Capitolo 38

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A volte la ragione non capisce
ciò che sussurra il cuore

[Pov's Sofia]

Dalla mia bocca al vederli, ma sopratutto a vedere Tania nella stanza del collage, non uscì neppure un suono. Rimasi bloccata come se le forti raffiche di vento assorbite dal mio corpo mi avessero ghiacciato in quella posizione con la mano poggiata sulla maniglia abbassata.

Era uno dei sogni stravaganti che macchinavo nella notte invece di dormire come le comuni persone.
Il sogno, un desiderio vitale, che un giorno aprendo la porta mi trovassi dinanzi la mia ex migliore amica che mi aveva abbandonato nel momento del bisogno come un cane che non si vuole più.

Quanto la coscienza e il mio cuore lo avevano bramato, e talmente intenso era risultato, che alla fine avevano finito per arrendersi.

Tania era divenuta estranea, come le tante persone che incrociavo nelle viuzze della mia Petrarelle e che poi non ero nemmeno in grado di riconoscere quando le incontravo settimane dopo in qualche bar della piazza frequentato da gran parte dei casertani.

Essendo un paese il mio tutti bene o male si conoscevano, ma solo poche persone lasciavano un'impronta forte e decisa.

Tania era stata una di queste.

Dal nostro primo incontro, quando entrambe cominciammo a frequentare le medie, non diventammo subito amiche.
Lei se ne stava in disparte, silenziosa, in un banco doppio delle ultime file, insieme ad Ale, colui che alle superiori avrebbe iniziato ad interessarle non più come amico ma qualcosa di molto profondo. Io lo stesso, aspettando di trovare il momento più opportuno per intavolare un discorso decente dinanzi alle nuove conoscenze.

Alessio Baldi, un nostro futuro coetaneo della combriccola, capitò anche lui nella stessa classe di me e Tania e fu così che si plasmò il nostro trio di scemi sempre pronti a sostenersi a vicenda nei momenti più duri e a gioire in quelli belli. Sempre insieme, inseparabili, inscioglibili, eterni.

La ragazzina impacciata sedeva sulla sedia ritta allo schienale come un palo della luce, mentre Alessio Baldi, secondo in appello, ordinava gli accessori scolastici come a creare una barricata dinanzi a sé.
«Chissà cosa si staranno dicendo quei due.» formulò la mia testa mentre adocchiavo i timorosi gesti della presentazione di quel banco, allineato perfettamente alla mia fila di destra. In realtà era Ale che aveva fatto la prima mossa, e si era voltato verso la ragazza, per presentarsi con scioltezza e stringerle la mano. Tania non aveva fatto nulla, non aveva aperto bocca, rimanendo ad ascoltarlo con gli occhi blu scuro fissi su quel fisico già a quel tempo sciupato, e alla fine allungò la mano per accogliere la stretta.
La sua riservatezza balzava agli occhi pur non essendo ancora laureati in Psicologia. Lasciò la mano di Alessio, schiodandosi dalla visione utopica del ragazzo maniacale, e trascinò la sua attenzione verso il professore Svorzetti che alle medie ci aveva impartito italiano per tre anni consecutivi. Quel signore anziano e diversamente allampanato ci augurò di trascorrere in armonia le medie, perché il percorso andando avanti sarebbe risultato scosceso e irto di ostacoli.
Ci comunicò che avremmo trattato di argomenti facili e non molto complicati, ma alla fine la preoccupazione del primo giorno di scuola fu un vano ricordo e tutti ci rilassammo e ci alzammo a turno per presentarci alla classe.

Al trillo della campanella del cambio dell'ora il professore recuperò la borsa contenente un mucchio di scartoffie e uscì per dare posto a quello di tecnica.

Sei la mia chiave di violino (Vol.1) [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora