ricerca di un orizzonte.
Dopo un arco di tempo dove parvero passare millenni, Oscar riuscì a distinguere una luce un po' più calda, proprio davanti a lei ma, allo stesso tempo, così lontana.
Le forze stavano cominciando ad abbandonarla. Si dava della stupida; una stupida in mezzo a una tormenta.
<< Oscar, sbrigati! >> la voce cristallina di Andrè la fece sobbalzare.
Le parole le uscirono con fatica dalle labbra violacee:<< A-Andrè ... N-non ce la f-fa ... >>
Il suo volto riaffondò nella neve gelida. Stava pensando di morire. Era stremata e sudava per la fatica.
Poi delle risate limpide come un ruscelli di montagna le accarezzarono le orecchie:<< Guarda che ti prendo! >>
Non riconobbe le voci, sembravano quelle di due bambini.
Provò a riguardare in avanti, la luce sembrò più vicina e l'aria più calda; tentò di andare avanti.
Oscar si fece guidare da quelle splendide voci e, quando fu abbastanza vicina, la luce la inghiottì, facendo sparire tutto quel manto candido.
Si guardò in giro: la circondava un giardino di piante selvatiche e vari cespugli dove, dietro una vasta zona di alberi, si poteva scorgere una montagna. Il sole splendeva alto nel cielo e non c'era caldo, ma non di quelli afosi, di quelli che ti lasciavano entrare un tepore fino a dentro le ossa.
Poi le risate ritornarono e vide, tra l'erba alta e bruciata dal sole, muoversi qualcosa velocemente.
Le risate erano molto vicine:<< Questa volta ti prendo! >>
La chiassosa risata di una bambina:<< Non credo proprio! >>
L'erba continuò ad agitarsi sotto gli occhi di Oscar che era un poco più distante.
Ad un certo punto, due bambini di non più di 5 anni, ne uscirono correndo, guardandosi uno negli occhi dell'altro.
Erano un bambino dai capelli corvini e una bambina dai vestiti da uomo che giocavano beatamente.
Ad Oscar nacque un sorriso dalle labbra e li guardò dolcemente.
La bambina, però, frenò la sua frenetica corsa contro le lunghe gambe di lei, cadendo all'indietro.
Oscar si abbassò subito:<< Piccolina, va tutto bene? >>
La bambina si alzò un po' scossa:<< Sì, non ti preoccupare. >> e le fece un dolcissimo sorriso.
Il bambino si avvicinò velocemente e le strinse la mano:<< Sei proprio una pasticciona! Devi stare più attenta! >>
Oscar fece una piccola risata me, cercandoli di mettere a fuoco, si accorse che non riusciva a distinguere i loro tratti somatici... Come se non le fosse concesso.
Si accorse semplicemente che stavano sorridendo.
<< Bambini, come vi chi... >> ma i bambini ricominciarono a correre, questa volta verso i boschi.
Oscar ebbe l'istinto di seguirli ma, appena entrata nel bosco, li perse di vista.
Girovagò con calma tra la boscaglia, poi di nuovo le risa.
Cercò di inseguirle e più si avvicinava, più sentiva che non erano più quelle di due bambini.
Difronte a lei si mostrarono due ragazzi, uguali a quei due bambini, che giocavano di nuovo, nello stesso identico modo.
Oscar rimase a guardarli finchè il tutto non si frantumò di botto.
***

<< Oscar, non fare la dormigliona! >> Esperanza la stava agitando da un braccio.
Oscar mugugnò:<< Esperanza? Ma perchè mi svegli? >>
Esperanza cercò, inutilmente, di fare una faccia severa:<< Sono le dieci del mattino ed è da non so quanto che ti chiamo! >>
Oscar sbuffò, si stropicciò gli occhi e si mise a sedere sul letto:<< Allora ... Come mai mi stavi chiamando? >>
Esperanza espirò rumorosamente e le porse una lettera:<< Viene da Parigi. >>
Oscar sbarrò gli occhi e gliela strappò quasi dalle mani.
La guardò bene, sopra c'era il sigillo reale.
Prese un respiro profondo e l'aprì:
"Mia cara Oscar,
sono ormai mesi che non vi vedo più, dopo quel doloroso addio.
Da quel giorno non è stato più lo stesso, per la prima volta ho avuto paura. Paura dei cambiamenti.
Mi sono accorta che siamo cambiate entrambe dalla prima volta che vi ho incontrato, anni fa e non posso far a meno di notare che ora siete diventata una vera donna.
Una donna per l'eleganza, per la bellezza e per la purezza pari a quella di una rosa bianca. Ma una vera donna perchè avete avuto molto coraggio, audacia e determinazione che in voi mai avrei pensato di vedere.
Come credo che ben sapete, la Francia sta cambiando e io non sto più appartenendo ad essa pian piano.
Il popolo, ormai, per la famiglia reale non può sembrar altro che le fiamme dell'inferno, pronte a divorarci.
Ho paura, ma non per me, ma per i miei figli.
Mia cara, mia carissima Oscar di cui ho avuto la piacevole notizia che voi siete felice e state bene da un ex soldato.
Ho saputo che con voi c'è anche il vostro Andrè ... ma vorrei sapere molto di più di voi, perchè è l'unica cosa che mi fa nascere un sorriso, ormai. Sapete, mentre il conte de Girodelle me ne parlava aveva come un nodo alla gola, come se non poteva dirmi tutto ...
Madamigella Oscar, vi conservo nel mio cuore come uno dei gioielli più preziosi che io abbia.
Vi penso spesso,

Lady Oscar- Sarai per me il mio amore unico.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora