5 - Ritornano i ricordi

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Arrivo in camera e finalmente posso lasciarmi andare. Lancio la borsa per terra e mi stendo a faccia in giù sul letto. Sono successe talmente tante cose da ieri sera, che non so più capacitarmi se questa è ancora la mia vita oppure no.

Ripenso a questa mattina, quando mi sono svegliata nel letto di quel bellissimo sconosciuto, alla discussione con Luke e allo scontro con Alex. Non riesco a credere che sono stata io a fare tutte queste cose in una sola giornata, ma non mi sento in colpa per niente di quello che ho fatto: stranamente, mi sento davvero viva, una cosa che non mi succedeva da tempo.

Forse sono stata troppo chiusa in me stessa in questa anni, non permettendo a niente e nessuno di avvicinarmi, come se la mia vita dovesse effettivamente cominciare in un futuro in cui avessi già il lavoro che sogno e per cui sto studiando con tanta fatica. Ma se questa non fosse la scelta migliore? Se davvero, come dice anche Alexandra, mi stessi perdendo il bello della nostra età e poi mi dovessi pentire per non avere nient'altro che il lavoro che desidero? Sono davvero sicura che dalla mia vita voglio solo questo?

Continuo a sbattere la testa sul cuscino, non capendo cosa devo fare o per quale strano motivo mi stiano venendo tutti questi dubbi. Dovrei tornare sulla mia retta via e continuare come ho sempre fatto, oppure iniziare a fare qualcosa di diverso? Beh, sicuramente essere in punizione con Luke ed avere un appuntamento con Alex è già una cosa diversa dal mio solito.

Già, Alex. Un altro mistero che non mi so spiegare. Non capisco come un ragazzo così bello e interessante possa essersi anche minimamente interessato a me, soprattutto nello stato pietoso in cui sono tuttora, anche se quei suoi occhi con una miriade di emozioni dentro mi fanno letteralmente impazzire. Non so cosa mi sia successo, ma erano davvero tanti anni che non mi ritrovavo a fissare due occhi capaci di regalarmi così tante emozioni. E poi, quel senso di pericolo così eccitante che ho provato quando si è adombrato per un istante, pensavo che non lo avrei mai più provato in vita mia, avevo deciso che era una cosa che doveva stare relegata in un barattolo del passato, e invece è tornato in tutta la sua pericolosa forza, ed è quello che mi ha spinto a fare la proposta per l'appuntamento. Quello, mixato alla sua dolcezza mi ha spinto a lasciarmi andare, ed ora non mi interessa tornare indietro, voglio solo vedere dove ci porterà questo appuntamento, anche se ci andrò con i piedi di piombo, perché va bene farsi trascinare dall'istinto, ma non ho intenzione di tornare così in basso come qualche anno fa.

Stringo forte i pugni sulla coperta mentre mi tornano alla mente fatti e situazioni successe tanto tempo fa, cose che credevo sopite e che tornavano solo nei sogni, ma questo turbine di emozioni improvvise mi fa tornare in mente tutto, anche se sembra che stia osservando un film e non la mia vita passata, come se davvero tutto quello che rivedo non sia successo a me.

Stringo forte gli occhi per scacciare tutte quelle immagini, e faccio uno sforzo sovraumano per mettermi seduta sul letto e tornare in me stessa. Cavolo, non credevo che potessi di nuovo sentirmi come quando quelle cose sono davvero successe. E invece eccomi qui, madida di sudore, ansimante e con gli occhi sbarrati, come se non mi rendessi nemmeno conto di dove mi trovo davvero, in preda ad un turbine di emozioni che mi stanno lentamente ingoiando nel buio del passato. No, Denise, non lasciarti sopraffare dalle emozioni, sei più forte di tutto questo, sei fuggita e sei sopravvissuta al passato. Respira, respira lentamente, vedrai che passa.

Piano piano riesco a ricollegare dove sono, riesco a riconoscere la mia stanza e mi rendo conto che non sono in quel giardino maledetto sotto la pioggia, dove le mie lacrime si fondevano con le gocce di acqua. Non c'è nessun grosso albero sotto cui sono stesa e non ho più le mani e la faccia piena di graffi e sangue. Comincio a strisciarmi forte il viso, come se dovessi togliermi lo sporco, poi corro in bagno a guardarmi: niente, non ho assolutamente niente che segni il mio volto come quella notte. Scuoto la testa, apro il rubinetto e mi sciacquo con l'acqua fredda, sperando che questo mi aiuti a tornare in me. Appena rialzo la faccia mi guardo per un fugace istante allo specchio, prima di prendere l'asciugamano, ed sarebbe stato meglio che non lo avessi fatto: l'acqua che mi gronda sul viso non fa altro che ricordarmi quella situazione e mi rivedo di nuovo in quel maledetto giardino, da cui mi trascino via piano piano, in una notte fredda che non sembra avere mai fine. I miei occhi mi guardano dallo specchio del bagno, ma ormai non sono più nella mia stanza, la mia mente è tornata indietro nel tempo e non c'è niente che possa fare per fermarla dal ricordare. Io che cammino lentamente e faticosamente per arrivare a casa, che mi faccio una forza mostruosa per salire le scale ed arrivare in bagno mentre ogni muscolo ed osso del mio corpo urlano di dolore ma io non posso urlare, non mi devo far sentire da nessuno, perché chi doveva aiutarmi ha sempre chiuso gli occhi ed ora che sono riuscita a liberarmi niente e nessuno mi fermerà dall'allontanarmi da qui: nessuno mi vedrà più e non sapranno mai dove sono. Riesco con fatica ad arrivare al lavandino e, per la prima volta in quella notte, mi guardo allo specchio: il mio sguardo da ragazza ingenua è sparito, ho solo uno sguardo triste ed arrabbiato e tutti i miei meravigliosi capelli che amavo tanto sono appiccicati alla mia faccia, incrostati di sangue, terra ed acqua; i miei vestiti mezzi strappati e tutti sporchi e il mio esile corpo che è stato brutalmente marchiato e malmenato, ma che ha trovato in sé la forza di reagire. Mentre mi guardo, provo solo una gran rabbia, verso chi non ha voluto aiutarmi ad evitare tutto questo, ma soprattutto verso me stessa, che ho permesso che accadesse, non avendo la forza di reagire. Prendo le forbici dal cassetto e comincio a tagliarmi tutti i capelli, mi faccio un caschetto corto tanto che non sembro più io, poi con la poca forza che mi rimane, mi faccio una doccia, mentre l'acqua calda porta un po' di sollievo verso quei segni di dolore su di me, anche se quelli interiori so già che me li porterò dentro per sempre. Vado nella mia minuscola stanza, prendo il borsone che avevo nascosto tempo fa sotto il letto, e piano piano, mentre il solo scendere le scale mi fa sentire come se mi stessi per spezzare a metà, esco da quella casa, da quel paese, da quella città che non mi ha mai fatto sentire accettata.

Un errore da ripetereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora