Capitolo 2

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Josh era rimasto in bagno a controllarsi ogni brufolo che gli era comparso sulla sua affascinante faccia, senza sentir alcuna ragione al riguardo, e vano era risultato il mio tentativo disperato di persuaderlo, ottenendo solamente un suo gesto strafottente che mi mandava gentilmente a fanculo gridandondomi che la sua faccia avrebbe dovuto essere impeccabile per le ragazze che gli sarebbero cadute ai piedi. Arrendendomi all'idea di non poterlo trascinare via da quel dannatissimo specchio, cercai di accettare con quanta più pazienza possibile la probabilità di seguire l'interessante corso del professore Brown sulla storia della musica da sola, così presi il mio monospalla rimasto sul copriletto e mi chiusi la porta della stanza numero 53 alle spalle. Uscendo di lì, il collage prevedeva prima un lungo corridoio costeggiato da altre porte di legno e poi alla fine di quel breve tratto si apriva a piazza un'altro percorso principale che smistava gli alunni nelle varie aule dei corsi, dalla prima fino alla trecensessantasei. Li era possibile trovare intaso, vista la grande massa di studenti, tra matricolati e immatricolati. Ragazzi e ragazze, con divise blu e bianche, con in mano gli spartiti musicali per la lezione, o al posto di quelli, imbracciati di custodie ingombranti dove riponevano i preziosissimi strumenti.
Chissà perché vedendo quella confusione ricordai quando Tani e io andavamo ancora al liceo Classico di Caserta e dovevamo appiattirci il più possibile per non essere sospinte via dalla folla.
Già Tani...
Iniziai a farmi spazio, sgomitando e chiedendo gentilmente il permesso a chi mi ostacolava, in balia della folla, per raggiungere l'aula 43, l'aula che ospitava per quel giorno il corso di musica con flauto, xilofono e pianoforte, ma non essendo alta, anzi raggiungo a stento circa il metro e sessanta, fui spinta e caddi a terra con il mio fondo schiena. A stento riuscii a trattenere qualche imprecazione in dialetto per quel gruppo di idioti con le creste, quando mi si parò dinanzi, porgendomi la mano, una visione scesa dal cielo.
Non sapevo chi era, non l'avevo mai visto nei corridoi, ma il suo volto piegato alla dolcezza mi costrinse a distendere i nervi. Rifiutai il suo aiuto con educazione e mi issai in piedi, scuotendo d'istinto la gonna della divisa.
<<Grazie lo stesso per esserti interessato.>> gli dissi con il volto ben alzato, mentre lui scuoteva il capo; vidi i suoi capelli neri come una notte senza stelle danzare lievemente e attaccarsi alla nuca.
<<Ti sei fatta male?>> chiese.
Essendo un angelo caduto da qualche pianeta sconosciuto, anche sentirgli proferire qualcosa ti regalava un senso di tranquillità. Soffiarono quelle sue parole dalle sue labbra schiuse accarezzandomi l'udito e frenando il mio istinto di uccidere qualcuno.
Non mi accorsi di star ciondolando sul piede sinistro. <<Ehm..>> e nemmeno il fatto che stessi assumendo mille tonalità di rosso o che stessi balbettando era da ritenere una cosa naturale per Sofia Baglietti.
Mi schiarii la voce per scrollarmi via di dosso quella sensazione di imbarazzo, per tornare a parlare serenamente con un ragazzo sconosciuto che non avevo mai visto prima di allora.
<<No, non mi sono fatta male!>>
Lui sospirò profondamente sollevato. Anche così pareva somigliare a un angioletto, venuto lì per qualche missione segreta.
Basta Sofia, smettila!
Lo vidi vagare altrove con lo sguardo per tutto il corridoio. Sembrava come confuso e agitato e quelle sue pietre acqua marina non mi guardarono più.
Da una parte ero contenta: non avrei provato più vergogna, ma dall'altro ero delusa, perché quell'angelo non mi regalava più i suoi occhi pieni di luce e io non riuscivo a capirne il motivo neanche se avessi fatto uso dell'ipnosi. Tutto questo mi snerva, odio quando mi tengono all'oscuro di qualcosa e dato che, per principio, non sono solita farmi i fatti miei la sua trepidazione stuzzicò la mia curiosità che non resistetti.
<<C'è qualcosa che ti preoccupa?>>
Il tipo sobbalzò, smettendo di ignorarmi e i suoi occhi ripresero a incantenarsi ai miei verdi.
Fu però un grande sbaglio perché una certa tensione mi aggrovigliò lo stomaco.
<<Mentirei se dicessi no.>>
<<Bene. Invece di fare il baccalà per il corridoio perché non mi chiedi cosa ti serve? Magari posso aiutarti.>>
Il giovane fece un veloce ragionamento, guardandosi il polso su cui sfoggiava un orologio della Festina, marca italiana, color nero. <<Mi servirebbe proprio..>> rispose lui. <<Sono in ritardo.>>
Squadrandolo meglio non sembrava avesse arie infantili, non era forse uno studente che seguiva i corsi. Il suo abbigliamento era fin troppo formale, non era la divisa maschile della scuola, sembrava quasi essere uscito da una vetrinetta di vestiti eleganti nella collezione di Parigi di quest'anno.
Camicia e giacca nere, al di sotto sfoggiava un pantalone tinta su tinta dalle pieghe ben stirate.
Forse era un commissario, un ispettore esterno al collage, oppure non essendo giovane poteva essere preso addirittura per un genitore, ma credo che questa ipotesi non sia accreditata, il suo anulare sinistro senza fede né era la prova tangibile.
Allora chi era e che ci faceva lì?
Mi faceva un po' ridere la situazione, sembravo trasformarmi da un momento all'altro in un detective dell'FBI con opportuno camice e cappello e lui il criminale che dovevo acciuffare ad ogni costo.
Eppure era diverso, era molto diverso anche quel suo atteggiamento responsabile, da galantuomo che non accomunava nessuno dei selvaggi che soggiornavano nel collage.
Lui era di un'altra sponda e mentalità; ammetto che parlare con lui mi stava divertendo, così continuai.
<<A pensarci bene, potresti gentilmente aiutarmi?>> propose lui, finalmente convinto.
<<Se posso volentieri..>>
<<È questione di vita o di morte, ragazzina.>> aggiunse, frugando nella valigetta che aveva con sé per cercare qualcosa che doveva incentivare la mia memoria - disse ancora il giovane - tirando fuori penne, fascicoli e altro materiale, persino un libro di testo musicale con vari spartiti al suo interno.
Quando rialzò il capo la ricerca poté dirsi finalmente conclusa; mi concentrai però sulla sua carnagione bianco lattea e non sul volantino stropicciato che mi sventolava sotto il naso.
<<Sapresti indicarmi se è questo..>> il ragazzo mi vide in trans, in un mondo a parte che non faceva che propormi la stessa identica fantasia. <<Ragazza?>>
Mi mosse una mano sul volto e io fui costretta a tornare bruscamente alla realtà, difficilmente distaccandomi da quella figura snella, ricoperta di candido bagliore, con un paio di ali bianche e un'aureola in testa.
<<Può ripetere?>>
<<Veda il volantino.>> me lo diede tra le mani. Una scritta di colore rosso metteva in risalto il nome del posto 'Collage of Music {Minnesota}' e l'immagine di qualche anno prima dell'istituto.
<<Sì è questo.>>
Il giovane chiuse gli occhi inspirando. <<Meno male.>> poi aggiunse. <<Dove si trova l'aula 43?>>
<<Mi stavo dirigendo proprio lì se vuoi ti posso accompagnare.>>
Lui scosse il capo.
<<No. Preferisco essere autodidatta. Grazie mille per il tuo aiuto prezioso, è raro trovare persone disponibili come te.>> fece lui sorridendo. <<Adesso vado. Ciao! Signorina sconosciuta.>> scherzò, salutandomi con un cenno della mano e facendosi spazio nella moltitudine di teste, prima di sparire dietro l'angolo dove si aveva accesso alle scale.

Sei la mia chiave di violino (Vol.1) [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora